Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio per il 2023 al sistema di pensionamento anticipato per le donne – chiamato "Opzione donna" – penalizzano tutte le donne ma soprattutto le donne italiane residenti all'estero, le quali, praticamente, non potranno più usufruire del canale di uscita anticipato.
Nel 2023 i requisiti anagrafici da possedere entro il 31 dicembre 2022 passano a 60 anni di età (dai precedenti 58-59) con 35 anni di contributi (requisiti finora perfezionabili con il meccanismo della totalizzazione in regime internazionale) – anche se si scende a 59 anni per le donne con un figlio e a 58 con due figli.
Ma il problema che è stato creato dalla nuova norma è che potranno scegliere "Opzione donna" solo alcune categorie di pensionande: e cioè le donne care giver da almeno sei mesi, le donne disabili al 74% e infine le donne licenziate o dipendenti di aziende in crisi.
È facile immaginare quanto sarà complicato per una donna italiana residente all'estero che volesse usufruire del pensionamento anticipato previsto da "Opzione donna", dimostrare di essere in possesso dei nuovi requisiti richiesti (sempreché le nostre autorità competenti - Ministero del Lavoro ed Inps - indichino in maniera chiara e applicabile quali potrebbero essere le modalità di attuazione ed esecuzione delle nuove norme a soggetti che risiedono all'estero). Insomma il rischio che il meccanismo di pensionamento anticipato possa non essere più applicabile alle donne emigrate è elevato.
Ci aspettiamo quindi a breve una circolare dell'Inps con i chiarimenti necessari.