DI FEDERICA OLIVO
Entra nel vivo la discussione sull'autonomia. Il Nord spinge, il Sud invoca cautela. Anzi, in alcuni casi, prepara le barricate. Oggi il ministro Roberto Calderoli ha presentato alle Regioni il suo progetto che punta all'introduzione di un percorso di autonomia differenziata, da concedere - in alcuni settori - alle regioni che ne facciano richiesta. Il disegno è fortemente spinto dalla Lombardia e dal Veneto. In quest'ultima regione, la Lega si gioca quel che le resta del consenso. Perché, come ci spiegano più fonti locali, per i veneti l'autonomia resta il primo obiettivo. Quello che considerano più importante di tutti. E ora che agli Affari regionali c'è un ministro del Carroccio, gli elettori veneti non ammettono più scuse.
Ma gli scogli per l'approvazione della riforma sono a portata di mano. Perché, se le regioni di destra del Nord - a cui si aggiungono le "rosse" Emilia Romagna e Toscana - guardano con molto favore alla possibilità di avere un margine di azione più ampio, le Regioni del Sud - quelle guidate dal Pd in particolare - temono che si creino zone di serie A e zone di serie B. E che il Mezzogiorno possa subire solo gli svantaggi di questa operazione.
A guidare il fronte del "no" alla proposta di Calderoli è Vincenzo De Luca. Il governatore della Campania ieri ha avuto uno scontro a distanza con il ministro e ha chiesto che il progetto, allo stato in bozza, sia bloccato. Calderoli gli ha risposto che non si può ritirare una bozza. A quel punto De Luca - il cui capo di Gabinetto, Almerina Bove, ieri ha redatto un documento in cui elenca le ragioni del no - gli ha risposto su Twitter: "È un aiuto amichevole al ministro. Un modo per non fargli perdere tempo a vuoto". Il punto, sostiene De Luca, è che il disegno di legge così com'è non rispetta la Costituzione e "condanna a morte il Sud". Il governatore ha invocato anche l'intervento di Giorgia Meloni: "Mi auguro - ha proseguito De Luca - il premier colga fino in fondo il pericolo mortale per l'unità nazionale e per il destino del Sud. Siccome in queste settimane abbiamo sentito sempre parlare di Nazione e di interesse nazionale, vogliamo sperare, visto che è in discussione l'unità della Nazione, ci siano comportamenti conseguenti".
L'incontro con il ministro, e con i colleghi, non gli ha fatto cambiare idea a De Luca: "La sua posizione si è rafforzata - ci confida una fonte a lui molto vicina - la bozza che ha presentato Calderoli al presidente non sta bene". E così, De Luca si candida a essere il capo di una battaglia destinata ad animarsi nei prossimi mesi. Anche perché, come ha spiegato il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, l'obiettivo è chiudere la partita entro il 2023.
Chi lo conosce bene, sa che il presidente della Campania è da un po' che ha il sonno disturbato all'idea che il Sud sia poco presente nel dibattito politico ed economico. E addebita la colpa di trascurare il Meridione anche i suoi stessi compagni di partito, al punto che ha accarezzato l'idea di candidarsi al congresso del Pd, per evitare che il partito venga monopolizzato dal Nord. Dall'Emilia Romagna, per la precisione, visto che si va verso una sfida Bonaccini-Schlein.
La candidatura, per ora non è decollata, anche se i suoi ricordano: "Sicuramente il pensiero di De Luca entrerà nelle tesi congressuali". E la battaglia contro l'autonomia sarà portata anche in quella sede. Al fianco di De Luca, senza se e senza ma, il collega pugliese, Michele Emiliano: "Noi abbiamo precisato che è impossibile immaginare qualunque percorso di modifica e della Costituzione senza una legge cornice che stabilisca, in dialogo stretto con la Conferenza delle Regioni, quale siano le materie che possono essere oggetto di intese e quali vadano necessariamente escluse. È escluso ad esempio che scuola, energia o trasporti possano esser oggetto di una delega alla Regioni. Il rischio è quello di una Babele". Anche per il presidente della Puglia il disegno immaginato da Calderoli è incostituzionale.
Meno radicale, ma comunque cauta, la posizione dei governatori meridionali di centrodestra: "Non ho alcun pregiudizio ideologico nei confronti dell'autonomia differenziata. La mia regione, ad esempio, produce molta più energia di quella che consuma ma i miei cittadini pagano le bollette come quelli del Veneto. Ci sono materie che possono essere oggetto di autonomia differenziata e creare potenzialmente ricchezza anche nelle regioni del Sud", premette il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto. Poi viene al dunque: "Il tema è che l'autonomia differenziata è il modo per dare attuazione ad una parte della Costituzione, nella parte in cui prevede i diritti civili e sociali degli italiani e il ruolo delle regioni. Per questo noi siamo disponibili a realizzare una legge che dia attuazione agli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione, ma non vogliamo nessuna fuga in avanti soltanto per una parte della legge".
Gran parte del dibattito gira intorno ai così detti livelli essenziali di prestazione (lep): si tratta di una soglia minima di servizi che dovrebbero essere garantiti a livello nazionale. Secondo l'articolo 3 del progetto di Calderoli, il trasferimento della competenza di alcune materie dallo Stato alle Regioni potrebbe avvenire solo dopo che questi livelli sono stati individuati. Il problema, però, è il secondo commo dall'articolo, dove è scritto che se il Consiglio dei ministri non individua questi lep entro un anno dall'entrata in vigore della legge, le materie in questione (ambiente, istruzione, sicurezza sul lavoro) diventano lo stesso di competenza della Regione che le richiede. E questo sarebbe un problema notevole per areemeno ricche.
Stefano Bonaccini, che vede di buon occhio l'autonomia differenziata, spiega i suoi paletti: "Bisogna costruire un impianto condiviso tra Regioni e Parlamento perché le riforme hanno bisogno di condivisione e non di strappi". Le condizioni del governatore emiliano per la realizzazione del progetto sono: una legge quadro, il coinvolgimento del Parlamento e la definizione dei lep. "Senza queste condizioni, imprescindibili, non ci può essere una proposta accettabile di maggiore autonomia", dice.
Dal canto suo, il ministro Calderoli si ritiene soddisfatto: "Nessuno si è dichiarato contrario all'autonomia differenziata". Il che è vero, in linea di massima. I distinguo, però, riguardano la strada da percorrere per arrivare all'obiettivo e i confini dell'autonomia stessa. Sul punto le divergenze non sono poche. E la battaglia è appena cominciata.