Di Michele Schiavone
E' trascorso un mese dalla chiusura delle urne italiane e a risultato acquisito è opportuno fare delle considerazioni generali visto che oltre 4.650.000 cittadini italiani residenti all'estero, aventi diritto di voto, erano direttamente coinvolti nelle scelte per la formazione del nuovo governo. Rispetto alle elezioni precedenti l'affluenza nazionale al voto ha subito una forte flessione benché per la prima volta al Senato votavano anche i 18enni.
Nella circoscrizione estero tendenzialmente continua l'incessante e preoccupante astensionismo viziato da incongruenze organizzative dell'amministrazione statale: la partecipazione è stata di poco superiore al 24 per cento. A distanza di un mese e in forte discontinuità con il recente passato si è insediato il nuovo governo, che per il mandato ricevuto dalla maggioranza degli elettori per indole è chiamato a marcare una vera differenza con gli esecutivi degli ultimi dieci anni; ne è testimone la composizione politica decisa dal presidente del consiglio dei ministri, Giorgia Meloni. L'attuale compagine governativa è in prevalenza formata da ministri e sottosegretari di provata formazione politica e militanza all'interno della destra nazionalista e di orientamento liberista, come lo sono anche i due presidenti delle Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
In questo mese tanto si è scritto e sentito sul profilo governativo, sulla futura collocazione internazionale dell'Italia, sul programma da attuare e anche sulle attitudini dei singoli componenti, che in quelle funzioni sono stati chiamati a servire lo stato. Mai come in questa occasione la grammatica è stata significativamente oggetto di discussione politica e popolare per marcare le differenze tra la consuetudine politica e la novità personificata dal nuovo presidente del Consiglio del consiglio, Giorgia Meloni, la prima donna nella storia repubblicana a ricoprire questo ruolo. A detta di molti osservatori politici la sua elezione è servita a infrangere il tetto di cristallo nel palazzo più alto della rappresentanza politica.
Fatto sta che all'evidente euforia dei vincitori e alla giusta attesa dei cittadini italiani di vedere risolti i problemi che si presentano nella quotidianità, composta da oltre cinque milioni di poveri, da famiglie che con l'inflazione galoppante e l'aumento dei prezzi di prima necessità riescono a sbarcare il lunario solo con grandi difficoltà, ancora meno e nulla si è detto e si sa su quanto interessa direttamente gli italiani all'estero, che vedono ingrossare le proprie file di espatriati o migranti, come ritengo convintamente definire i nostri connazionali che si trasferiscono ancora oggi all'estero.
Con il passare del tempo l'emigrazione italiana è ritornata ad essere la valvola di sfogo pensata e assecondata durante il periodo giolittiano, consolidatasi negli anni a ridosso della fine della Seconda Guerra mondiale del secolo breve e ritornata in auge senza cedimenti, neanche nel triste periodo della pandemia, con la crisi economica del 2007. Anche in questo ambito serve discontinuità, servono misure che aggrediscono lo spopolamento delle aree depresse, che frenano l'esodo verso l'estero e drenano risorse per migliorare l'organizzazione del sistema Italia fuori dai nostri confini.
Personalmente ritengo che l'azione governativa debba contenere nel suo complesso anche una prospettiva programmatica con degli obiettivi precisi, che includano poche ma adeguate scelte politiche per gli italiani all'estero. I grandi numeri che confermano l'ampiezza e la consistenza delle nostre comunità all'estero, seconde solo alla Lombardia, richiedono politiche di inclusione nell'ordinamento nazionale e di integrazione nei paesi di temporanea o definitiva residenza dei nostri connazionali all'estero. Si tratta di dare risposte certe alle diffuse criticità di un'amministrazione obsoleta e inadeguata a fornire servizi rispondenti alle esigenze dei nostri connazionali, e di assecondare con strumenti legislativi il rientro in Italia dei tanti professionisti disposti a contribuire al rilancio e alla crescita economica del nostro paese.
A differenza del passato proprio in questo periodo, fortemente condizionato dagli effetti della guerra in Ucraina, ai confini europei, in cui sono ritornati di moda gli interessi nazionali diffusamente si sente il bisogno di anticipare il futuro e di costruirlo spingendosi oltre le evocate frontiere territoriali e giurisdizionali, che per quanto ci riguarda potrebbe contare sull'apporto valoriale proveniente dalle migliori esperienze degli italiani all'estero. Nella ricerca di un mondo migliore per attenuare e le differenze e le diseguaglianze che continuano ad esistere tra chi vive in Italia e gli italiani all'estero si potrebbe partire da una riflessione di Papa Francesco sulla necessità di superare lo smarrimento e la paura di chi è in difficoltà poiché nelle incertezze ci si rende conto di trovarsi sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo tutti importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confrontarci a vicenda. Su questa barca oggi ci siamo tutti e ci rendiamo conto che non possiamo andare avanti ciascuno per conto proprio, ma solo insieme. E' questa l'aspettativa degli italiani in questa fase storica e che auspichiamo venga assunta dal nuovo governo.
Ciò è quanto mi ha insegnato l'ultima esperienza elettorale maturata assieme a tante amiche e amici in Europa, che ringrazio per l'incommensurabile sostegno e forte dell'insegnamento, dell'impegno e il rigore che mi hanno accompagnato per tutta la vita da civil servant delle comunità italiane all'estero, nelle quali sono cresciuto e che mi auguro possano finalmente essere valorizzate e riportare sotto i riflettori degli interessi nazionali.