Si spende di più ma si consuma di meno e, addirittura, sotto il peso dell'inflazione e del caro bollette si arriva anche a risparmiare sul cibo.
E' quello che sta succedendo alle famiglie italiane costrette in qualche modo a fronteggiare tutti gli effetti della recente crisi economica.
Una crisi che sembra aver contribuito a colpire duro, tra gli altri, anche sulle tasche dei dipendenti pubblici il cui potere d'acquisto si è ridotto di ben 7 punti negli ultimi 10 anni.
A delineare i contorni di una situazione che suscita una generale ondata di preoccupazione è stato oggi l'Istat che ha diffuso gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio, ovvero quelli del mese di novembre. In pratica rispetto ad ottobre le vendite sono leggermente aumentate sia in valore sia in volume (rispettivamente dello 0,8% e dello 0,4%) ma a livello tendenziale, a fronte di un incremento del 4,4% in valore c'è stato tuttavia un calo dei volumi pari al 3,6%. Un dato negativo, quest'ultimo, causato soprattutto dal crollo del 6,3% dei volumi di alimentari venduti.
Secondo i consumatori dell'Unc, il rialzo delle vendite è solo un effetto ottico che dipende dall'inflazione e il crollo dei volumi delle vendite alimentari dimostra che gli italiani sono "a dieta forzata". Assoutenti si spinge a fare i conti sugli effetti per i bilanci delle famiglie: alla luce delle ultime rilevazioni dell'Istat, la spesa alimentare si riduce di 355 euro annui per la famiglia "tipo" e di 484 euro per un nucleo con due figli, se non si considera l'effetto inflazione.
I calcoli del Codacons mostrano invece che al netto del carovita, a novembre le vendite al dettaglio sono diminuite in volume del 3,6%, equivalente ad una minore spesa pari a 1.053 euro annui a famiglia, -27,1 miliardi di euro considerata la totalità delle famiglie residenti in Italia. A detta di tutti, insomma, si tratta di "una situazione pericolosissima destinata purtroppo a peggiorare nelle prossime settimane, quando sui prezzi al dettaglio si faranno sentire gli effetti del caro-benzina e il rialzo delle accise sui carburanti.
Generalizzata anche l'inquietudine sollevata da parte dei commercianti pensando soprattutto alle sorti di negozi di piccole dimensioni, che nel solo mese di novembre hanno perso volumi di vendite per un totale del 6% rispetto a un anno prima (a fronte di un +1% registrato invece dalla grande distribuzione). Confesercenti auspica perciò che il Governo prosegua con decisione sulla strada dei sostegni a famiglie ed imprese, a partire dalle misure fiscali, poiché ritiene che tutelare la domanda interna sia prioritario per la tenuta dell'economia in questa fase delicata.
Confcommercio osserva come le perdite di reddito e l'erosione del risparmio accumulato generate dall'inflazione abbiano costretto le famiglie a comportamenti selettivi nei confronti dei consumi. Evidenza, questa, confermata anche dall'analisi di Coldiretti secondo cui la situazione di difficoltà è palese visto che volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del 10,3% nelle vendite in valore. Un risultato che, precisa ancora l'organizzazione, evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022. Tra le categorie di prodotti che hanno pesato di più sugli aumenti nel carrello ci sono la verdura che precede sul podio pane, pasta e riso e poi carne e salumi.
Tra le categorie particolarmente colpite ci sono i dipendenti pubblici le cui retribuzioni, secondo il rapporto dell'Aran, sono cresciute tra il 2013 e fine settembre 2022 del 6,7% a fronte di un aumento dei prezzi nello stesso periodo del 13,8% e una crescita dei salari del privato, esclusi i dirigenti, dell'11,6%.