di Gianni Riotta
Austerlitz (New York). Nel villaggio di Austerlitz, paciosa campagna a due ora e mezza di viaggio dalla frenesia di Manhattan, è difficile immaginare la guerra, solo 1621 abitanti, il 98% bianchi dediti ad agricoltura, professioni, artigianato. A battezzare il piccolo centro con il nome della gloriosa battaglia vinta da Napoleone Bonaparte, annota il colonnello David Eggenberg nella sua monumentale "An Encyclopedia of Battles", il 2 dicembre del 1805 contro le armate russe e austriache, fu uno dei pionieri della politica americana, Martin Van Buren, figlio di un oste che, secondo The Almanac of American Politics, "insieme a Andrew Jackson inventò...le convenzioni nazionali dei partiti e, per altre fonti, anche il Partito Democratico". La casa di Van Buren era in un villaggio vicino, Kinderhook, e quando il senatore di New York e futuro Segretario di Stato, Vicepresidente e Presidente (1837-1841) apprese che il rivale Elisha Wlliams aveva dato il nome di "Waterloo" a un paesino della valle sul fiume Hudson, da accanito bonapartista decise che le poche case sulla riva est si sarebbero chiamate Austerlit Bevendo una birra locale, "Farmer's Daughter", "Figlia del Contadino" è il brand, al People's Pub, nella vicina Chatham, non si immagina, nel passeggiare della domenica, la chiesa dietro l'angolo, che la storia di violente divisioni politiche, possa arrivare fino a noi tra le mandrie di mucche, i turisti in cerca di bric a brac antiquario nella vicina Hudson, i concerti snob di Tanglewood, oltre il confine del Massachusetts. Eppure è così: qui i padri della patria James Madison e Aaron Burr siglarono il patto Virginia-New York che legò politica ed economia a Washington, e più a sud sorge Springwood, ad Hyde Park, la villa dove nacque e visse il maggior leader americano del XX secolo, Franklin D. Roosevelt, che amava ammirare le volute del possente fiume dalle sue terrazze.
Per comprendere quanto a fondo l'America sia divisa, alla vigilia dell'8 novembre, elezioni di Midterm che vedono la Camera in procinto di cambiare maggioranza, dai democratici ai repubblicani, il Senato in bilico (fonte Nate Silver FiveThirtyEight), il presidente Joe Biden con magro consenso a 43%, undici punti meno del 2021, l'ex presidente Donald Trump pronto a candidarsi per la terza volta alla Casa Bianca, il 14 novembre, secondo le informazioni del sito Axios, basta parlare con i cittadini da queste parti. Siamo al confine fra i distretti elettorali 18 e 19 dello stato di New York, il cui perimetro locale vien spesso rimodellato da leader in cerca di voti sicuri, gerrymandering lo chiamano gli esperti.
Il distretto 19, con le sue bottegucce di abiti vintage, i ferramenta colmi di ogni attrezzo, il bosco di cervi, orsi, aquile, battuto la notte da branchi di coyote, non sbaglia mai, votando con precisione come la maggioranza degli americani. Nel 1996 sceglie Clinton contro Dole 48 a 41, nel 2000 Bush figlio contro Gore 49 a 47, nel 2004 ancora Bush contro Kerry, 54 a 45, passando invece a Obama, 53 a 45 contro McCain nel 2008, e 52 a 46 contro Romney nel 2012. Quattro anni dopo, contraddicendo lo stato e la metropoli di New York, il distretto vota per Trump contro Hillary Clinton, un sonoro 51 a 44, solo per tornare democratico nel 2020, 50 a 48, con Biden contro Trump.
Se vi ricordo queste cifre è per contraddire una vulgata diffusa in Europa sull'America divisa in due, con barricate immutabili. Non è così, come vedete da questa landa dell'Hudson. È vero che ci son stati spaccati in modo netto, Alabama 52% repubblicani, 13% indipendenti, 35% democratici; Connecticut 32% repubblicani, 18% indipendenti, 50% democratici; Wyoming, 57% repubblicani, 18% indipendenti, appena 25% democratici; e 30% repubblicani, 21% indipendenti, 49% democratici nella colossale California, che con un Pil di 3400 miliardi di dollari potrebbe ambire al G7 se fosse nazione indipendente, ma che poi elegge solo due senatori, giusto come il South Dakota, 49 miliardi di Pil e repubblicano in maggioranza, 53%.
Spesso però - e sarà così anche per Midterm 2022 - a decidere la partita, nel distretto 19 e in America, son due fattori, sottovalutati dalla critica europea, gli indipendenti uniti alla capacità di mobilitare, in modo massiccio, la propria base. Se Barack Obama è di nuovo sugli spalti a fare comizi, arte in cui nessuno lo batte, se non forse Trump, è perché, a pochi giorni dall'ottantesimo compleanno, il 20 novembre, l'impopolare Biden non sa scuotere i militanti. Basta che un pugno di elettori resti a casa e i destini degli Usa cambieranno, come nel 2016.
Secondo i sondaggi di Nate Silver il Senato è incerto. Oggi lo controllano i democratici perché la parità in aula, 50 a 50, è spezzata in loro favore dalla vicepresidente Kamala Harris, come da regolamento. Martedì notte l'esito è legato a Nevada e Georgia, che il Grand Old Party repubblicano deve assolutamente vincere, malgrado gli scandali del candidato populista Herschel Walker, e alla Pennsylvania, dove il pittoresco repubblicano Mehmet Oz affronta il democratico John Fetterman. Il partito di Biden spera di guadagnare un seggio nello stato di Philadelphia, e Fetterman sembra in vantaggio 53 a 47, ma l'ictus che l'ha colpito, e che nel dibattito tv contro Oz ne ha reso incerti gli interventi, lascia scettici molti cittadini. Campagne aperte anche quelle per i senatori di Arizona e New Hampshire, vantaggio ai democratici, e North Carolina, Ohio e Wisconsin, vantaggio repubblicano. Alla Camera, come da tradizione i repubblicani sembrano vicini alla maggioranza, solo Roosevelt nel 1934 e Bush figlio nel 2002, sotto l'emozione dell'attacco dell'11 settembre 2001, guadagnarono seggi in entrambe le Camere. Il sito FiveThirtyEight scommette, 82 a 18 che il presidente sarà minoranza alla Camera, 82% a 18% di chances.
I democratici parlano di riforme economiche di Biden, minacce all'aborto dalla Corte Suprema, pericolo per la democrazia con il ritorno di Trump e la sua base radicale. I repubblicani di inflazione, caro benzina, debolezza di Biden, criminalità e, fin qui, sembrano avere la meglio.
Ma quel che la pastorale americana della valle sull'Hudson, nasconde, come in tutti gli altri 49 stati, è l'odio, l'irriducibile rancore che va separando i militanti, a destra e sinistra. L'undici luglio del 1804, il già ricordato Aaron Burr e il carismatico Alexander Hamilton, protagonista del popolare musical di Broadway, si sfidarono a duello per tragiche rivalità politiche e Hamilton restò ucciso, invano traghettato in agonia attraverso l'Hudson verso un medico. Oggi i duelli sono online, con Facebook e YouTube a lasciar filtrare la disinformazione e il nuovo padrone di Twitter, Elon Musk, ad aizzare i facinorosi. Ma, come dimostra l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, il peggio deve venire e la repubblica americana ha davanti giorni difficili, ben oltre l'8 novembre.