di Fabio Porta
Da quando la guerra è tornata prepotentemente nel cuore dell'Europa, con la forza di un dramma che ci ha ricordato gli orrori della seconda guerra mondiale, il mondo vive con il fiato sospeso per l'incubo di un possibile conflitto nucleare. Per la mia generazione, nata pochi decenni dopo la "grande guerra", si tratta probabilmente del primo Natale segnato da questa "grande paura".
Ed è proprio questo il primo grande augurio che voglio rivolgere tramite la mia newsletter a tutti gli amici che da anni mi seguono con affetto e stima: che il Natale del 2022 possa fare riflettere ciascuno di noi, ma soprattutto i governanti del pianeta, sul valore incommensurabile della pace.
Una pace da ricercare con tutti gli sforzi possibili e necessari; una pace fondata sulla giustizia e quindi sulla condanna di qualsiasi aggressione alla sovranità delle nazioni. Ma la pace non riguarda soltanto la convivenza tra i popoli; la pacificazione va ricercata innanzitutto all'interno delle relazioni tra coloro che appartengono ad un unico popolo.
Abbiamo denunciato più volte la pericolosa deriva di una politica che soffia sul fuoco delle divisioni e dell'intolleranza, non rispettando l'avversario e in alcuni casi nemmeno l'esito delle consultazioni libere e democratiche. La democrazia, invece, si fonda proprio sul reciproco rispetto e soprattutto sul comune rispetto delle regole e della Costituzione.
Ed è quindi questo il secondo augurio che rivolgo ai miei concittadini che in Italia e
fuori dai confini nazionali hanno a cuore la sorte del nostro Paese come anche quella delle nazioni dove sono nati o hanno scelto di vivere. Se il 2022 è stato l'anno della guerra in Ucraina e della competizione elettorale in Italia, il 2023 dovrà essere l'anno della pace in Europa e nel mondo e quello dove la politica torni ad essere l'arte del buon governo, dove il necessario (per quanto a volte aspro) confronto tra maggioranza e opposizione deve essere orientato da una condivisa aspirazione al bene comune.
Non comprendere questi semplici fondamenti equivale a contrariare le stesse basi di qualsiasi Stato democratico. C'è infine un terzo auspicio che non posso non rivolgere ai miei lettori; un augurio che rivolgo loro in ragione del mio importante mandato e della grande responsabilità che proprio quest'anno sono tornato ad assumere, prima al Senato della Repubblica e poi alla Camera dei Deputati. Mi riferisco all'attenzione che l'Italia e le sue istituzioni dovranno rivolgere alle nostre grandi collettività all'estero, orgoglio di un Paese che anche grazie al sacrificio e al successo dei suoi emigrati è diventato una nazione forte e rispettata ovunque nel mondo.
Non si tratta soltanto di un dovere da rispettare e nemmeno di un debito da onorare: investire in programmi e iniziative a favore della comunità degli italiani all'estero, infatti, vuole dire anzitutto aiutare la proiezione internazionale dell'Italia nel mondo sostenendo la sua crescita e il suo sviluppo. Una crescita ed uno sviluppo alla quale gli italiani e i loro milioni di discendenti in Sudamerica e nel mondo possono dare un contributo vero, diversificato e innovativo.
Lo possono fare con il turismo, le relazioni commerciali, la promozione della lingua e della nostra cultura, il rafforzamento di vincoli istituzionali con Paesi e aree del mondo dove i nostri immigrati sono diventati a pieno titolo parte integrante e spesso "eccellenze" in tutte le aree e i settori della società. Tre semplici auspici, tre motivi di augurio che mi sembrava bello condividere con voi e le vostre famiglie.
Che sia quindi un Natale e un 2023 di pace, ma anche di pacificazione e di unione, in Italia e nel mondo!