di Matteo Forciniti

Sono stati giorni di grande impegno, questi ultimi, per l'ambasciatore d'Italia in Uruguay Giovanni Iannuzzi. L'agenda è stata ricca di incontri istituzionali con le autorità uruguaiane tra i ministeri dell'Interno e quello della Difesa. Il 25 ottobre si è avuta la visita al ministro dell'Interno Luis Heber insieme al direttore generale Nicolas Martinelli. Il comunicato ufficiale ci racconta che "Nell'approfondito incontro sono stati affrontati i temi della cooperazione bilaterale in materia di sicurezza e lotta al e al crimine organizzato transnazionale, settori nei quali l'Italia continua ad assicurare il proprio pieno appoggio all'Uruguay in uno spirito di forte impegno congiunto". Il 4 novembre il programma è proseguito con la visita al ministro della Difesa Javier García. Sempre in base a quanto ci racconta il comunicato, anche in questo caso "sono stati affrontando temi di interesse bilaterale. A poco più di un anno dall'entrata in vigore dell'accordo sulla cooperazione nel settore della difesa, sono stati trattati i temi legati all'attualità internazionale ed è stato esplorato l'ambito in cui può svilupparsi il contributo che l'Italia può offrire alle Forze Armate uruguaiane".

 

Se questi incontri siano serviti davvero a qualcosa oppure andranno solo ad ingrossare la consueta fiera delle vanità ce lo dirà il tempo.

 

Di fronte all'attivismo di Iannuzzi nei confronti delle autorità uruguaiane riaffiora un interrogativo: che fine ha fatto il caso Ventre? L'Ambasciata sta facendo le pressioni diplomatiche che ci si aspetterebbe nei confronti della magistratura locale?

 

Stiamo parlando, ricordiamo, del caso del cittadino italiano morto il primo gennaio del 2021 in circostanze misteriose dopo aver scavalcato il cancello dell'Ambasciata a Montevideo. A quasi due anni di distanza il caso è finito praticamente nel dimenticatoio, inghiottito dalle due diverse inchieste giudiziarie nei due paesi che viaggiano su binari diametralmente opposti. A breve, per quanto riguarda le indagini uruguaiane, è attesa la sentenza della commissione medica.

 

Ma a questo punto la domanda fondamentale da farsi è una sola: le magistrature dei due paesi stanno attivamente collaborando per far piena luce sui fatti come aveva auspicato a suo tempo la Farnesina?

 

A tal proposito ci sarebbe anche un accordo di cooperazione giudiziaria che era stato firmato nel 2019 e che è entrato in vigore nel mese di giugno di quest'anno con la conclusione delle procedure parlamentari.

 

Con questo trattato, ci riassume l'Ambasciata, "si stabilisce una stretta collaborazione nel campo della cooperazione giudiziaria penale. Italia e Uruguay si impegnano a prestarsi reciprocamente la più ampia assistenza giudiziaria in molteplici settori, tra cui la ricerca e l'identificazione di persone, la notifica di atti e documenti, la citazione dei soggetti coinvolti nei procedimenti penali, l'acquisizione e la trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, lo svolgimento e la trasmissione di perizie, l'assunzione di testimonianze o di dichiarazioni di testimoni, vittime o periti, il sequestro e la confisca dei beni, la confisca dei proventi del reato e altre forme di assistenza penale. Sono inoltre previste garanzie in materia di protezione dei testimoni e degli altri partecipanti al procedimento penale connesso ai reati e alle attività di assistenza richieste, è disciplinata la comparsa, mediante videoconferenza, e sono introdotte misure relative allo scambio di informazioni in materia penale".

 

A cinque mesi di distanza questo accordo si sta mettendo in pratica oppure è rimasto lettera morta?

 

L'ultima dichiarazione ufficiale sull'argomento -lapidaria e sconfortante- fu quella che diede nel giugno del 2021 il capo della cancelleria consolare Alberto Amadei: "Sul caso Ventre sta mancando il dialogo tra la magistratura uruguaiana e quella italiana". Da allora è stato fatto qualcosa per invertire la tendenza? Nel rispetto dell'autonomia di un paese straniero, la rappresentanza diplomatica può fare qualcosa per evitare quella che sarebbe un'ignobile impunità verso l'omicidio di una persona?

 

In quella drammatica mattina del primo gennaio del 2021 il 35enne imprenditore di origini lucane, come emerso dai video pubblicati, fu bloccato a terra per una ventina di minuti da un poliziotto uruguaiano all'interno della sede diplomatica e in seguito venne portato all'Hospital de Clinicas dove venne constatato il decesso. Chi autorizzò l'ingresso del poliziotto all'interno della sede? Quali responsabilità ha avuto l'Ambasciata in questa vicenda?

La prima versione, supportata dalle autorità uruguaiane, sosteneva che la morte fosse stata causata da un mix tra la cocaina che l'uomo aveva assunto nei giorni precedenti all'evento e i farmaci calmanti che i medici gli somministrarono al momento dell'arivo in ospedale. Di tutt'altro avviso fu invece la perizia della Procura di Roma che in seguito parlò espressamente di morte determinata da un'asfissia meccanica violenta criticando l'operato del medico legale (Natalia Bazan) e iscrivendo nel registro degli indagati il poliziotto responsabile della manovra (Ruben Dos Santos) con l'accusa di omicidio preterintenzionale.