DI ALESSANDRO CAMILLI
Lo "strano caso" titola il Corriere della Sera, ma non è strano. Anzi è la prassi. La prassi comune in questo paese o nazione (una notazione un po' sciocca vuole che paese sia il giusto chiamarlo a sinistra mentre invece nazione è corretta dizione a destra). La prassi comune è: una volta ottenuta in assegnazione, una volta messa in cassetto una quota di pubblico denaro, questa diventa tradizione, diritto, bisogno, necessità. Diventa qualsiasi cosa possa motivare, giustificare, realizzare che quella quota di denaro pubblico resti in eterno. Nessuna remissione, mai. Semel preso, semper preso. La regola la fa la prassi: preso una volta, preso per sempre il pubblico denaro.
Forse, anzi senza forse, gli sta bene, ci sta bene. Anche se non impareremo certo. Ci sta bene la beffa finale. A grande maggioranza l'opinione pubblica si è convinta che eliminare parlamentari, ridurre il loro numero fosse cosa utile e giusta (in realtà a grande maggioranza l'opinione pubblica voleva vendicarsi, licenziarli...). All'epoca M5S ha guidato l'umore, il Pd si è accovacciato nell'umore, tutta la politica più o meno ha avuto una fifa matta di dire che tagliare parlamentari era inutile e pure azzardato sfoga da bar social. E ci si è fatto sopra un referendum carico carico di bugie: tagliate il numero dei parlamentari e la ricchezza scorrerà, i soldi per loro saranno per noi...Come se la retribuzione di mille parlamentari fosse ordine di grandezza di decine di miliardi di euro.
Quindi forse ci sta bene, ben ci sta la beffa finale: con 230 deputati in meno la Camera dei deputati non fa nessuno sconto al bilancio pubblico. Tanta era la spesa prima con 630 deputati, tanta è prevista la spesa dopo, con 400 deputati. Come? Facile: il costo dell'esercizio di Montecitorio passa da 49 mila a 77 mila euro.