Franco Esposito
Joseph Blatter confessa il personale pentimento. "Un errore assegnare i Mondiali al Qatar". L'ex colonnello della riserva, padrone del calcio nel mondo per decenni, il fu capo di tutto, accusa Michel Platini, all'epoca suo vice. "Colpa sua, soltanto sua". Lacrime di coccodrillo.
Abbozza uno schema difensivo il nuovo padrone del pallone, il presidente Fifa Gianni Infantino, con discendenti italiani, di più calabresi. Il bersaglio sono i giocatori impegnati, a partire da domenica, nel più strano e strambo campionato del mondo della storia.
Qatar 2022. "Voi giocatori concentratevi sulle cose del calcio, pensate solo a quello, non lasciatevi coinvolgere in battaglie politiche". La raccomandazione espressa nelle ore di vigilia. Poco più grande dell'Abruzzo, il Qatar è pronto ad accogliere e ospitare il Mondiale cosiddetto "dei diritti negati".
Paese di nessuna tradizione calcistica, il Qatar vive il suo momento di calcio e Sharia. E tutti zitti. Zitti e mosca. L'Occidente definito ipocrita, tace sulle "limitazioni delle libertà". Mentre il Paese organizzatore della ronda calcistica mondiale, si trastulla con l'unica sua vera gloria sportiva. Il fuoriclasse del salto in alto Mutaz Essa Barshim. Poprio lui, l'atleta medaglia d'oro in coabitazione con il popolre mitico Gimbo Tamberi a Tokyo 2021. Di comune accordo, ricorderete, decisero di non proseguire la gara e di dividere anche il posto più alto dei podio.
In Qatar lo sport più seguito è la corsa dei cammelli. L'assegnazione dei campionati del mondo di calcio nel 2010 ha sollevato vespai di discussioni. Ne sono conseguite roventi polemiche, dilagate nell'atteggiamento nei confronti di potenziali spettatrici. Le donne sono nel mirino, come pure i gay. Ma non è tutto: ai tifosi viene riconociuto un solo diritto, le critiche sono vietate a qualsiasi livello. Gli organizzatori hanno in mano decine di migliaia di biglietti. Chi è intenzionato a partecipare alla falsa festa del calcio è pregato di farsi avanti. I biglietti delle partite vengono distribuiti gratis, ma ad una sola pesante condizione: i fan devono "segnalare chi offende il governo". La condizione è chiaramente da capestro.
I Mondiali in Qatar si fanno un baffo dei diritti umani. Gli stadi sono stati costruiti a tempo di record. Ma il resto? Recita una nota delle organizzazioni dei diritti umani: "Il Mondiale ha già imposto i suoi prezzi più altri". La spesa complessiva è di 210 miliardi spesi per creare infrastrutture non solo sportive. Il prezzo già pagato risulta molto alto: 6.750 operai morti, tutti stranieri.
L'Unione Europea è il primo partner commerciale di Doha. Intorno al famoso ex calciatore inglese david Beckham è esplosa una polemica da paura: il tipo avrebbe preso 150 milioni per fare da testimonial per i prossimi dieci anni. Ma è solo uno spaccato di questo Mondiale all'altro capo del mondo, Operazioni questa e tante altro poste di essere per distogliere l'attenzione dalla situazione dei diritti umani. La retorica dei Mondiali, in maniera perfino subdola, vorrebbe mettere in campo una realtà che non esiste. Il soft power ch usa strumentalmente lo sport, che vorrebbe essere "apolico, neutro, imparziale".
In materia di diritti, il Qatar non può definirsi neutro. Al contrario, il sistema legale mescola diritto civile e la legge islamica, la Sharia. L'omosessualità è definita "disagio mentale e reato", dall'ex calciatore Khalid Salman, uno dei tanti in campo internazionale, misconosciuto nei suoi giorni migliori, ora ambasciatore del torneo mondiale. Il consumo di alcol e i rapporti sessuali illeciti sono punti con la fustigazione.
Doha è tornata ad eseguire una condanna a morte su un nepalese nel 2020. Dopo venti anni di sostanziale moratoria. La condizione delle donne è appena migliore rispetto ai Paesi vicini al Qatar. Possono votare ed essere elette. Molte sono laureate e il tasso di occupazione è sopra la media mondiale. Le donne quatriote possono entrare negli stadi, ma nella vita quotidiana la Sharia le impone il regime di "tutela maschile".
La Norvegia, che poi non è qualificata alla fase finale, voleva boicottare questi Mondiali. La federazione calcistica di Oslo ha votato contro. Recepito l'input della Fifa, che ne ha minacciato l'esclusione dal torneo mondiale Usa-Messico-Canada 2006. Le proteste non si sono fatte attendere. Ma alla fine hanno prevalso gli interessi economici occidentali, che sono enormi, con la Ue primo partner commerciale.
Davanti ad paradossi, divieti evidenti e problematiche serissime anche di natura religiosa, qual è la reazione del mondo del calcio? Durante gli Europei 2021, torneo itinerante, ha tenuto banco la "mobilitazione anti razzismo". Però non tutti scelsero di inginocchiarsi in segno di solidarietà con le persone di colore. Ne conseguì un'accesa polemica. Stessa musica e stessa storia il divieto di "propaganda Lgtb", durante Russia 2018.
Sulla situazione in Qatar e su questo Mondiale dei diritti negati le prese di posizioni sono manifestamente tardive. Vaghe le minacce di ritiro dalla manifestazione, deboli le rivendicazioni di portare avanti battaglie pro diritti. Come quella della Norvegia. Se poi qualcuno dovesse proporre gesti eclatanti, scatterebbe puntuale la punizione della Fifa. L'organismo mondiale si è fatto garante di Qatar 2022, e sponsor e difensore a spada tratta. Gianni Infantino, per dirne un'altra, si è trasferito da tempo con famiglia in Qatar. Indirizzato alle trentadue nazionali, il messaggio del presidente ha originato uno slogan, votato da tutti: "Diritti umani per tutti". Ma si tratta di un semplice slogan, nulla di più.
La nazionale danese voleva piazzarlo sulle maglie d'allenamento, lo slogan. Richiesta respinta con perdite. La federazione danese si è adeguata, ancorchè amareggiata, per evitare "multe e sanzioni". Ma la Danimarca è andata avanti come un trattore: la terza maglia sarà nera in segno di lutto per gli operai morti.
Almeno questo, ed è tanto. Siamo in Qatar. A occhio, il pallone mondiale potrebbe aver sbagliato clamorosamente il tiro in porta.