Gustavo Petro

di Claudio Madricardo

La Global Commission on drug policy sostiene la strategia del presidente colombiano Gustavo Petro che vuole imprimere un cambiamento radicale alla lotta contro il traffico di droga. La commissione, nata nel 2011, è composta da 26 leader mondiali, tra cui l'ex presidente della Svizzera Ruth Dreifuss, lo spagnolo Javier Solana, capo della diplomazia europea, e alcuni ex presidenti dell'America Latina, come il colombiano Juan Manuel Santos, il brasiliano Fernando Henrique Cardoso, il messicano Ernesto Zedillo e il cileno Ricardo Lagos. Ne fanno inoltre parte il premio Nobel della letteratura Mario Vargas Llosa e Richard Branson fondatore di Virgin Group, mentre tra i suoi fondatori figura l'ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, deceduto nel 2018.

Il sostegno a Petro è stato espresso ieri con la pubblicazione del rapporto "La politica della droga in Colombia: la strada per una regolamentazione giusta", il primo dedicato a un solo paese, con il quale la Commissione avanza proposte riguardanti la regolamentazione della droga, l'approccio alle politiche basate sui diritti umani, la depenalizzazione, un decalogo di azioni antidroga svincolato dalla sicurezza nazionale, come invece in passato è stato affrontato il problema della droga, e un rafforzamento istituzionale.

Il rapporto arriva dopo che un mese fa, nel suo discorso alla sessione plenaria dell'ONU, il neo eletto presidente colombiano Gustavo Petro aveva chiesto di porre fine alla guerra alla droga, da lui definita "irrazionale". In quell'occasione, Petro aveva lanciato un appello ai governanti dell'America Latina affinché coincidessero su questa nuova prospettiva, e aveva chiesto di smettere di criminalizzare gli anelli più deboli della catena, i coltivatori di coca, e di concentrare gli sforzi per colpire le organizzazioni criminali che traggono profitto dal traffico di droga. La sua rivendicazione era in linea con il cambio di paradigma che Santos aveva già cominciato a chiedere sul finire del suo mandato (2010-2018), una strada interrotta nel periodo in cui è stato presidente Iván Duque (2018-2022).

Nel presentare il rapporto ieri a Bogotà, l'ex presidente colombiano e premio Nobel per la pace Juan Manuel Santos, artefice della firma della pace con la guerriglia delle FARC nel 2016, ha sottolineato che le raccomandazioni avanzate dalla Commissione tengono conto dei  cambiamenti recenti introdotti da "un presidente che è stato appena eletto e che è impegnato in una nuova politica contro la droga".
Stante al rapporto annuale dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) presentato il 20 ottobre scorso nella capitale colombiana, la coltivazione di coca nel paese è cresciuta del 43% nel 2021, anno in cui sono stati registrati 204.000 ettari seminati. Queste cifre segnano il fallimento della strategia dell'ex presidente Duque, che aveva impresso una militarizzazione nella politica antidroga, facendo ricorso all'eradicazione forzata e all'uso di glisofato, anziché seguire la via di una sostituzione volontaria delle coltivazioni da ottenersi attraverso il dialogo con le comunità contadine.

Da parte sua, Santos ha chiesto che il problema sia affrontato come una questione di diritti umani e salute pubblica, allineandosi ai molti che ritengono che finché sarà vigente il proibizionismo, nell'impossibilità di eliminare il consumo, a guadagnarci saranno le mafie che prosperano sui traffici illeciti. Non è un caso che in America Latina tali organizzazioni siano andate rafforzandosi nonostante i cinquanta anni di lotta dura alla droga, riuscendo persino a far sì che a controllare il territorio non sia l'autorità statale, ma il crimine organizzato, la qual cosa mette a rischio le stesse istituzioni democratiche.

Tenuto conto di questa produzione, il rapporto raccomanda di "regolamentare" le droghe partendo dalla marijuana fino a includere la cocaina, suggerendo che è "cruciale l'inclusione delle comunità sistematicamente emarginate nella progettazione e nell'attuazione del processo di riforma, in particolare le donne, i contadini, le comunità indigene e gli afro colombiani".

La vicenda della Colombia, il più grande produttore di foglie di coca e cocaina al mondo, ha messo in evidenza la necessità di profondi cambiamenti nella lotta alla droga, dato che "quello che stiamo vedendo è il fallimento della politica del divieto", ha affermato Juan Manuel Santos durante l'incontro con i giornalisti a Bogotà, aggiungendo che "è urgente che ci sia un cambiamento di paradigma in Colombia".

Da parte sua, l'ex presidente messicano Ernesto Zedillo ha detto che ora si aspetta "che il presidente Petro parli con i suoi colleghi latinoamericani" per discutere la questione." La premessa fondamentale è che il divieto non serve, le pene non servono, la repressione non serve, la militarizzazione non serve, e la prova di questo è nei risultati", ha insistito l'ex presidente. "L'uso di droghe deve essere depenalizzato, e l'offerta deve essere regolata". Infine, il rapporto raccomanda il "rafforzamento istituzionale" al fine di "aumentare l'efficacia e creare un forte approccio ai diritti umani" nella lotta contro la droga.

Di fronte alle cifre record di coltivazione e produzione di coca, Petro ha assicurato che gli accordi con le FARC segneranno la tabella di marcia per una nuova politica di sostituzione delle colture, in una prospettiva che mira a pacificare i territori, ma che non prevede di legalizzare il commercio e il traffico di cocaina.