Franco Esposito
A volte ritornano. Svuotate nel 2014 dalla legge Del Rio, rieccole. In realtà, mai abolite o cancellate in seguito alla bocciatura del referendum costituzionale del 2016. Le Province vivacchiano come enti intermedi da otto anni, senza soldi e senza gloria, ma ora è ufficiale: ritorneranno. In pompa magna. Indietro tutta, le destre rivogliono le Province. Presto ci sarà la controriforma. E ricresceranno come funghi le opportunità politiche. I partiti si divideranno 2.500 posti.
Caderoli racconta in giro di avere le idee chiare. In Italia ci sono 107 province. In quelle fino a 450mila residenti – in tutto 66 - potrebbero essere eletti fino a venti consiglieri e dai tre ai cinque assessori. La corsa al posto è già cominciata: diventa concreta la possiiblità di sistemare un bel un po' i gente. A far niente, probabilmente. Assunzioni politiche e punto.
Costrette all'anonimato dalla legge Del Ri del 2004, le Province hanno dovuto fare comuque i conti con responsabilità cospicue su temi anche delicati. Scuole, sicurezza, strade. Le cose sono destinate a cambiare. La pretesa è comune a tutti i partiti di maggioranza. Avendo essi presentato in blocco progetti di legge per reintrodurre le Province.
Riportarle a vera vita significa cosa? La retromarcia ha del clamoroso. La speranza è che rientrino nel pieno delle loro funzioni. Complici gli impegni assunti da due ministri, Roberto Calderoli e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ma la proposta di reintegro ufficiale delle Province viene portata avanti dalla Destra nella sua interezza, peraltro non solida.
Sparge opinioni tranquillizzanti Domenica Spinelli, senatrice di Fratelli d' Italia, segretaria in commissione Affari Costituzionali. "Non ritengo democratico che il presidente e il Consiglio provinciale siano scelti dalla maggioranza dei Comuni più grandi. É la perfetta applicazione della non democrazia".
Scelti dai consiglieri comunali questa mattina, gli organi provinciali sono stati nominati dai consiglieri comunali e non dai cittadini. Il ritorno al voto popolare contiene aspetti indubbiamente positivi, apprezzabili. Il significato è quello d voler sanare il vuoto amministrativo creato dalla legge Delrio. Ma è anche normale che ai partiti faccia gola l'enorme struttura politica e tecnica da ricostruire a breve. Forse a giugno.
Consiglio, uffici, funzionari: i costi di gestione sono alti, gli stessi che fino al 2014 venivano ampiamente "contestati". Una bozza di riforma prevedeva il ritorno di circa 2.500 amministratori, a cui vanno aggiunti i funzionari e lo staff. Il Governo ha assunto sul tema precisi impegni. Il ministro Calderoli, a novembre, hca incontrato il presidente dell'Unione della Provine, Michele De Pascale. Il quale ha raccolto e incassato solide garanzie "sulla totale convergenza sulla restituzione dell'identità alle Province". Sul ritorno all'antico gli interessati hanno ricevuto garanzie anche dalla Casellati, minisrro per le Riforme.
In Parlamento sono attualmente presenti diversi testi analoghi sull'argomento. Forza Italia ha presentato il capogruppo alla Camera, Alessandro Cattaneo, berlusconiano doc, e il presidente dei senatori, Massimiliano Romeo, per Fratelli d'Italia. Primi firmatari Gaetano Nastri e Marco Salvestroni. I meloniani fanno riferimento nel testo all'attuale stato d'incertezza delle Province. "La necessità del superamento della legge De Rio deriva dal fatto cheessa non puòm essere attuata poiché le Province sono ancora previste dalla Costituzione e mantengono le competenze sull'edilizia scolastica, sulla tutela e valorizzazione dell'ambiente, sui trasporti e sulel strade provinciali. Per esercitare tali funzioni le Province necessitano urgentemente di risorse".
Semplice la traduzione, decisamente elementare: servono soldi, e non pochi. Li reclamano l'ente e i suoi amministratori. Questi oggi non percettori di indennità aggiuntive. Ma la domanda è d'obbligo, in quanto sorge spontanea: di quale struttura stiamo parlando, di quella che dovrebbe rinascere o dell'altra costretta a vivere un'esistenza decisamente anonima?
Qualcuno dovrà pur rispondere. Almeno si spera. Mentre a proposito di Province registra l'ennesimo insuccesso il prode Salvtini. Salvata Varese per il rotto della cuffia, la miseria di dodici voti in più rispetto al candidato "bossiano" Giuseppe Longhin. Altrove solo sconfitte, a Brescia per dirne un'altra. Questi, per Salvini, sono tempi durissimi. Declina la Lega, il rischio è che sparisca proprio al Nord.