Franco Esposito
Oligarca russo o magnate non fa differenza, Andrej Melnichenko è titolare di un patrimonio di 27,5 miliardi di euro. La stima è di Forbes, Un'immensa dotazione di quattrini, messa insieme con la produzione e distribuzione di Urea. Il concime azotato più prodotto e diffuso al mondo come fertilizzante del territorio. Dal 9 marzo scorso Melnichenko fa parte della lista nera dell'Europa, in quanto ene inserito nella più esclusiva e ristretta "cerchia degli amici di Putin".
L'oligarca russo, magnate tra i più facoltosi tra quelli che abitano e vivono dalle parti del Cremlino, è proprietario tra l'altro di uno yacht. Decisamente unico, un tre alberi, 143 metri di lunghezza, 25 di larghezza, 12.600 tonnellate di stazza. Valore stimabile 450 milioni di euro. Un colosso del mare, luccicante, blindatissimo, ultramoderno.
Lo yacht, meglio ancora il panfilo, è bloccato dalla Guardia di Finanza dallo scorso marzo nel porto di Trieste. Il provvedimento è stato impugnato dal sedicente proprietario del bene. "La proprietà è di una società che non fa parte dell'elenco di quelle listate da Bruxelles", assicurano i legali dell'oligarca, abbracciati all'idea del dissequestro e del risarcimento del "danno subito". Campo di battaglia il Tar.
La Guardia di Finanza la pensa in maniera diversa, ovvero diametralmente opposta. "Non ci sono dubbi, il proprietario è Melnichenko". Le ragioni delle Fiamme Gialle sono sostenute dall'Avvocatura dello Stato, difensore del ministero dell'Economia e delle Finanze. "Lo yacht ora non è di proprietà di Andrei Melnichenko, appartiene a un trust con il quale il signor Melnichenko non ha alcun rapporto", è intervento mesi fa sulal vicenda il resonsabile della comunicazione dell'oligarca, Alexander Byrkhin.
In aggiunta, la precisazione evidentemente di comodo dell'addetto stampa di Melnichenko sul fatto che "lo yacht non batte più la bandiera dell'isola di Mann, ma della Sierra Leone". Questione di lana caprina questa, prontamente rigettata al mittente dalla Guardia di Finanza, in un botta e risposta, battibecco e ping pong annunciatori di immediate, prossime, future diatribe. Confrontarsi con i russi e contrastarli non è mai un giochino da scuola media superiore.
"Una cosa è certa - ribatte con energia supportata da argomenti chiaramente di natura giuridica la Guardia di Finanza. "Una cosa è certa: da quando un bene è congelato, come nel caso dello yacht di Melnichenko, la proprietà non può passare di mano". Ma come siamo messi in questo caso? "Se era prima di Melnichenko la proprietà lo è anche adesso. Quanto alla bandiera, è possibile che sia cambiata, ma tutto ciò è ininfluente".
Lo scontro non solo dialettico calamita la curiosità degli italiani in particolare. Sappiamo bene come noi siamo, ci impicciamo di tutto. E interveniamo, nella maggior parte dei casi non richiesti.
Nella vicenda, per dirne un'altra, ora si è inserita l'Agenzia del Demanio. Ha in gestione lo yacht o panfilo e assicura di "non aver registrato modifiche dell'assetto proprietario". La vicenda si ingarbuglia, complicandosi maledettamente quando si è obbligati ad analizzare il problema del mantenimento di questo gigante da 450 milioni di euro. Lo yacht di Melnichenko ha richiesto per mesi la presenza a bordo di un equipaggio di una ventina di uomini. Pagati ovviamente dallo Stato italiano. Senza contare, ma comunque vanno contabilizzare, le spese di vigilanza, di stallo e quelle sopportate per mantenere in perfetta doverosa efficienza il particolare gruppo elettrogeno. Quanto è costato finora tutto questo ambaradan?
A conti fatti, un esborso di 800mila euro al mese, secondo gli esperti del settore. É insorto il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza: "Questo si chiama spreco del denaro pubblico. Allo Stato la custodia dello yacht di un ricco signore russo è costata finora oltre 7 milioni di euro".
Il primo cittadino di Trieste non nasconde dubbi e perplessità circa la possibilità che lo Stato possa rientrare dei soldi spesi pe accudire lo yacht di Melnichenko. "Non li recupereremo mai, i russi troveranno certamente il modo di non pagarli".
Il sindaco ne fa una questione si tasche pubbliche; il Comune di Trieste c'entra poco con le spese sostenute per il mantenimento del panfilo. "Se anche il governo italiano vincesse davanti al Tar la disfida della proprietà, i legali della misteriosa proprietà già intravedono un possibile contenzioso su questo fronte". La questione in atto costituisce comunque "un importante test per tutti i ricorsi fatti dagli oligarchi in questi mesi".
Ma cosa prevede la procedura? Il giorno in cui il panfilo verrà riconsegnato al legittimo proprietario, questi può rientrare in possesso solo dopo aver pagato le spese di manutenzione sostenute dall'Italia. E c'è anche un rischio però. Il proprietario potrebbe decidere di lasciare il bene allo Stato.
La mossa quali effetti produrrebbe? Una grana di proporzioni cosmiche: è molto difficile che qualcuno vada a prendere uno yacht simile. Considerato un "mezzo mostro" dai puristi della vela frequentatori del molo Adriaco, nel porto di Trieste. Dieci mesi sono ormai da quando il panfilo è in rada, immobile e impenetrabile. Pare sia anche molto bello, normale che lo sia, indipendentemente dalla bandiera e dalla misteriosa proprietà, Soprattutto di sera, al tramonto, nell'incanto di Trieste.