di Matteo Forciniti
Pochi giorni prima della perizia che ha aperto la strada verso l’archiviazione definitiva del processo sulla morte di Luca Ventre, quello che è successo in Uruguay fa enormemente riflettere.
Il 25 ottobre l’ambasciatore Giovanni Iannuzzi ha incontrato i vertici del Ministero dell’Interno uruguaiano, il ministro Luis Heber e il direttore generale Nicolas Martinelli. Il comunicato ufficiale pubblicato dall’Ambasciata ci racconta di un “approfondito incontro” durante il quale “sono stati affrontati i temi della cooperazione bilaterale in materia di sicurezza e lotta al crimine organizzato transnazionale, settori nei quali l’Italia continua ad assicurare il proprio pieno appoggio all’Uruguay in uno spirito di forte impegno congiunto”.
Della morte di Luca Ventre avvenuta la mattina del primo gennaio del 2021 dopo essere entrato all’interno dell’Ambasciata italiana a Montevideo, non c’è stato nessun riferimento. Non c’è stato nessun commento neanche su Ruben Dos Santos, il poliziotto uruguaiano che lo scorso anno fu iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Secondo una perizia emessa dalla Procura italiana, fu proprio la manovra violenta del poliziotto a uccidere Ventre per soffocamento bloccandolo a terra per 37 lunghissimi minuti. Una ricostruzione totalmente diversa è invece quella dei medici uruguaiani che, pochi giorni fa, hanno confermato i primi studi attribuendo la morte a un mix tra la cocaina che l’uomo aveva assunto nei giorni precedenti all’evento e i farmaci calmanti che i medici gli somministrarono al momento dell’arrivo in ospedale.
Nella riunione tra l’ambasciatore e il ministro dell’Interno c’è un aspetto fondamentale che dovrebbe essere chiarito: il rappresentante dello Stato italiano è intervenuto presso le autorità locali come ci si sarebbe aspettati dopo la ricostruzione della Procura di Roma? L’ambasciatore Iannuzzi ha esercitato qualche tipo di pressione per pretendere che venga fatta giustizia sulla morte dell’uomo? Com’è possibile che in un incontro istituzionale di primo piano si possa continuare a tacere sul caso Ventre e a fare finta di nulla come se niente fosse successo?
Tre settimane dopo quella riunione in Uruguay qualcosa di importante è successo: la decisione della commissione medica potrebbe presto mettere la parola fine sulla ricerca della verità su un caso molto scomodo per tutti destinato in pratica a rimanere impune e a essere dimenticato.
Perché, tra l’ambasciatore e il ministro, quello “spirito di forte impegno congiunto” sbandierato non ha riguardato anche la posizione del poliziotto uruguaiano indagato in Italia?
Italia e Uruguay, tra l’altro, dovrebbero essere chiamate a collaborare nel campo della cooperazione giudiziaria penale come stabilisce un trattato internazionale che è entrato in vigore da cinque mesi. Ma se esistono al momento due verità giudiziarie opposte dov’è andata a finire la collaborazione?
“Certamente si poteva aver fatto qualcosa in più ma adesso è già troppo tardi” riflette amaramente Rolando Rossi, consigliere del Comites di Montevideo, che raccoglie i malumori di una collettività frastornata da una vicenda troppo grossa e pesante e che chiede di conoscere qualcosa in più al riguardo.
“Tutta la vicenda del caso Ventre è stata gestita malissimo fin dal primo momento” accusa il consigliere del Comites. “Tra i responsabili c’è innanzitutto l’ambasciatore Iannuzzi che non ha mai dato la faccia e non è mai intervenuto come corrispondeva in un caso del genere e poi il ministro dell’Interno che ha praticamente nascosto il suo funzionario assassino per non punirlo. Un omicidio non può rimanere impune e sono già passati due anni. Tutto questo è inaccettabile. Solo queste due persone avrebbero potuto fare qualcosa per ottenere giustizia e invece hanno preferito nascondersi”.