di Pietro Salvatori
È il 25 ottobre, il governo ha vinto da un mese le elezioni, da pochi giorni è entrato in carica. Nemmeno il tempo di iniziare ad accomodarsi sulle poltrone che in prima pagina su La Verità, quotidiano di certo non ostile al nuovo esecutivo, spunta il primo di una lunga serie di titoli: "La prima mossa: altolà ai tassisti del mare. Ong fuori dalle regole". È il trailer di un film già visto.
Al Viminale siede da qualche ora Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Matteo Salvini allorché da ministro dell'Interno nel governo gialloverde suonò la grancassa dei porti chiusi, dello scontro con le Organizzazioni non governative, della difesa dei patri confini da disperati che si imbarcano dalle coste africane in cerca di un futuro migliore, o in molti casi semplicemente di un futuro.
Dalla tolda della sua scrivania, Piantedosi osserva quel che è sempre successo negli anni del governo Draghi, e ancor prima nel periodo in cui a dare le carte erano i Cinque stelle e il Pd: ci sono navi di Ong nel Mediterraneo che salvano persone in precarie condizioni e ne favoriscono l'approdo in un porto sicuro. Al diavolo la guerra, l'inflazione, il caro energia, nuovo governo nuova emergenza: altolà ai migranti. Tra i suoi primi atti, dunque Piantedosi firma una direttiva che mette direttamente nel mirino le imbarcazioni che in quel momento hanno a bordo dei naufraghi, la Humanity-1 e la Ocean Viking: "Non sono in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale". Che vuol dire? Che non possono sbarcare in Italia, anzi, non possono entrare nemmeno nelle nostre acque territoriali.
Si capisce che la situazione sta diventando un po' grave e molto grottesca quando dal governo filtra che la Farnesina, guidata da Antonio Tajani, ha fatto pervenire comunicazioni alle ambasciate di Germania e Norvegia – di cui battono bandiera le due imbarcazioni – per sollevare il caso. Inizialmente non si capisce esattamente in che termini, ma quel che è chiaro è che il nuovo esecutivo non ha perso tempo per riprendere l'agenda Salvini del 2019 e riproporla tale e quale. Il neo ministro delle Infrastrutture è super attivo, sforna un comunicato al minuto, sostiene, applaude, si intesta i meriti. Per capire il mood del Capitano: una settimana dopo si recherà in visita alla Centrale operativa della Guardia costiera, l'appendice sotto le competenze del suo dicastero tramite la quale può dire la sua sull'amatissimo tema immigrazione. Nel giro di qualche ora produce tre comunicati, una decina di foto, un video con il saluto militare dei marinai passati in rassegna, un video su TikTok, tweet e post su Facebook a volontà.
Ma torniamo a Piantedosi e a Tajani. Il 26 ottobre è già chiaro che le Ong sono ritornate prepotentemente al centro dell'agenda politica, il problema dei problemi, una questione di sovranità e di difesa dei patri confini, e chi più ne ha più ne metta, A bordo di Humanity-1 e Ocean Viking si trovano poco più di 400 persone, sulla loro pelle sta per iniziare un braccio di ferro che durerà quasi due settimane.
Peccato che sia la stessa Verità, nel tentativo di avvalorare un'emergenza che si fatica a vedere, a pubblicare numeri che rendono da subito grottesca la linea Piantedosi. Nel giorno in cui il ministro ha puntato il dito sui migranti salvati dalle Ong, sono stati registrati circa 500 arrivi con sei diversi barconi a Lampedusa, 147 sbarcati a Pozzallo dalla nave Aringhieri della Guardia costiera, e altri 85 ad Augusta e 158 a Catania.
Ma il fronte propagandistico è ormai aperto. Salvini ci mette circa tre minuti e mezzo a salire sul carro, anzi a intestarsi l'operazione: "Bene Piantedosi, come promesso questo governo intende far rispettare regole e confini". Assumendo per buono il punto di vista del leader della Lega, il piano del governo è un disastroso colabrodo: le Ong nel mese di ottobre hanno soccorso meno di 1000 persone, a fronte di 11mila arrivi totali in Italia con altri mezzi, compresi quelli dello Stato italiano, ma su quei 10mila è difficile costruire una polemica, e quindi avanti contro i perfidi tedeschi e gli algidi norvegesi. Maurizio Gasparri per non sbagliarsi si congratula: "Un ottimo inizio del ministro dell'Interno". Piantedosi forse lusingato rilancia: "Quelle due Ong sono fuorilegge".
Tajani non ci sta a farsi superare a destra e in barba a qualunque convenzione, diritto internazionale e diritto del mare definisce le due imbarcazioni "territorio tedesco e norvegese". Come a dire: sono salite su vostre navi e dunque sono già in Germania e in Norvegia, l'accoglienza spetta a voi. È un po' come se salire su un'auto con la targa spagnola significasse essere in Spagna, anche se parcheggiata in doppia fila a Maccarese. Qualche giorno dopo sarà anche il liberale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a riscrivere le leggi à la carte: "Lo stato di primo accesso è dove è registrata la nave che soccorre".
Il 27 a rilanciare ci pensa Il Giornale: "C'è già una flotta anti-Meloni". Il frame dello scontro, dei buoni da un lato e dei cattivi dall'altro, è definitivamente partito. Humanity-1 è definita uno strumento "dei talebani dell'accoglienza tedeschi" (letteralmente). Till Rummenhoil, responsabile delle operazioni della nave, sembra basito nel dover spiegare l'ovvio: "Il divieto di ingresso nelle acque territoriali sarebbe una violazione del diritto internazionale e italiano". Ma Piantedosi indefesso va avanti, annuncia che l'obiettivo è quello di voler fermare il vento con le mani: "La linea sarà puntare a che non ci siano navi che trasportano migranti nel Mediterraneo".
Insomma, si ricomincia da dove Salvini aveva clamorosamente fallito: il tentativo, tramite una sostanziale sceneggiata sulla pelle dei più deboli, di imporre un meccanismo europeo di redistribuzione automatica degli arrivi, che prima che il governo con i Cinque stelle naufragasse era stato bocciato sonoramente proprio dai suoi alleati europei di Visegrad.
Per qualche giorno la polemica cede il passo ad altro in agenda, c'è da capire se Meloni si farà chiamare il signor presidente o semplicemente il presidente, perché il femminile è troppo di sinistra. Le navi delle Ong rimangono in mare senza avere porto sicuro. A Humanity-1 e Ocean Viking si aggiunge la Geo Barents di Msf, più di 500 persone a bordo. Se ne accorge solo il Manifesto che tra i primi ne dà notizia il 30 ottobre, segue la Stampa tre giorni dopo.
Il 2 novembre la bolla scoppia. Ricordate Tajani che coinvolge le ambasciate tedesca e norvegese? Il cavallo e la torre, trasmissione di Rai3, rivela che l'ambasciata tedesca ha risposto senza mezzi termini: "Abbiamo chiesto al governo italiano di prestare velocemente soccorso". È il giorno in cui la tensione sale alle stelle. Con un timing sapiente vengono diffuse le anticipazioni del libro di Bruno Vespa. Se si voleva puntare alla sensibilizzazione e alla cooperazione europea, l'obiettivo è spettacolarmente mancato. "Se una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca, i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata", tuona Giorgia Meloni nel libro, proprio nel giorno in cui si reca per la prima volta a Bruxelles per conferire con la tedeschissima Ursula von Der Leyen, che incidentalmente è anche la presidente della Commissione Ue. Dall'incontro filtra che il tema migranti è stato sì velocemente toccato, ma che le priorità erano altre, le bollette, l'inflazione, una fonte di governo spiega che "non era quella la sede per discuterne", e chi ci capisce qualcosa è bravo.
Un breve riepilogo: tre navi Ong sono a largo delle coste italiane, Piantedosi dice che non devono sbarcare, Tajani che sono delle enclave dei paesi di cui battono bandiera, Meloni che sono pirati. Manca Sandokan e sembra un libro di Salgari venuto male. In tutto ciò arriva anche la risposta di Oslo, che dice la stessa cosa dei tedeschi, cioè che sostenere che l'imbarcazione equivalga al territorio del paese di cui batte bandiera è una baggianata sesquipedale. Il Giornale si indigna, parla di "sgambetto della Germania con la regia Pd", trasformando i derelitti Dem che manco riescono a mettersi d'accordo Conte e Calenda, o fosse anche con solo uno dei due, come dei sopraffini burattinai del governo del più potente paese europeo.
Proprio il giorno dopo del viaggio di Meloni, è un portavoce della Commissione europea a ribadire l'ovvio: "È un obbligo legale e morale per gli stati membri salvare persone in mare". "L'Italia non prende ordini da altri, quella dei migranti è una responsabilità globale europea", tuona di contro Nicola Molteni, il leghista tornato al ministero dell'Interno dopo esservi stato all'inizio della scorsa legislatura, meritandosi sul campo i galloni di architetto dei decreti Sicurezza. È il solito teatrino, si dirà, una commedia dell'assurdo nella quale gli appelli della Humanity-1 di vedersi indicato un porto sicuro (17 in una manciata di giorni diretti a Italia e Malta) continuano a cadere nel vuoto. Così il capitano prende l'unica decisione possibile nelle condizioni date, accende i motori, vira la prua e fa il suo ingresso nelle acque territoriali italiane, direzione Catania. "Il decreto è illegale", fa spallucce Mirka Schafer di Humanity-1, il quotidiano Domani titola: "Il governo inventa lo stop alle Ong", difficile dargli torto.
Improvvisamente la direttiva Piantedosi diventa carta straccia, l'imbarcazione arriverà se non a riva per lo meno in rada – a meno di non voler schierare la Marina militare a cannoneggiarla – cosa che fa in poche ore, seguita dalla Geo Barents. Essendo il documento di Piantedosi da buttare, se ne redige in fretta e furia uno nuovo.
Il ministro dell'Interno, coinvolgendo anche i colleghi Salvini e Crosetto, firma una direttiva per formulare, dopo una settimana di nulla propagandistico al netto della spuntata minaccia di divieto di accesso nelle acque territoriali, una linea altrettanto sgangherata ma almeno più precisa: le navi possono arrivare, ma l'identificazione si farà a bordo, i fragili sbarcheranno, i meno fragili ripartiranno con ciurma e imbarcazioni. Questi ultimi sono "il carico residuale", l'orrenda definizione contenuta nella direttiva latrice di un fiume di polemiche.
Polemiche alle quali risponde l'onorevole Andrea Del Mastro, responsabile esteri di Fdi, che si lancia in una strenua difesa: "Il termine carico è usato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Anche lì tutti pericolosi razzisti? Forza sinistra: mandare i caschi blu all'Onu!". Condivide uno screenshot con la frase "il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone", aprendo così anche una fiera lotta contro la grammatica, oltre che con la sinistra.
Le imbarcazioni arrivano in rada, inizia un altro braccio di ferro su chi può o non può scendere, su chi si possa mettere in fila sotto il cartello "fragili" e chi debba farlo all'ombra delle insegne "carico residuale". A Parigi si guardano attoniti su quel che sta di nuovo succedendo al confine meridionale del continente. Emmanuel Macron vuole riempire il vuoto di leadership lasciato da Angela Merkel: "Deve esserci un porto in Europa o un porto in Francia che possa accogliere e curare queste persone", dice Jean Christophe Combe, suo ministro della Solidarietà il 4 novembre. Due giorni dopo Gérald Darmanin, ministro dell'Interno, prova a sbloccare la situazione: "Abbiamo detto all'Italia, e lo diciamo insieme alla Germania, che se quella nave umanitaria verrà accolta in Italia, anche noi accoglieremo una parte dei migranti, delle donne e dei bambini, affinché l'Italia non si debba prendere carico da sola del fardello di questo arrivo di migranti". Al Viminale stappano lo spumante, che lo champagne ai tempi del sovranismo alimentare non veste bene: è una vittoria. "Finalmente si tornano a difendere i confini", dice Matteo Salvini nell'intervento giornaliero sul tema, che non sia mai lasciare sguarnito il proprio territorio di caccia. Piantedosi esulta, ammette che ha giocato sulla vita di circa mille persone fragili perché "si è registrata una discussione che noi volevamo riattivare".
Il giorno stesso le navi Ong arrivano in porto, iniziano le operazioni di quelli che vengono definiti "sbarchi selettivi". Molteni intervistato da Libero spiega che sbarcheranno solo donne e bambini, gli altri dovranno riprendere il mare perché "un paese serio difende confini e frontiere" (spoiler: due giorni dopo sbarcheranno tutti).
I fragili iniziano dunque a sbarcare, gli altri restano a bordo con un sostanziale foglio di via. I capitani si rifiutano di ripartire, il Viminale minaccia multe fino a 50mila euro, loro fanno ricorso al Tar. "Vanno in tribunale per rifilarci gli immigrati" dice La Verità a proposito di carico residuale e in difesa della legge della giungla imposta dal governo, come se i tribunali non esistessero esattamente per dirimerla. Si blocca tutto in un surreale limbo che dura lo spazio di poche ore.
Un limbo nel quale si inserisce Nello Musumeci, fino a poco tempo fa governatore della Sicilia in cui approdano le Ong: "C'è troppa tolleranza sugli sbarchi", spiega con indubitabile originalità, per rifarsi un momento dopo. Quando infatti gli chiedono se il suo ministero del Sud, che non ha toccato palla nella vicenda, sia solo una scatola vuota fa professione di sapiente situazionismo: "Almeno ora c'è la scatola".
Il 7 novembre arriva un nuovo monito da Bruxelles, che guarda basita il remake della soap gialloverde: "Bisogna tenere le persone il meno possibile sulle navi, il salvataggio è un dovere", e anche Berlino si smarca dal supposto supporto annunciato dai francesi, chiedendo che si proceda con gli sbarchi. Il giorno dopo la Francia esasperata dice alla Ocean Viking che per i suoi passeggeri c'è un porto sicuro sulle loro coste, e pazienza se sono altri giorni di viaggio. Meloni esulta: "Difesi i nostri confini". Due giorni dopo (oggi) si presenta di fronte ai suoi parlamentari spiegando che "il governo italiano sta rispettando tutte le convenzioni internazionali, e il divieto imposto a queste navi Ong di sostare in acque italiane, oltre il termine necessario ad assicurare le operazioni di soccorso e assistenza dei soggetti fragili, è giustificato e legittimo". Dunque il governo ha tenuto duro, evviva evviva, vittoria, non entra più nessuno! Peccato che il divieto di cui parla la premier nei fatti non esista, e che la mossa francese è il segnale che la bandierina è stata piantata e che si può rivendicare non si capisce quale vittoria. Nella serata di martedì l'Ufficio sanitario marittimo emette un responso: i migranti rimasti a bordo di Geo Barents e Humanity-1 possono sbarcare, sono tutti affetti o a rischio scabbia, e pertanto fragili. "Abbiamo trovato questa scelta bizzarra", ha spiegato Meloni che al temine di un braccio di ferro durato quasi due settimane ha ottenuto di indirizzare la Ocean Viking a Marsiglia, facendo sbarcare tutti gli altri soccorsi dalle navi delle Organizzazioni non governative senza contare gli arrivi diretti con i barchini dalla Libia e chi viene recuperato dalle navi della Guardia costiera.
Tanto tuonò che piovve, a scapito di chi ha visto prolungare un'odissea della disperazione che dura mesi se non anni, per una grancassa propagandistica che ha poche o nessuna sponda in Europa, per un piano di redistribuzione obbligatoria che sembra morto sul nascere. Tutto finito? Risponde proprio oggi un comunicato di Medici senza frontiere: "Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Msf, lascerà al più tardi domani il porto di Catania. Dopo i necessari rifornimenti e cambio equipaggio, tornerà nel Mediterraneo centrale per la sua ventesima rotazione". Appuntamento a fra qualche giorno per la prossima tragicommedia dell'assurdo.