DI SILVANA MANGIONE
Fra pochi giorni, Il 17 novembre prossimo, nella Sala delle Conferenze Internazionali del MAECI: "si terrà l'evento conclusivo della prima edizione delle Giornate della Formazione italiana nel mondo, un appuntamento istituzionale dedicato al Sistema della Formazione Italiana nel Mondo (SFIM)".
Lo SFIM è creato e gestito dalla Farnesina "nella consapevolezza che l'istruzione italiana costituisce uno strumento fondamentale di diplomazia culturale e soft power e si fonda sulla centralità del modello educativo italiano per diffondere all'estero la conoscenza del patrimonio del nostro Paese, promuovere la sua lingua, la sua cultura e i suoi valori". Alla manifestazione interverranno il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, On. Antonio Tajani, e il Ministro dell'Istruzione e del Merito, Prof. Giuseppe Valditara, oltre a studiosi ed esperti, che hanno partecipato a tavoli di lavoro da cui sono state escluse le rappresentanze degli italiani all'estero e dei diretti interessati. "L'intenzione è di valorizzare lo SFIM, la sua articolazione e il suo ruolo strategico per la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, l'importanza della rete come strumento di diplomazia culturale nella strategia e le proficue collaborazioni del Sistema con le istituzioni private e locali". Abbiamo riportato alcuni stralci dell'invito che la Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del MAECI ha diramato a chi interverrà da remoto o in presenza. La giornata di lavori sarà trasmessa in streaming. La formazione dei docenti è certamente una conditio sine qua non per la diffusione di lingua e cultura italiane. E l'insegnamento deve iniziare nelle scuole di tutti i Paesi fin dalla più tenera età degli alunni. Su questo siamo tutti d'accordo. Per questo da oltre cinquant'anni il Ministero ha sviluppato una rete di cosiddetti "enti gestori" dei corsi di italiano dall'asilo alla maturità liceale o suo equivalente, in tutte le nazioni in cui vivono i nostri emigrati. I corsi sono stati dapprima amministrati dalla Direzione Generale per gli Italiani all'estero, perché la legge 555/1971 stabilisce che la nostra lingua debba essere insegnata soltanto ai lavoratori italiani emigrati e famiglie. Poi, quando si è capito che lingua e cultura sono veicoli di promozione del Made in Italy, il compito è passato alla Direzione Generale Sistema Paese. Infine, questo settore è stato ulteriormente emeritato e si è creata la nuova Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale. Peccato che nel frattempo sia stata imposta agli enti gestori una circolare operativa che chiede loro di fornire una percentuale dei costi di realizzazione di "progetti", che devono essere presentati, approvati e autorizzati a decollare, anche se ci sono gravi ritardi nell'erogazione delle due prime tranche di contributi statali e si rinvia il saldo alla conclusione del lavoro e alla ricezione di una documentazione capillare, che spesso contrasta con le norme locali sulla privacy. Tale saldo, inoltre, può essere inferiore a quanto concordato all'atto dell'accettazione, creando problemi di bilancio e di soddisfazione degli impegni assunti con insegnanti e scuole. Peccato che da quando è entrata in vigore la Circolare 3, voluta dalla DGSP, poi aggiornata in Circolare 4 dalla DGDPC, ci sia stata un'ecatombe di enti gestori, che non hanno retto ai ritardi nelle approvazioni, nelle erogazioni, nel rigido rispetto dei più minuti dettagli della circolare stessa, a prescindere dalle enormi differenze nei sistemi scolastici e nelle pratiche di collaborazione con le strutture straniere, codificate da anni. Gli enti più piccoli hanno chiuso. Altri si sono indebitati con le banche per far fronte agli accordi firmati con i provveditorati agli studi locali. In alcuni casi gli stessi amministratori degli enti si sono messi le mani in tasca per sostenere le spese e non far chiudere i corsi inseriti nel curriculum delle scuole dell'obbligo. Alcuni, infine, si trovano in procedura fallimentare ai sensi delle leggi locali. Lo SFIM costituisce certamente un'importante iniziativa, dato che la preparazione dei docenti è la chiave della diffusione di lingua e cultura. Peccato che molti Paesi non accettino insegnanti provenienti dall'Italia, anche se plurilaureati, e che non si riesca a sfondare queste barriere attraverso convenzioni con le autorità competenti. Peccato che i Dirigenti Scolastici, inviati all'estero presso i Consolati, non riescano sempre a farsi ascoltare quando dipingono le differenze e le criticità nei rapporti con i responsabili delle istituzioni estere. Peccato che, se continua così, ci troveremo ad avere un battaglione di docenti pronti a insegnare italiano come lingua seconda e cultura italiana a ogni livello, senza avere classi scolastiche o universitarie nelle quali impartire il loro sapere. Le stesse Università italiane stanno annunciando e promuovendo nel mondo i propri corsi di laurea in inglese. Ho scritto e confermo la mia convinzione che i diplomatici italiani siano i migliori del mondo. Ma, in questo caso, la loro ansia di perfezione concettuale e attuativa si scontra con dure realtà, che richiedono totale flessibilità per i diversi Continenti, assoluto rispetto delle tempistiche di pagamento dei contributi, e assunzione di responsabilità nel dialogo con gli enti gestori, cercando di semplificare al massimo le richieste di documentazione e progettualità. Molti enti gestori, ribattezzati "enti promotori" si sentono trattati come potenziali ladri. Negli ultimi anni è andato crescendo in ogni campo un doloroso distacco fra l'empireo della diplomazia e il tessuto delle comunità e delle loro rappresentanze. Perfino la nuova mobilità si sente ignorata nelle proprie aspettative e nella capacità di leggere le situazioni e dare suggerimenti utili. L'Italia fuori dai confini era abituata a dialogare con la rete diplomatico-consolare e con le Direzioni generali a Roma, sicura che le si prestasse attenzione. Il nuovo impegno della nostra diplomazia nel promuovere il Sistema Italia non può e non deve diventare preponderante o addirittura esclusivo. Il soft power più forte che la Repubblica italiana ha a sua disposizione è proprio il network onnipresente degli italiani espatriati e dei loro discendenti. Non perdiamolo per mancanza di attenzione, di coinvolgimento e di ascolto.