di Alfonso Raimo
C'è anche il delegato che si mette controluce, tra gli interventi da casa all'Assemblea del Pd. Si chiama Giovanni Paolo Pellegrini e interviene col volto oscurato come se fosse un pentito a un processo di mafia. "Mi sentite?". Lo sentono, ma non lo vedono, se non nella forma di una sagoma nera. Mise azzeccata in ogni caso, perché l'assemblea nazionale a cui Letta raccomanda di sfoggiare l'orgoglio dem e di dare il via al congresso, si trasforma in breve in un processo alle correnti. Processo senza colpevoli, sia chiaro. Tutti assolti perché il fatto non costituisce reato. Il Congresso può partire, e mentre ancora non ci sono i candidati, le correnti si sono già posizionate. Affiora un fronte contro la papessa straniera: Elly Schlein.
Ma del processo non c'è l'aula bunker, la mastodontica location di un hangar della Fiera di Roma. Convocati a distanza per garantire il numero legale, questa volta i delegati si collegano con l'Assemblea nazionale dal giardino, qualcuno in pigiama dalla cucina, sullo sfondo domestico di fotografie al mare, libri e poster, calamite attaccate al frigorifero. All'Assemblea viene chiesto di modificare lo Statuto, dare il via al Congresso e consentire a chi come Elly Schlein non è iscritta di partecipare. Si decide per il Sì a larghissima maggioranza, ma è tutto precario in questo autunno dello scontento democratico. Le primarie si terranno il 19 febbraio, forse. Sarà di fatto il Viminale a deciderlo, visto che a febbraio incombono le Regionali nel Lazio, in Lombardia e nel Molise.
La papessa straniera Schlein potrà correre, ma i suoi ancora avanzano dubbi e perplessità. E contro di lei emerge una crescente ostilità. "Chi è questa che vuole scassare il Pd?". La proposta del segretario viene accolta: votano in 610, i favorevoli sono 553, i contrari 21, gli astenuti 36. Le correnti hanno raggiunto l'accordo, ma non ancora l'equilibrio. I mugugni fanno da colonna sonora al Nuovo Partito Democratico.
Davanti al Parlamentino, Letta solletica l'orgoglio della ditta. Attacca il governo che cerca lo scontro e che improvvisa in politica estera e in economia. Chiama a uno scatto di reni per rispondere anche alle altre opposizioni che aggrediscono il Pd invece dell'esecutivo. Ma stavolta lo spirito di corpo non funziona. Nessuno quasi cita Giorgia Meloni, che scompare dai radar dei democratici. La liturgia cambia. Una volta l'Assemblea era la passerella, i big facevano a gara per intervenire. Adesso non parla nessuno, perchè sarebbe come mettersi nel mirino. Paradossale, anche Elly Schlein e Stefano Bonaccini sono collegati da casa. Nessuno degli ipotetici candidati è presente nella sala delle Carte geografiche con Letta.
Il traghettatore è solo col suo fardello. Lui si sacrifica, continuerà a fare il suo - "serve anche uno che prende i fischi", dice memore della piazza di Roma - ma il clima è più gelido della pioggia battente che imperversa su Roma. Infuriati più di tutti sono i delegati da casa, segretari di circoli, amministratori locali arrabbiati col partito che li convoca solo quando ne ha bisogno, ma che dimentica di farlo quando c'è da decidere sulle liste elettorali o dopo la disfatta del 25 settembre. La giustizia popolare dem non risparmia nessuno: tutti accusati di correntismo. Uno per tutti: Marcello Framondi dal Vomero, Napoli. La sua è una requisitoria senza sconti. Racconta di come il Pd abbia nominato un assessore al suo Municipio senza neppure coinvolgere il circolo di zona. Lui allora fa presente al partito che il neo assessore in questione ha già fatto l'assessore, in un altro comune, Aversa, e con il centrodestra. "È stato uno schiaffo ai militanti, le correnti pensano che siamo serbatoi di voti buoni per le elezioni e per il Congresso", protesta. Letta ascolta imbarazzato.
Ancora i giacobini dem. Come Stefano Giannini da Civitavecchia, che chiarisce quel che è a tutti noto: "Il partito è governato dai signori delle tessere. Tot tessere, tot delegati, tot posti in direzione e in Parlamento". Piero Ambrosi chiede a Letta: "Perchè sono stati schierati tutti i dirigenti nel porto sicuro del proporzionale e non anche nel mare aperto dell'uninominale?". Carmelo Anelli da Palermo propone: "Facciamo le parlamentarie". Esagerato. Blasfemo, poi. Che non lo sai che quello è il cavallo di battaglia dei Cinque Stelle? Viene citato a più riprese Nicola Zingaretti, il segretario-martire che abbandonò lo scettro al grido: "Questo partito mi fa schifo". Lo chiama in causa Marianna Madia, che insieme a Lia Quartapelle firma un documento anticorrenti. "Zingaretti lasciò perchè era contrario al Conte 2, ma il patto di sindacato aveva già deciso", ricorda Madia. Quartapelle accusa Dario Franceschini: "Questo sistema fa male al partito". Parole che suscitano un vespaio. Persino la zingarettiana D'Elia si dissocia. Molto citato in Assemblea il discorso di Gianni Cuperlo, che unisce senza citarla la critica a Schlein e quella all'anti-correntismo. Già perchè se il Pd è messo sotto processo dai suoi stessi elettori, proprio Elly Schlein potrebbe incamerare il dissenso e abbattere il vecchio sistema. Elly, la papessa straniera contro il correntismo dem. Ma il Pd "non è una bad company", sbotta Cuperlo, il quale francamente non ne può più di "sentirsi dire che tutto il male è dentro il Pd, e tutto il bene fuori". Molti leggono nelle sue parole uno stop a Schlein. Cuperlo, poi spiega di parlare "a nome di un gruppo di compagni" e non nasconde un certo orgoglio correntista. Ma in senso buono. "Risparmiamoci appelli a sciogliere le correnti mossi da pulpiti edificati su altre correnti. Il punto politico è che quelle correnti non si sono mai pesate", dice. Anche Peppe Provenzano non nasconde il fastidio per "l'ipocrisia di chi dall'alto delle sue 3-4-5 legislature ha sostenuto tutto e il contrario di tutto nel Pd. Discutiamo anche di questo". Il riferimento implicito è a Marianna Madia, voluta da Walter Veltroni, poi passata con Matteo Renzi, Pierluigi Bersani...
Gli animi si scaldano. Alla fine Letta sceglie di non scegliere. Per non spaccare il partito toglie il documento Madia-Quartapelle dal voto: "Lo assumiamo noi", dice, e assicura che si batterà contro la piaga delle liste bloccate al congresso. Qualcuno fa balenare l'ipotesi che dalla corrente di quelli contro le correnti possa nascere un'altra corrente. La corrente contro le correnti.
E i candidati? I movimenti sotterranei registrano, manco a dirlo, il posizionamento delle correnti su questo o quello. Come detto le parole di Cuperlo ("non siamo una bad company") sono lette da tutti come il tentativo di una parte della sinistra interna di prendere le distanze da Schlein. Con lei si sono già schierati Bettini e Provenzano. Si sarebbe avvicinato anche Franceschini con Dario Nardella, ma la cosa è controversa perchè Schlein non vuole l'appoggio di una corrente così tanto corrente, e infatti ambienti a lei vicini riferiscono: "Il tentativo dell'area Franceschini di affiancarla non è un modo gattopardesco di zavorrarla?".
L'Assemblea registra dunque la spaccatura a sinistra e il tentativo di trovare un'altra candidatura che possa contrapporsi a Stefano Bonaccini. E magari frenare la corsa di Schlein, nel passaggio dal congresso dei circoli alle primarie a due, quando la sua candidatura diventerebbe davvero temibile. Si vocifera di un patto della Quercia tra gli ex Ds Orlando e Bonaccini, con Schlein messa fuori gioco già a gennaio nella fase riservata agli iscritti. Un trappolone in classico stile dem, con i ruoli di maggioranza e opposizione congressuale decisi a tavolino, o quasi. Fuori da questo schema, ci sarebbe l'ipotesi di una candidatura di Brando Benifei, capogruppo al Parlamento europeo e promotore di Coraggio Pd. Glielo stanno chiedendo in molti. Dall'altra parte, sul fronte riformista, domenica Stefano Bonaccini dovrebbe far capire che è pronto alla pugna, mentre Vincenzo De Luca e Francesco Boccia stanno aspettando la sua prima mossa per decidere se dare concretezza o meno al partito del Sud (in funzione antiBonaccini). Dario Nardella lavora alla sua proposta, ma potrebbe non tramutare mai la sua discesa in campo - se ne parlerà il 27 novembre a Roma - in una candidatura. Matteo Ricci dovrebbe farsi avanti venerdì prossimo, ma anche lui potrebbe confluire su questo o quello. La sfida, in sostanza, è ancora Schlein contro Bonaccini, ma nella terra di mezzo possono trovare spazio altre candidature, in grado di ostacolare l'uno o l'altro nella corsa finale delle primarie a due.
Su tutto continua ad aleggiare la tentazione scissionista. Lo dice lo stesso Letta, quando invita a non pensare: "Se vince quello, me ne vado". Un'eco in tal senso si coglie nelle parole di Peppe Provenzano, nella squadra che sostiene Elly Schlein. "Abbiamo messo in salvo le date del Congresso, ma non sono sicuro che abbiamo salvato il processo costituente. Non regaliamo a nessuno una storia che è più lunga del Pd e che sopravviverà al Pd". Parafrasando: "Che faccio: mi caccio?".