di Alfonso Raimo
Ma come si fa l'assemblea nazionale di un partito da remoto? "Metti una sagoma davanti al computer. E tuo figlio piccolo a seguire i lavori. Tu intanto te ne vai al bar. Poi ogni tanto lui schiaccia un tasto...", scherza il deputato. L'ultimo incubo in casa Pd si chiama 'numero legale'. Riusciranno a garantirlo i mille delegati dell'assemblea nazionale dem 'convocati' per modificare lo statuto? Si scherza, ma al Nazareno è scattato l'allarme, perchè se il passaggio dovesse andare a vuoto, il segretario traghettatore Enrico Letta dovrebbe prendere atto di aver fallito la missione. E sarebbe costretto alle dimissioni.
Per evitare problemi ci vuole un accordo di ferro, oggetto di febbrili trattative. La guerra dei numeri in assemblea anticipa la battaglia delle primarie, perche' come sempre nel Pd regole e politica si intrecciano. Il parlamentino democratico deve dare il via ufficiale al congresso, partendo con la modifica allo statuto. Due i nodi cruciali: anticipare le primarie rispetto alla data fin qui fissata del 12 marzo. Consentire ai non iscritti di partecipare all'assise. Le due cose si tengono. Perchè a chiedere l'anticipo delle primarie è in particolare l'area riformista, che fa capo a Stefano Bonaccini. Mentre 'la' non iscritta che chiede di partecipare alle primarie è la sua sfidante Elly Schlein. Se Bonaccini non ottiene rassicurazioni su un congruo anticipo delle primarie- spiegano fonti dem - i suoi potrebbero far mancare il numero legale e negare il via libera alla modifica dello statuto - a maggioranza dei due terzi - che consente a Schlein di iscriversi e partecipare. Ma non c'è solo questo. Schlein sarebbe invisa anche a una parte della sinistra interna, che teme di perdere la leadership sull'area. Anche loro potrebbero far saltare l'assemblea, e dunque il congresso. Perchè se il congresso non parte domani, si va alla reggenza. E l'assemblea deve essere riconvocata. Chissà come e quando. Un patatrac. Insomma un equilibrio del terrore: da passaggio formale l'assemblea rischia di trasformarsi in un rodeo con in palio la guida del partito. Effetto collaterale: l'implosione del Pd.
Per questo al Nazareno tutti escludono che possa finire così, Letta smentisce ipotesi di dimissioni e gli sherpa sono al lavoro per scongiurare l'armageddon. Lo stesso Bonaccini non gradisce affatto che siano frapposti ostcoli formali alla candidatura di Schlein. "Se abbiamo detto 'congresso aperto', congresso aperto deve essere", spiegano i suoi. Ma le rassicurazioni non cancellano i timori diffusi, ad esempio nei capannelli in Transatlantico, su eventuali colpi di scena. Perchè bloccare il congresso, e affidare il partito a un reggente, potrebbe convenire a chi non si riconosce in nessuna delle candidature. "Metti pure che votiamo la modifica allo statuto. Siamo sicuri che domani non si alza qualcuno e ci fa un ricorso?", spiega un deputato del Pd incrociato alla buvette. "No, nessuno è sicuro", è la risposta ovvia. Piuttosto che il voto da remoto - su cui ci sono dei precedenti - è la modalità con cui si tiene l'assise che rischia di far franare tutto. Per incentivare la partecipazione, come detto, al Nazareno hanno aperto alla presenza fisica ma anche a distanza. "Siamo stati obbligati a convocarla anche da remoto, perchè se l'avessimo tenuta in presenza non ci sarebbe stato il numero legale", spiegano fonti dem. Ma l'assemblea da remoto è un assoluto primato per un partito politico come il Pd, abituato alla presenza fisica, incarnato nelle sezioni e peraltro sempre critico nei confronti degli alleati che hanno preferito il mezzo telematico. Detto altrimenti: il rischio è la pentastellizzazione del Pd, col partito squassato dai ricorsi dei perdenti. "Come fai a garantire che uno che sta a mille chilometri di distanza, poi sia davvero presente?", chiede sempre lo stesso parlamentare. "Non lo puoi garantire", è la risposta altrettanto ovvia. Con l'assemblea in presenza si registrano i delegati iscritti, si prende atto del numero legale. Si vota. Con quella a distanza, come si registrano i presenti/assenti?
Insomma, è un attimo che finisci come Conte, assillato da ricorsi e persecuzioni regolamentari. Nella sala delle Mappe geografiche, dove dovrebbe tenersi la parte in presenza dell'assemblea, la geopolitica dem fibrilla. Anche se Bonaccini stempera i toni, i suoi sono sugli scudi. Sarà presentata una petizione con mille firme che chiede l'anticipo delle primarie a gennaio. A promuoverla Alessandra Moretti ed altri tra dirigenti e parlamentari che fanno riferimento al governatore emiliano romagnolo. Di contro, Schlein chiede di non tagliare di molto il percorso congressuale, perchè si toglierebbe la possibilità ai non iscritti - non solo persone, ma anche movimenti e formazioni politiche - di raccogliere consenso all'esterno per lanciare l'opa sul Pd. La trattativa, in queste ore, si muove nel mezzo e potrebbe trovare un punto di caduta nell'anticipo delle primarie al 19 febbraio, tagliando cioè circa un mese rispetto a marzo. Questo consentirebbe anche di non accavallarsi troppo col voto in Lombardia e Lazio, che dovrebbe tenersi il 12 febbraio. Resterebbe tale e quale invece la cosiddetta fase costituente, quella che fonda il nuovo Pd e alla quale partecipano anchi i non iscritti. L'assemblea costituente, con la pubblicazione della Carta dei Valori, avverrebbe il 22 gennaio. A seguire ci sarebbe la presentazione ufficiale delle candidature e il voto degli iscritti nei circoli, per selezionare tra le molte, le due che corrono alle primarie del 19 febbraio. Alle primarie possono partecipare tutti. L'accordo sul 19 per il momento è solo sulla carta. Perchè i riformisti potrebbero tirare ancora più la corda e farsi prendere dalla tentazione di sbarrare la strada a Elly Schlein. E altrettanto può fare quella parte della sinistra dem che non vede un riferimento nella deputata italo-svizzera, magari perchè ne teme l'ascesa. Di fatto intorno a Schlein si va coalizzando un'area sempre più vasta. Con lei potrebbero schierarsi oltre ad Articolo 1 anche un'area di giovani amministratori dem, sotto la sigla promossa da Brando Benifei di Coraggio Pd. Goffredo Bettini, Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Peppe Provenzano potrebbero essere costretti ad arrivare. Cosi' come il sindaco di Bologna Matteo Lepore, anche se c'è qualcuno che lo dà interessato a partecipare al congresso. "Impossibile, dopo il presidente e la vicepresidente emiliana, non possiamo candidare anche il sindaco di Bologna. E' vero che siamo il granaio rosso...", spiegano fonti vicine. Ma è' la stessa area a cui guarda il candidato alla regione Lombardia Pierfrancesco Majorino, che ha vinto la battaglia contro gli ex renziani, favorevoli a un candidato più moderato. Insomma, sono gli ex Ds, che avanzano in una sorta di "c'arripigliamm tut chell che e' nuost", dopo la fase dei segretari ex democristiani. Su Schlein potrebbe convergere alla fine anche l'area Franceschini, che ha in Dario Nardella il candidato 'ufficiale' (il 26 novembre a Roma lancia la sua piattaforma). Nardella ha incontrato giovedi' alla Camera Lorenzo Guerini. Il leader di Base riformista non ce l'ha fatta ad ottenere l'endorsment per Bonaccini. Il sindaco di Firenze medita di giocarsi la partita almeno fino alle cosiddette primarie degli iscritti. Anche gli altri sindaci sono divisi, con Antonio Decaro vicino a Bonaccini e Matteo Ricci a Schlein. La candidatura della 'Coraggiosa' cresce. Domani spinte contrapposte potrebbero frenarne il cammino, in una battaglia all'ultimo delegato.