Di Matteo Forciniti
Dopo la Fiscalía di Montevideo anche la Procura di Roma ha messo la parola fine sulla vicenda di Luca Ventre, l'italiano morto misteriosamente il primo gennaio del 2021 in Uruguay dopo aver scavalcato il cancello dell'Ambasciata italiana.
A distanza di tre anni, dunque, la morte di una persona resta impunita con l'aggravante della mancanza di una verità giudiziaria condivisa tra Italia e Uruguay. Le indagini, da un lato all'altro dell'Oceano, hanno avuto esiti completamente opposti.
È notizia di queste ore la decisione della Procura di Roma che ha chiesto -pur con motivazioni molto diverse- l'archiviazione di Ruben Dos Santos, il poliziotto uruguaiano coinvolto nel placcaggio che era stato iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio preterintenzionale dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.
Dos Santos stese a terra Ventre, immobilizzandolo, per 37 lunghissimi minuti in quella tragica mattina come emerso dai video: una manovra violenta che avrebbe causato la morte secondo la perizia e dagli accertamenti effettuati sulla salma al ritorno in Italia. In base alla ricostruzione degli inquirenti, Ventre morì dopo essere stato trasportato in ospedale per "asfissia meccanica violenta ed esterna per una prolungata costrizione del collo che provocò l'ipossia celebrale dalla quale derivarono il grave stato di agitazione psicomotoria e l'arresto cardiaco irreversibile".
Eppure, nonostante gli elementi di prova raccolti, la Procura di Roma ha dovuto chiedere l'archiviazione dell'indagine per improcedibilità in quanto l'indagato non è mai stato presente nel territorio italiano. Affinché sia esercitabile l'azione penale per un reato di omicidio commesso all'estero da uno straniero ai danni di un cittadino italiano, infatti, sono necessarie alcune condizioni tra cui la presenza dell'indagato sul territorio nazionale. Ruben Dos Santos non risulta essersi mai recato in Italia e quindi si è salvato nonostante le prove raccolte contro di lui dai magistrati.
Un mese fa anche l'Uruguay aveva praticamente chiuso con il nulla di fatto la vicenda. La commissione medica incaricata dalla Fiscalía General de la Nación aveva confermato la prima versione dei fatti: secondo questa ricostruzione, la morte sarebbe stata causata da un mix tra la cocaina che l'uomo aveva assunto nei giorni precedenti all'evento e i farmaci calmanti che i medici gli somministrarono al momento dell'arrivo in ospedale.
"Dopo l'indagine farsa dell'Uruguay, ora la procura di Roma richiede l'archiviazione. Possono ammazzarti davanti alle telecamere e fare finta di niente. Tutto normale" ha scritto su Facebook il fratello della vittima Fabrizio Ventre. "Devono aver capito che con le nullità presenti nei ministeri italiani, si può fare tranquillamente ogni cosa. Per non parlare della Procura di Roma inadeguata sotto ogni punto di vista. Dopo 2 anni di polvere accumulata nel fascicolo, ora Colaiocco chiede l'archiviazione perché incapace di estradare degli assassini. In Uruguay come in Egitto. Prima con il caso Reggeni, ora con questo. Semplicemente Imbarazzante. Guardiamo il lato positivo: ora sappiamo che è possibile ammazzare qualcuno in Uruguay senza subire nulla. Buono a sapersi".