di Alfonso Raimo
Giorgia Meloni vuole essere chiamata 'il' presidente, nonostante la grammatica e il genere, femminile. Alla Camera il problema non si porrà: i 14 presidenti di commissione sono tutti uomini. Neanche una donna a guidare i 'parlamentini' che preparano le leggi. 'Maschia' la compagine che guiderà la nuova maggioranza nei lavori parlamentari, a cominciare da Maschio, di nome e di fatto, il presidente della commissione giustizia: Ciro Maschio, avvocato, già presidente del consiglio comunale di Verona, 'famoso' per aver voluto l'intitolazione di una via della città scaligera ad Almirante. La cosa provocò lo sdegno della senatrice a vita Liliana Segre.
"Scegliete, o me o Almirante", disse Segre quando la proposero per la cittadinanza onoraria. Scelsero Almirante. Maschio presiederà la commissione Giustizia, postazione chiave in una maggioranza che si prefigge di mettere mano non solo all'ordinamento giudiziario - secondo le dichiarazioni del ministro Nordio - ma anche di abrogare l'odiata - da Fdi e Lega - legge Fiano-Mancino. Proprio Maschio portò il consiglio comunale di Verona a votare contro la norma che punisce il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista. "La libertà di pensiero ed espressione dei cittadini non puo' essere repressa da norme antistoriche", dixit.
Al primo giro dell'assegnazione dei presidenti di commissione, Fratelli d'Italia porta a casa la torta più grande, sette poltrone su quattordici: Giustizia, Finanze, Esteri, Cultura, Trasporti, Istruzione e Ambiente. Quattro vanno alla Lega: Difesa, Politiche Ue, Agricoltura e Attivita' produttive. A Forza Italia vanno tre presidenze ma di peso: Affari costituzionali, Bilancio, Affari sociali.
La distribuzione non segue solo una logica risarcitoria - gratificare tutti i trombati dai primi due giri di spartizioni, quello dei ministeri e quello dei posti di sottogoverno - ma anche una logica tutta interna alla maggioranza. Una sorta di marcatura stretta tra Fratelli d'Italia e Lega, in primo luogo. Ma anche tra il partito di Meloni e Forza Italia. Il significato è chiaro: la presidente del consiglio vuole il controllo della macchina parlamentare.
Ai ministeri cari a Salvini corrispondono presidenti di commissione del partito di Meloni. Così ad esempio sulle Infrastrutture e Trasporti, retto proprio dal leader della Lega, con la commissione affidata a Salvatore Deidda, di Fdi. O alle Finanze, dove va Marco Osnato (Fdi). E se agli Esteri c'è Tajani, la relativa commissione va a Giulio Tremonti (Fdi). Vale ovviamente anche il contrario, con Antonino Minardo della Lega a far da contraltare al ministro Guido Crosetto alla Difesa. O Alberto Gusmeroli (Lega) a capo della Commissione Attivita' produttive, ideale controparte del ministero guidato da Adolfo Urso. La Commissione Agricoltura va a Mirco Carloni (Lega), il ministero è guidato da Francesco Lollobrigida. Alle Politiche Ue va Alessandro Giglio Vigna della Lega, che sarà l'alter ego parlamentare di Raffaele Fitto (Fdi). Fdi si assicura anche la guida della Commissione Ambiente con Mauro Rotelli e della commissione Lavoro con l'ex M5s Walter Rizzetto.
Alla Cultura e all'Istruzione - i relativi dicasteri sono andati a Gennaro Sangiuliano e a Giuseppe Valditara, della Lega - va Federico Mollicone, che potrà ora dispiegare appieno le proprie idee vicine ai Pro Vita e Famiglia. Mollicone, come Maschio, viene dall'ala dura e pura di Fdi. Con simpatie fasciste mai rinnegate, il deputato è assurto alle cronache recenti per aver dichiarato guerra a Peppa Pig, il cartone che in un episodio mostrava due orse lesbiche, mamme del personaggio Penny Polar Bear. "Questo è indottrinamento gender, la Rai non lo mandi in onda", tuonò Mollicone. Per lui, ora, la promozione a presidente della commissione, una forma di compensazione per l'esclusione dalla ripartizione delle cariche di governo. Ma anche l'occasione per prendersi una rivincita su quanti lo criticarono: sul suo tavolo passeranno i provvedimenti di legge che riguardano la scuola.
Al partito di Silvio Berlusconi vanno due commissioni che incrociano quasi ogni progetto di legge, perchè esprimo rispettivamente i pareri di costituzionalità e quelli di copertura e rispetto dei vincoli economici. La Affari costituzionali va a Nazario Pagano, la Bilancio a Giuseppe Mangialavori, mentre Ugo Cappellacci guiderà la commissione affari sociali. Premiata l'ala ronzulliana del partito e ricompensato Mangilavori, escluso dal governo per un'indagine di 'ndrangheta.
Ma che potere hanno i presidenti delle commissioni? A parte quello di rappresentanza, svolgono un ruolo decisivo sul calendario dell'esame legislativo. Lo si è visto alla scorsa legislatura, quando il leghista Ostellari dichiarò guerra al ddl Zan da capo della commissione giustizia di Palazzo Madama, ritardandone in ogni modo l'approvazione. Dopo la Camera, tocca ora al Senato eleggere i 10 presidenti. Fdi dovrebbe avere la Affari Costituzionali con Alberto Balboni, la Sanità con Francesco Zaffini, l'Agricoltura con Luca De Carlo, la Bilancio con Nicola Calandrini e le Politiche Ue con l'ex ministro Giulio Terzi di Sant'Agata. La Lega potrebbe avere Massimo Garavaglia alla Finanze e Giulia Bongiorno alla Giustizia mentre Roberto Marti potrebbe andare allo Sport. I forzisti puntano su Stefania Craxi agli Esteri e Gianfranco Miccichè ai Lavori pubblici. Se le cose andassero così, su 24 presidenze solo due sarebbero guidate da donne. Una beffa, aggravata dal fatto che la legge elettorale prescrive l'alternanza di genere.