di Giorgio Merlo
Dunque, a sinistra è partita la corsa a chi la rappresenta con maggior titolarità e coerenza. Lo ha detto il voto del 25 settembre e lo dicono adesso tutti i sondaggi, che danno un leggero vantaggio ai 5 stelle rispetto al Pd. La competizione, che avviene senza esclusione di colpi, riguarda sostanzialmente 2 partiti: il Pd da un lato e i populisti dei 5 stelle dall'altro. Si tratta, però, di una competizione in parte finta perchè è abbastanza evidente che questi due partiti sono destinati, prima o poi, ad allearsi. Non a caso, quasi tutti i vari e sempre più numerosi capi corrente del Pd danno per scontata l'ineluttabilità dell'alleanza politica. E non solo perchè vari soloni interni a quel partito avevano già in tempi non sospetti definito Conte il "principale leader dei progressisti italiani", ma anche per il motivo che senza un'alleanza con i populisti grillini qualunque competizione elettorale è, a tutt'oggi, persa in partenza. Certo, anche in una alleanza, come ben sappiamo, la competizione è la regola aurea. E il primo partito, di norma, detta le condizioni. Soprattutto a sinistra, dove gli ex e i post comunisti sono storicamente abituati a dettare l'agenda politica e programmatica di quel campo.
Ma, al di là di questa persin scontata osservazione, quello che vale la pena rilevare è che i populisti partono sicuramente avvantaggiati in questa gara. E questo perchè un partito come i 5 stelle che non hanno una cultura politica alle spalle, che praticano la deriva trasformistica a livello politico ed opportunistica a livello parlamentare, non si fanno alcun problema su come sposare determinate battaglie o respingerne altre. Questa "sinistra per caso", ultima versione del trasformismo di questo singolare partito, adesso si attesta su una posizione rigorosamente pauperista, assistenzialista e pacifista. Sino a quando? Non si sa. Per il momento è così. Ma quando cavalcano un tema o sostengono una posizione politica lo fanno con una facilità estrema perché non avendo, lo ripeto, alcuna cultura politica che legittima il partito nello scenario politico italiano, se non quello di rifarsi al populismo in tutte le sue versioni possibili, è persin scontato che si tratta sempre di scelte politiche reversibili, cioè mutevoli.
Ora, con un partito storicamente governista, di sistema, espressione dell'establishment e di potere come il Partito democratico ma comunque e pur sempre, organizzato e strutturato a livello locale, l'alleanza organica con il partito populista e qualunquista per eccellenza, può avvenire solo e soltanto se si condividono anche valori, principi, modalità del far politica e progetti di governo. Insomma, se c'è una condivisione di un progetto politico, culturale, valoriale e di governo. Ed è proprio su questo versante che il profilo della nuova e futura sinistra rischia di scricchiolare e di essere sostanzialmente poco credibile. Altrochè il Partito democratico nato per unire culture riformiste, popolari, di governo e fortemente ancorate ai principi e ai valori scolpiti nella Costituzione. Ergere il populismo politico e il qualunquismo culturale a strumenti decisivi per stringere un'alleanza politica prima e una coalizione di governo poi, più che una operazione del tutto legittima è una variante preoccupante per la salute e il profilo della nostra democrazia. Stupisce, al riguardo, che il confronto tra le infinite correnti del Pd non colga questo aspetto deteriore della e nella politica italiana. E questo perché oltre a discutere di "allarme democratico", di "postura fascista", di "compressione dei diritti", di "governo illiberale" e di "democrazia a rischio", sarebbe quanto mai utile dedicare anche la riflessione su ciò che ha rappresentato, e che rappresenta, la deriva populista e qualunquista nella cittadella politica italiana. Senza questo chiarimento politico e limitarsi a ribadire la necessità di stringere un'alleanza politica con una forza populista, non rafforza nè la cultura politica della sinistra italiana e nè, tantomeno, è utile per dar vita ad una vera e credibile cultura di governo. C'è da sperare, comunque sia, che il lunghissimo iter congressuale del Pd accompagnato dal confronto tra le mille correnti interne, non riduca questo aspetto ad un tema marginale. Perchè se il tutto si trasforma in un grigio e banale pallottoliere per competere con il granitico schieramento di centro destra, per la sinistra storica e quella populista non c'è alternativa a rivestire un ruolo politico di opposizione.
Dico questo perché il Centro politico, culturale e di governo nel nostro paese non è affatto estraneo a ciò che capita in quel campo politico. Purché, adesso, e soprattutto dopo il voto del 25 settembre, vinca la politica anche nel campo della sinistra italiana. Soprattutto nella sinistra storica, quella della filiera del Pci/Pds/Ds/Pd.