Gente d'Italia

Un libro sull’emigrazione calabrese nelle Americhe anche per rendere giustizia agli emigrati dimenticati

Cinquegrana e Pirone

di Matteo Forciniti

L’emigrazione è stata l’unica rivoluzione avuta nel Sud Italia: insiste spesso su questo concetto -una frase di Francesco Saverio Nitti- Nicola Pirone per presentare il suo libro “Il sogno americano. Memoria e viaggio dell’emigrazione calabrese” scritto insieme all’antropologo Pino Cinquegrana.

Come racconta il giornalista a Gente d’Italia, l’idea del libro è partita da una rubrica di Kalabriatv.it, una webtv per i calabresi nel mondo, in cui è confluito tutto l’impegno di anni dedicati a una tematica che sembra essere stata completamente dimenticata. Dall’esperienza di quella webtv è nato questo libro documentario che analizza l’emigrazione calabrese nelle Americhe, dall’Uruguay al Brasile, dall’Argentina al Canada fino agli Stati Uniti e che si avvale anche del prezioso contributo delle comunità calabresi e dei musei sparsi in queste nazioni.

“Attraverso questa iniziativa vogliamo riscoprire la storia dei nostri emigrati e rivalutarla per cercare di rendere giustizia. Noi ci soffermiamo in particolare sui calabresi ma il discorso si può allargare in generale a tutti quei milioni di italiani che nei secoli scorsi furono costretti a lasciare le loro terre alla ricerca di un futuro migliore” spiega Pirone che si divide tra la provincia di Vibo Valentia e Cuba dove porta avanti diversi progetti di carattere culturale.

“Porto sempre in mente una frase di Pierre Trudeau, presidente del Canada negli anni sessanta. Lui diceva che gli italiani hanno consentito lo sviluppo del Canada e i calabresi, in particolare, lo sviluppo di Toronto. Questo riconoscimento estremamente significativo vale anche per altre nazioni e ci fa capire come i nostri corregionali siano riusciti a inserirsi e affermare il loro talento in questi nuovi paesi portando un contributo determinante ma, allo stesso tempo, privando la loro terra di energie preziose. Noi abbiamo raccolto storie pazzesche e incredibili, storie di successo e di sacrifici che meritano di essere conosciute”. “Ma gli emigrati” -aggiunge- “hanno avuto un ruolo fondamentale anche nei loro paesi di origine. Con le loro rimesse contribuirono alla crescita economica consentendo a tante famiglie di poter comprare ad esempio terreni e case e oltre a questo partecipavano con le donazioni alle feste popolari difendendo le tradizioni”.

Il libro viene accompagnato da una documentazione inedita inviata direttamente dagli emigrati calabresi con lettere, fotografie, carte di imbarco e descrizioni dei luoghi di partenza e di arrivo che arricchiscono il racconto nell’analisi di un complesso fenomeno sociale, politico ed economico.

Nel sogno americano si parla anche dell’Uruguay, terra di approdo di tanti emigrati che hanno testimoniato la loro presenza con diverse fotografie dell’epoca. “L’Uruguay, come tutto il Sud America, è stato importantissimo nella prima ondata emigratoria di fine ottocento, una presenza che è ben visibile ancora oggi” sottolinea lo scrittore. Tra i calabresi illustri c’è innanzitutto Domingo Arena, un anarchico diventato braccio destro del presidente José Batlle y Ordóñez durante un periodo di grande sviluppo per quella che veniva chiamata la Svizzera d’America in quegli anni all’avanguardia nei diritti civili: “Abbiamo in mente di pubblicare altre tre edizioni del libro e sicuramente daremo maggiore spazio a un personaggio di spicco come Arena che in questa edizione è stato citato ma solo brevemente”.

Seppur in contesti estremamente diversi, l’emigrazione non è mai finita denuncia in conclusione l’autore: “La gente non ne può più e continua a emigrare per le condizioni negative e le poche opportunità che continua ad offrire la propria terra. Tutta l’esperienza del passato non ha avuto praticamente alcun insegnamento per la nostra regione. Non bisogna solo valorizzare i calabresi che hanno avuto successo fuori, bisogna anche valorizzare i calabresi in Calabria. Un primo passo per invertire la tendenza potrebbe essere quello di insegnare la storia dell’emigrazione”.

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