di Ugo Magri
Qualche scienziato dell'opposizione rischia di scambiare Mattarella per Zorro. Di credere cioè che il presidente della Repubblica possa vestire i panni del vendicatore e infilzare con la spada Giorgia Meloni; dunque provando un pizzico di delusione per le prime mosse del Quirinale che sono state di tutt'altro segno. Nessuno apertamente s'è spinto a criticare il Colle, ci mancherebbe altro. Però non sono mancati i mugugni specie dopo il via libera alla stretta anti-rave: com'è possibile, si sono chiesti da Crozza in giù, che un fine giurista come Mattarella non abbia battuto ciglio davanti a un decreto scritto coi piedi? Come si spiega che il Garante non sia ancora insorto con sdegno contro questa destra liberticida e pericolosa?
Il sospetto, o meglio il timore inespresso delle "coscienze morali", è che invece di fulminare il nemico con i suoi super-poteri Mattarella voglia mettere alla prova i nuovi padroni d'Italia. Il paragone citato a proposito (spesso a sproposito) è con Giorgio Napolitano: lui sì che avrebbe alzato immediatamente la voce contrastando la nascita del nuovo governo, ritardandola quanto più possibile, eccependo sul profilo di certi neo-ministri, ostentando un gelido distacco negli incontri formali, bacchettando le prime mosse senza pietà e magari iniziando a lavorare già per un ritorno dei "tecnici". Insomma diventando il leader vero di un'opposizione ancora sotto shock.
Il successore di "Re Giorgio" invece (ecco la critica sottovoce) ha sciolto le Camere pur immaginando come sarebbe andata a finire; dopodiché ha bruciato le tappe riducendo all'osso le consultazioni di governo; invece di scavare a fondo nelle incongruenze del centrodestra, ha lasciato che la Meloni parlasse a nome di tutti, Berlusconi compreso; quindi le ha dato l'incarico e, subito dopo, dei preziosi consigli di cui Giorgia s'è impadronita per sua stessa pubblica ammissione; hanno concordato serenamente la scelta dei principali ministri; alla cerimonia del giuramento il padrone di casa s'è mostrato cordiale anziché sulle sue; pare che abbia speso un buona parola con Emmanuel Macron per addolcire l'impatto con la nuova arrivata.
Infine la firma al primo decreto messa quasi in tempo reale, senza farla attendere in segno di disgusto, senza accompagnarla nemmeno con lettere d'avvertimento, messaggi alle Camere, moniti di qualsivoglia natura. Mattarella s'è fatto sentire sui no-vax, chiedendo di andarci piano con le accuse alla scienza; ha ribadito che l'anti-fascismo è un valore: ancora troppo poco per chi vorrebbe lanciarlo a bomba contro i vincitori delle elezioni, tipo locomotiva di Francesco Guccini. Si intravvede insomma un singolare ribaltamento di ruoli. Nell'ultimo quarto di secolo era sempre stata la destra a sospettare del Colle come se lì agisse una "Spectre", un centro di cospirazione, di interferenze, di trame contro la sovranità popolare, quasi che l'arbitro delle regole le fischiasse a senso unico, "rigorini" compresi. La pubblicistica pro-Meloni era fino a poco tempo fa infarcita di questi stolidi argomenti, pronta a ritornarci su alla prima occasione. Adesso negli incubi della sinistra affiora la preoccupazione opposta: che lassù si ecceda in correttezza, si esageri nel "fair play" lasciando troppo giocare come va di moda, cioè all'inglese; in pratica che Mattarella non intervenga abbastanza per rimettere le cose sui loro binari.
Quanto quest'ansia sia fondata, lo giudicherà il futuro che sempre regala sorprese. Da vecchio moroteo col senso della storia, Mattarella si augura forse che la destra post-missina metta giudizio, esca finalmente dal ghetto e la Repubblica possa accoglierla tra le sue forti braccia come già è avvenuto con i grillini. È più prudente limitare il danno attraverso il dialogo, o puntare cinicamente sul "tanto peggio tanto meglio"? Ogni scommessa presenta rischi e opportunità. Tra l'altro nessuno può prevedere come si atteggerà la "Ducetta", se tenterà forzature o meno, se le verrà in mente di alzare il target delle sue ambizioni iniziando proprio dalla riforma presidenzialista, piazzando una bomba politica sotto al Quirinale. Può darsi che, strada facendo, il/la presidente del Consiglio ceda all'impazienza e voglia mettere sotto stress i rapporti istituzionali. Quel giorno si vedrà.
Ma intanto bisogna prendere atto che c'è aria di collaborazione da entrambe le parti. Mattarella e Meloni hanno imboccato la strada del buon vicinato nel presupposto che come recita la Costituzione il popolo è sovrano, la sua volontà va sempre onorata anche quando non piace (a questo presidente difficilmente può piacere), dunque chi ha vinto le elezioni ha il diritto di realizzare il suo programma e di governare senza impedimenti o scuse. L'Italia li ha voluti? Adesso se li goda salvo, eventualmente, cambiare idea quando sarà il momento. Così funziona la democrazia. Ne consegue che tirare il presidente per la giacca ha poco senso. Ancor meno ne ha aspettarsi che tolga le castagne dal fuoco alle opposizioni sostituendosi a loro, surrogandone il ruolo davanti al Paese, intestandosi le battaglie di cui quelle non si dimostrano capaci.