di Matteo Forciniti
Con una festa alla Casa degli Italiani di Montevideo sabato sera l'Associazione Figli della Toscana ha festeggiato il suo 25esimo anniversario. La serata ha riunito soci, simpatizzanti e autorità italiane che hanno reso omaggio a questo importante gruppo della collettività che continua a portare avanti un pezzo di Toscana in Uruguay.
Oltre alla cena, i festeggiamenti per l'anniversario sono stati accompagnati da altre iniziative tra cui un viaggio a Colonia e, più recentemente, la proiezione del documentario molto visto "Bosco" che racconta i ricordi di un emigrato toscano a Salto.
"Con questa celebrazione" -ha commentato la presidente Lilián Cappuccini- "vogliamo trasmettere un messaggio di speranza affinché le persone di origine toscana si avvicinino alla nostra associazione, in particolar modo i più giovani". "Ultimamente sono stati tempi difficili" ha riconosciuto la presidente pur mostrando ottimismo riguardo al futuro. "Siamo partiti con poche persone ma poi siamo cresciuti nel tempo lavorando molto duramente per diffondere la cultura toscana e italiana nel nostro paese. Fino al 2015 abbiamo ricevuto l'appoggio della Regione attraverso diverse iniziative e ciò è stato fondamentale, soprattutto per far avvicinare i più giovani attraverso le borse di studio. Dal 2015 in poi però abbiamo dovuto fare tutto da soli, ci siamo dati molto da fare e abbiamo fatto il possibile per far continuare questa realtà. La pandemia ha rappresentato un duro colpo ma, pian piano, siamo riusciti a riprenderci. La buona notizia è che da poco è stato riattivato il Coordinamento dei Toscani in Sud America nell'ambito del ritorno del Consiglio dei Toscani nel mondo che era stato sospeso per qualche anno. La coordinazione a livello regionale sudamericano rappresenta una grossa opportunità per portare avanti diversi progetti".
Fondata il 27 ottobre del 1997, l'associazione nacque su iniziativa dell'antropologa Carolina Dibueno dopo una ricerca sulla storia dell'emigrazione toscana in Uruguay: partendo da una decina di nomi, l'antropologa riuscì a riunire più di cento corregionali residenti nel paese e oltre mille discendenti. All'epoca, come ha raccontato la stessa autrice, c'erano pochissime informazioni al riguardo e il desiderio di saperne di più sull'argomento. Fu per questo motivo che l'assessorato regionale chiese all'esperta uno studio specifico per far riemergere queste storie e da quella ricerca nacque, nel 1999, il libro "Sulle tracce dei toscani in Uruguay" grazie al contributo della Provincia di Massa Carrara e il patrocinio della Consulta regionale dei toscani all'estero.
Secondo i dati raccolti all'interno del libro, il grosso dell'emigrazione si ebbe intorno alla fine dell'ottocento. Il secondo periodo riguardò, seppur inferiore alla prima ondata, gli anni della prima guerra mondiale; infine, nel secondo dopoguerra, si registrarono ulteriori arrivi. La principale zona di provenienza fu la Lunigiana, in particolare dalla provincia di Massa Carrara. Tra le maggiori aree di approdo in Uruguay, oltre a Montevideo, ci fu innanzitutto Salto dove è stata attiva per tanti anni un'altra associazione regionale. Gli emigrati popolarono anche altri territori come La Paz, Colonia e Maldonado (dove lavoravano la pietra). In Uruguay c'è anche un piccolo villaggio chiamato Nueva Carrara, situato nel dipartimento di Maldonado. Da lì venne estratto il marmo per la costruzione di diverse opere tra cui il Palacio Legislativo, ossia il Parlamento uruguaiano. Dopo il libro di Carlonia Dibueno la Regione Toscana decise, su richiesta degli italouruguaiani, di fondare un'associazione per approfondire i legami e creare un vincolo diretto tra la Toscana, la Repubblica Orientale e gli altri corregionali nel mondo.