di Matteo Forciniti
C'è un filo rosso che lega l'Uruguay al Congo, il Sud America all'Africa. Seppur in contesti diversissimi fra loro, le vicende di Luca Ventre e Luca Attanasio potrebbero aver qualche aspetto in comune al di là del nome di battesimo per poter fare un paragone. Cittadini italiani morti all'estero entrambi, a uno la diplomazia italiana ha dedicato il massimo impegno mentre l'altro è finito praticamente nel dimenticatoio.
Al caso di Luca Ventre il nostro giornale ha dedicato ampio spazio trattandosi ovviamente di un fatto di cronaca avvenuto in Uruguay: la mattina del primo gennaio del 2021 l'uomo è morto misteriosamente dopo essere entrato all'interno dell'Ambasciata italiana a Montevideo. La prima versione, supportata dalle autorità uruguaiane, sosteneva che la morte fosse stata causata da un mix tra la cocaina che Ventre aveva assunto nei giorni precedenti all'evento e i farmaci calmanti che i medici gli somministrarono al momento dell'arivo in ospedale. Di tutt'altro avviso fu invece la perizia della Procura di Roma che in seguito parlò espressamente di morte determinata da un'asfissia meccanica violenta criticando l'operato del medico legale (Natalia Bazan) e iscrivendo nel registro degli indagati il poliziotto responsabile della manovra (Ruben Dos Santos) con l'accusa di omicidio preterintenzionale.
Un caso molto diverso è stato invece quello di Luca Attanasio, ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo ucciso in un attentato il 22 febbraio del 2021 insieme a un carabiniere italiano e l'autista congolese. L'auto si trovava vicino al confine con il Ruanda al momento dell'attentato le cui circostanze restano ancora poco chiare: secondo il governo congolese si è trattato di un tentativo di rapimento finito male ad opera dei ribelli ruandesi che però hanno negato qualsiasi coinvolgimento.
Proprio poche settimane fa si è aperto il processo in Congo su cui c'è tanta attesa: alla sbarra ci sono cinque degli otto accusati in totale. La cosa più importante da sottolineare è che il processo si sta svolgendo pubblicamente proprio per assicurare la massima trasparenza in un contesto di poca credibilità. Secondo le ricostruzioni apparse sulla stampa, il fatto che il processo sia pubblico è un segnale forte da dare sia all'Italia -per le pressioni che ha esercitato- sia ai ribelli. Come ha riportato Repubblica "grazie alle pressioni diplomatiche del nuovo ambasciatore Alberto Petrangeli è stata incassata questa importante svolta giudiziaria" che ha consentito di accelerare lo sviluppo del procedimento.
Leggendo le notizie che arrivano dall'Africa sorge spontanea una domanda nonostante le dovute differenze: in Uruguay con il caso di Luca Ventre cosa è stato fatto? L'Ambasciata sta facendo le pressioni diplomatiche che ci si aspetterebbe nei confronti della magistratura locale? Le magistrature dei due paesi stanno attivamente collaborando per far piena luce sui fatti come aveva auspicato a suo tempo la Farnesina?
L'ultima dichiarazione ufficiale sull'argomento -lapidaria e sconfortante- fu quella che diede nel giugno del 2021 il capo della cancelleria consolare Alberto Amadei: "Sul caso Ventre sta mancando il dialogo tra la magistratura uruguaiana e quella italiana". Da allora è stato fatto qualcosa per invertire la tendenza? Nel rispetto dell'autonomia di un paese straniero, la rappresentanza diplomatica può fare qualcosa -come dimostra il Congo- per evitare quella che sarebbe un'ignobile impunità verso l'omicidio di una persona?
"La magistratura da sola, in un contesto internazionale spesso in assenza di trattati internazionali, non può andare molto lontano se non c'è una robusta iniziativa diplomatica che convinca i paesi che noi consideriamo partner" avvertiva lo scorso anno l'allora deputato Erasmo Palazzotto nel corso di una conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati.
Ma un trattato di cooperazione giudiziaria tra Italia e Uruguay esiste e, dopo la firma del 2019, è entrato in vigore nel mese di giugno di quest'anno. A cinque mesi di distanza questo accordo si sta mettendo in pratica oppure è rimasto lettera morta?
La morte di una persona è sempre una tragedia che sconvolge la vita delle famiglie coinvolte. Nel caso Attanasio ci sono state 3 famiglie distrutte che adesso esigono giustizia. Il punto chiaramente non è questo ma la differenza nel comportamento della Farnesina che da un lato esercita pressioni e segue il caso mentre dall'altra non si sa bene che cosa faccia e mantiene il silenzio anche se -come sostiene la Procura di Roma- il morto lo ha avuto addirittura dentro casa. Al momento una conseguenza tangibile in Uruguay questa storia drammatica l'ha avuta con l'arrivo di un carabiniere, della giustizia invece non se ne vede alcuna traccia. La vita di un diplomatico vale più di quella degli altri?