È un Papa assediato, Francesco, circondato oramai più di ognuno dei suoi predecessori degli ultimi secoli, anche Pio XII che aveva a che fare con il fascismo, il nazismo e le leggi razziali, più di Giovanni XXIII che aveva innescato il Concilio Vaticano II, le cui conseguenze erano difficili da immaginare e contenere.
Certo più in difficoltà di papa Ratzinger, che doveva riordinare i principi teologici e che la Curia romana stancò tanto da farlo ritirare, con una decisione biblica.
Francesco deve ogni giorno condannare la guerra e le sue atrocità, stare vicino ai popoli sofferenti. Ma non ha ancora censurato nel nome di Cristo espressamente la Russia, né l’Iran, il cui regime sta commettendo crimini contro l’Umanità meno mediatizzati della guerra russo ucraina, ma devastanti. Molti aspettano questa condanna dalla cattedra di Pietro.
E sull’altro fianco del suo pontificato questo papa, venuto dal “mondo alla fine del mondo”, deve affrontare un inesorabile processo di scristianizzazione del pianeta intero, l’avanzata del neopaganesimo in una prospettiva che sta cambiando dal profondo la vita della Chiesa di Roma.
È come se dopo i secoli della prevalenza cristiano-giudaica, fino al Settecento, il lungo lavorio dell’illuminismo abbia oramai definitivamente minato le radici cristiane, ovunque hanno attecchito. E stia portando il mondo verso nuove forme di religione o non religione.
Così questo papa, che parla solo l’argentino criollo e l’italiano, fronteggia oramai gli strappi che arrivano dalle sue Chiese diversificate nella loro tradizione, sofferenti per i dati precipitati dei suoi fedeli e dei suoi ministri, che oramai dalla seconda parte del Novecento si riducono con una progressione continua, inarrestabile. Sempre meno fedeli ai riti sacri, seminari quasi vuoti a ogni latitudine, conventi deserti e il visibile problema universale della riconversione degli edifici sacri.
Uno studio prevede che nei prossimi anni la metà delle chiese della Germania dovrà chiudere. Nel 2021 400 mila cattolici hanno lasciato la Chiesa tedesca: è un record di sempre, secondo quanto scrive Giulio Meotti su “Il Foglio”.
La Francia non sta meglio: nei prossimi dieci anni 9.500 chiese saranno distrutte, vendute o abbandonate. A Bruxelles un terzo delle chiese passeranno di mano e saranno sconsacrate.
Una delle più note e profonde studiose e pensatrice cattoliche, la francese Chantal Delsol, ha scritto un libro-bomba, pubblicato ora anche in Italia da Cantagalli e intitolato “ La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo”.
E’ allieva del filosofo Julien Freund e membro della “Cupola” della cultura francese, che studia le scienze morali e politiche. E non usa mezzi termini per definire come agonia la fine del cristianesimo, “non una morte improvvisa”, ma un eterno processo che sta svuotando una era durata secoli e secoli.
“La cristianità combatte da due secoli per non morire “, scrive Delsol, spiegando che la fine di questa “era” non culminerà nell’ateismo e nel paganesimo tout court, ma in una nuovo tempo per ora contraddistinto da un caos.
Sono esattamente i due secoli dell’illuminismo durante i quali la Chiesa cristiana ha avuto come un piccolo rilancio solo nella seconda metà del Novecento, per poi precipitare di nuovo nel crollo che oggi i numeri confermano così drammaticamente.
Secondo queste analisi sofisticate sta scomparendo “la cristianità”, ma non il “cristianesimo” ed è per questo che ci sono nuove tendenze che resistono e sviluppano processi. C’è una corrente ecologista, un’altra pacifista e liberista, che vuole come un grande reset per ripartire da zero e una terza corrente, che si arrocca in un tradizionalismo esasperato nei riti, nella liturgia, difendendo posizioni di assoluta minoranza, ma che sfiorano il fanatismo.
Questo caos postcristiano, che i filosofi studiano, addentrandosi in un'analisi perfino troppo introversa per essere seguita, poi nella superficie della Chiesa si traduce ancora in emergenze concrete, facilmente verificabili.
Prendiamo il caso italiano, che sembra sfuggire a quella classificazione in correnti emerse dalla fine della cristianità.
Da cinquant’anni le vocazioni sono diminuite del 60 per cento: dai 6337 seminaristi del 1970 siamo passati ai 2103 del 2019.
Oggi in Italia i presbiteri sono 1800 e l’età media del clero è tale quale la si vede in giro per le parrocchie italiane, dove preti anziani e stanchi sono costretti a “coprire” più parrocchie, trasformandosi più in funzionari della Chiesa che in “padri”, come vorrebbe il Vangelo.
Il processo di dimissioni dallo stato presbiterale è oramai inarrestabile e innesca anche una specie di colossale revisione di quanto avviene nei seminari. Qui si dovrebbero formare i futuri preti, capaci di diventare pastori. Invece vi si incontrano enormi difficoltà nella formazione . E’ una critica che può anche riguardare il passato, ma nei tempi moderni diventa un'emergenza tanto forte che c’è chi suggerisce di abolire i seminari e di studiare altre forme per istruire i preti.
Basta, insomma, con i seminari come culla del clericalismo, quello che spinge i predestinati a indossare subito la talare, a mettersi i gemelli ai polsi e a chiudersi in una visione pastorale, tutta incenso e tribolazioni.
Il tema cozza anche violentemente con le radicali riforme sinodali, che molte Chiese da tempo spingono, soprattutto quella di Germania. Esse riguardano il diaconato delle donne e l’introduzione dei cosiddetti “viri probati”, uomini sposati che possono consacrarsi e amministrare i sacramenti.
Se fino a ieri le proposte avanzate dalle Chiese più avanzate, come quelle della Germania e del Belgio, erano state respinte duramente da Roma, che aveva sempre specificato come si può dibattere ma poi a decidere è il Vaticano, oggi ci sono più aperture.
I vescovi fiamminghi del Belgio sono stati ricevuti e ascoltati a Roma su questi temi scottanti del celibato dei preti e del ruolo femminile e anche sulla tanto discussa benedizione delle coppie gay. E per la prima volta sono usciti contenti dai vertici nella “Caput mundi”. Come se il Sinodo Universale, che è la grande mossa di papa Francesco per riformare la chiesa dal basso, incominciasse a dare i primi frutti.
L’onda sulla quale viaggia, dunque, l’ultimo successore di Pietro, duemila anni dopo, è alta e minacciosa. Sulla Terra le guerre urlano il dolore, la sofferenza primordiali di chi paga con la vita la violenza degli aggressori, le ingiustizie, le restrizioni delle libertà come in Ucraina, come in Iran, in tutti i luoghi di questa “terza guerra mondiale” in corso che Francesco per primo ha smascherato.
Nella Chiesa la battaglia per uscire dall’agonia di una scristianizzazione strisciante da due secoli e oramai al redde rationem è quotidiana. Chi prevarrà nel mondo di oggi, il neo paganesimo vincente in Occidente, dove le radici cristiane sono così strappate via, i post moderni, che somministrano ormoni ai bambini per cambiare il loro sesso o i musulmani estremisti, che concepiscono una società dove si vive solo schiavizzando una parte della popolazione?
La storia giudicherà che passaggio è questo, dopo dieci-quindici secoli di civiltà cristiana oramai svanita o in agonia e verso quale mondo viaggia l’umanità dopo Cristo.