di Antonio Saccá
La morte del Pontefice Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, ha suscitato dolore e provocato considerazioni filosofiche e teologiche, oltre che storico-sociali. Il Pontefice fu un teologo esistenziale, vale a dire: considerando l'esistenza dell'uomo Egli non riteneva che scienza e tecnologia fossero adeguate a rispondere alla necessità di dare a noi senso e valutazione. Ratzinger ritiene che la scienza e la tecnica limitano la visione della vita: che dobbiamo fare in questo mondo, accontentarci di conoscerlo scientificamente, trasformarlo? Assolutamente, certamente, ma a quale fine, con quale idea dell'uomo proposta?
L'idea dell'uomo che vogliamo costituire non la forniscono scienza e tecnologia, esse ci forniscono conoscenza e strumenti efficienti ma chi vogliamo stabilire come personale e sociale presenza umana viene dalla filosofia e dalla teologia esistenziale. Ma c'è altro, immane. Scienza e tecnologia non consentono risposta alla domanda decisiva: come mai esiste quanto esiste, l'essere o, meglio, gli esseri? Non il divenire, il formarsi degli esseri stabilendo come dato qualcosa (la particella singolare), ma come mai esiste la particella singolare, quella massa concentratissima che pare sia esplosa per esagerata concentrazione insostenibile. Che l'esplosione abbia suscitato gli elementi è faccenda banale, il precipizio è in capo: come mai esiste la particella singolare? I credenti sono immediati, l'ha creata Dio (uno o l'altro), trascurando che Dio a sua volta è inspiegabile. È eterno, creato (problematicamente ho scritto un libro intitolato Il Padre di Dio), può creare fuori di sé essendo il tutto? Difficile una risposta convincente. Ma a che vale l'ateismo? Non c'è Dio? Ma la realtà è inspiegabile anche per gli atei, esiste ma ignoriamo come mai esiste. Al dunque, la scienza e la tecnica non indicano il senso da fornire all'uomo, non percepiscono e risolvono come mai esiste la realtà.
Per il teologo esistenziale Joseph Ratzinger occorre formulare una idea dell'uomo e della società che vorremmo, vogliamo costituire un argine, un'identificazione di quale uomo, quale società progettiamo. Altrimenti rischiamo di diventare oggetto di elaborazioni tecnico scientifiche. Possiamo far partorire l'uomo, la scienza e la tecnica lo consentono efficacemente? Perché non attuare, visto che non abbiamo posto un margine a quale uomo siamo e vogliamo essere! Possiamo rendere il cibo suscitandolo dai laboratori? Perché non elaborarlo visto che è possibile e non abbiamo limiti al fare, non avendo costituito un uomo, una umanità che vuole ma anche non vuole? E così per la guerra, le pandemie, l'automazione dell'uomo, l'etero direzione. Se non stabiliamo che uomo siamo, non stabiliamo una idea dell'uomo, tutto ciò che è possibile lo compiamo quale sperimentazione tecnico scientifica. Illimitatamente. Non ponendosi, ripeto, il bastione di una precisata idea dell'uomo che accetta e nega, vuole e rifiuta. Ratzinger ha ragione. Non si tratta, in Lui, della banalissima discussione se la ragione chiede soccorso alla fede, faccenda vecchia e insensata, la ragione non chiede soccorso alla fede quando non capisce, non capisce e si limita a non capire. Ma Ratzinger non fu un teologo stantio, comprese che senza una figurazione dell'uomo, di chi siamo e vogliamo essere, con margini di accettazione e di rifiuto, diventiamo terreno di esperimenti tecnico-scientifici, e sull'uomo si compirà ogni manovra debosciata, visto che non vi sono argini in una determinata rappresentazione di identità.
Per dire, se il cibo lo voglio soltanto naturale impedirò il cibo transgenico, ma ciò suppone un uomo che decida di avere il cibo naturale; se voglio un uomo poco e niente condizionato dall'esterno io impedisco strumenti che mi dirigono; se sono a favore della vita impedisco quanto posso la guerra. Ma se non pongo scelte con una precisa idea dell'uomo lascio al possibile tecnico scientifico di affermare ogni evenienza anche la più disumanizzante non avendo stabilito un'idea dell'uomo. Stabilire l'uomo "umano" è impossibile, ciascuno a suo modo? Ciascuno a suo modo. Ma appunto perché ciascuno a suo modo, ciascuno può rifiutare che intere società perdano la necessità di avere ciascuno una idea dell'uomo non lasciandosi scorrere dal progredire della tecno-scienza che svolge su di noi ogni esercizio metamorfico, sicché un giorno se vedremo un uomo allattare, bisessuato non ci stupiremo, la tecno-scienza fa esercizi. Liberi tutti. Ma anche liberi di combattere questa eversione. Ormai non si tratta di essere atei o credenti ma di volere un uomo che non diventi campo di esercitazioni genetico robotiche. Dispiace che venga a mancare Ratzinger, non era soltanto un credente in Dio, questo è scelta sua, era un credente nell'uomo, e questo ci accomuna sentitamente.
Ormai l'alleanza è tra chi crede nell'uomo naturale e chi lo vorrebbe trapezoide transgenico robotico. L'uomo naturale è anche malvagio ma è malvagio di suo. Una malvagità umana, da uomo. Il rischio è la totale perdita del sentire. Un uomo capo di sperimentazioni transgeniche robotiche è il peggior uomo che l'evoluzione potrebbe involvere. E la tecno-scienza promette questa risplendente meta! Ratzinger aveva un distinto riguardo di sé e del prossimo, io-tu, fondamento dell'umanesimo europeo, non l'io-tu (io e tu fusi) odierno, fonte di ogni confusione mescitiva, di alterazione molluscochimerica dell'Io.