Avevano anche foderato le pareti con i cartoni delle uova per fare in modo che le grida non arrivassero fuori. È la stanza delle torture che i russi avevano allestito nella vecchia stazione della polizia. "Usavano l'elettricità, lasciavano le persone senza cibo, le picchiavano, facevano stare sette persone in queste celle che erano state pensate per due", riferisce Dmytro Hranchak, il Capo della Polizia di Izyum, in Ucraina, a sud di Kharkiv.
Quelle celle in realtà da decenni non venivano utilizzate e ormai erano state anche abbandonate. Ci hanno pensato i russi a rimetterle in funzione: dai primi di marzo hanno occupato la cittadina per liberarla sei mesi dopo, il 10 settembre. I prigionieri qui erano tutti i civili (in altri cinque posti simili sono stati imprigionati i militari); c'erano uomini e donne e "abbiamo accertato sei casi di stupro ma forse ce ne potrebbero essere altri, le indagini sono in corso".
Benvenuti all'inferno. Se c'è una città dove le regole della guerra, se mai ce ne sono, non sono state rispettate è Izyum: ospedale distrutto, palazzi rasi al suolo, fosse comuni, bambini deportati, parchi giochi bombardati, chiese devastate. Un concentrato di "crimini di guerra sui quali sono in corso approfondimenti delle organizzazioni internazionali per i diritti umani", sottolineano le autorità civili e militari del luogo parlando con i giornalisti al seguito di una missione organizzata dalle ambasciate ucraina e polacca presso la Santa Sede.
C'è poi un isolato di palazzi totalmente sventrati. Qui tra il 3 e il 5 maggio le bombe hanno ucciso 51 persone, tra loro due bambini, 3 e 6 anni. Lo scivolo del parco giochi condominiale sta ancora lì, con i suoi colori sgargianti che si stagliano nel grigio delle macerie.
Izyum prima del 24 febbraio contava 50mila abitanti, oggi ne sono rimasti la metà. Alcuni dalle prime ore del mattino sono in fila davanti alla 'food bank', il centro di assistenza all'ingresso della città, per avere qualcosa da mangiare. Hanno vissuto per mesi negli scantinati con il poco che avevano o riuscivano a recuperare e hanno perso quasi tutto. Roman Semenukha, responsabile del distretto militare di Kharkiv, snocciola le cifre della tragedia: "Un migliaio di civili uccisi, l'80 per cento dei piani alti degli edifici distrutti, come anche il 30 per cento delle case unifamiliari. Sono stati deportati in Russia duecento bambini della regione, dei quali un'ottantina presi nella sola città di Izyum".
Ma è quando si arriva nel bosco appena in periferia, dedicato a Shakespeare, che si resta ammutoliti: la grande fossa comune mostra ancora le buche dalle quali sono stati riesumati 447 corpi, 425 civili e 22 militari. Le autorità mostrano ai giornalisti i video girati al momento della scoperta della fossa: corpi con le mani legate, o crivellati di colpi alla schiena. Per ogni buca dove c'era un corpo c'è una croce e qua e là anche fiori che qualcuno ha appena portato per non dimenticare queste persone.
Ma la voglia di ricominciare c'è tutta. Anche in chi, in mezzo a tanta distruzione, sta completando un murales dedicato a Kozak, il cartone animato preferito dai bambini ucraini. O nelle parole dello stesso rappresentante dell'esercito Semenukha che alla domanda sulle cose più necessarie ora risponde: "Materiale da costruzione, pavimenti, finestre, dobbiamo ricostruire in fretta. Speriamo che la prossima primavera possano tornare in città tutti coloro che sono andati via. Li aspettiamo".