A Ecomondo 2022 uno dei nuovi protagonisti sulla scena della green economy è stato il settore della moda e del tessile. A livello globale, si legge nella Relazione sullo stato della Green economy presentata a Rimini, seguendo il trend attuale si arriverebbe nel 2030 a buttare via ogni anno 148 milioni di tonnellate di vestiti. Mentre se "adotteremo soluzioni di moda circolari, mantenendo i materiali di valore fuori dalle discariche e riducendo la nostra dipendenza dalle materie prime vergini" si aprirà un mercato che vale centinaia di miliardi di euro.
A questa sfida stanno aderendo colossi del fashion, brand iconici, associazioni italiane e internazionali, istituzioni e attori dell'intera filiera del tessile. Nel 2022 il settore dell'abbigliamento ha raggiunto nell'Unione Europea il valore di circa 400 miliardi di euro. E per l'Italia (attestata attorno ai 50 miliardi di euro) si prevede una crescita in volume del 18,5% nel 2023.
Ma c'è anche l'altra faccia di questo successo commerciale. L'industria della moda è al quarto posto per impatto ambientale, al terzo per consumi di acqua e suolo e al quinto per uso di materie prime e per emissioni di gas serra. Inoltre l'impatto sull'acqua, sottolinea Fiera di Rimini, non riguarda solo i consumi, ma anche la contaminazione delle risorse idriche: la produzione tessile è infatti responsabile di circa il 20% dell'inquinamento globale dell'acqua potabile a causa dei vari processi a cui sono sottoposti i prodotti e al lavaggio di capi sintetici (responsabile del 35% di microplastiche primarie rilasciate nell'ambiente). Per questo la Commissione europea sta accelerando l'attuazione dell'Action plan per il passaggio a un'economia circolare per i tessili mediante un pacchetto di iniziative da realizzare entro il 2030 per rendere il settore tessile più sostenibile e più competitivo.
Per agevolare la transizione ecologica in questo settore, nel marzo 2022 è nato Cobat Tessile, il consorzio che aiuta le aziende aderenti a perseguire uno sviluppo sostenibile che apporti benefici non solo all'ambiente, ma anche all'intero sistema economico nazionale, riducendo gli sprechi e generando nuove materie prime.
"In attesa che la normativa nazionale, in accordo con le direttive europee, regoli le attività del comparto, Cobat Tessile è al fianco dei produttori/importatori di tessuto e di prodotti tessili, dei produttori/importatori di accessori, delle associazioni di categoria", spiega Michele Zilla, general manager di Cobat Tessile. "Cobat si occupa di prodotti giunti a fine vita da oltre trent'anni, per questo sappiamo bene come ogni comparto e ogni tipologia di prodotto, per diventare parte e protagonista di un sistema virtuoso secondo i principi dell'economia circolare, ha bisogno di analisi, di investimenti e di ricerca. La nostra soluzione prevede: raccolta selettiva, un sistema informatico che tracci il rifiuto e una piattaforma dedicata alla formazione e alla consulenza".
Al consorzio aderiscono produttori che operano nel settore dei tessuti, dello sportswear, dell'alta moda e degli accessori. Cobat Tessile si avvale dei servizi integrati della piattaforma Cobat: un sistema informatico continuamente aggiornato in grado di tracciare il rifiuto dalla raccolta al trattamento mirato al recupero, assicurando la piena trasparenza del dato. La piattaforma, inoltre, utilizza un network capillare di impianti di trattamento distribuiti sull'intero territorio nazionale, in modo da ottimizzare il sistema in termini logistici. Infine, attraverso Cobat Academy, la piattaforma dedicata alla consulenza, il Consorzio eroga una formazione mirata allo sviluppo dell'economia circolare e della sostenibilità ambientale.