di Bruno Tucci
"Pd, a quando la nuova scissione?" Così esclamava giorni fa ironizzando un deputato della maggioranza ai suoi colleghi della sinistra. Non a tutti, per carità. Certo è che per l'invio di armi all'Ucraina, il Pd si è di nuovo contraddistinto. I componenti di Articolo 1, appena rientrati nell'alveo dei dem, hanno votato contro mentre il loro "nuovo" partito si era schierato a favore. Ma la sorpresa è stata quella che sopratutto alcuni fedelissimi "piddini" (neologismo) hanno voltato le spalle ai compagni di sempre e fra questi l'ex presidente della Camera Laura Boldrini, famosa per difendere a oltranza le sue idee.
Comunque sia, questo episodio dimostra ancora una volta quale sia la confusione nel Pd. Ognuno va per conto suo, la disciplina è un termine desueto. Vale solo il principio delle correnti che ora si danno battaglia (quella vera) per far vincere il loro candidato alle primarie e quindi il segretario.
Per quale ragione tanto scalpitare? Semplice: avendo il leader del partito alle spalle è più facile avere la meglio sugli avversari (che sono poi i fratelli ideologici). Insomma, non c'è pace, se si pensa che Bersani, Speranza e gli altri di Articolo 1 avevano fatto ritorno come il figliol prodigo. Alla prima occasione la distanza con i dem si è di nuovo concretizzata, segno che forse questo rientro è stato un pochino frettoloso.
Le due anime che si erano separate tempo fa hanno voluto tentare una tregua perché così divise facevano un gran favore alla destra che praticamente aveva una opposizione fragile che non costituiva pericolo. Non solo, ma l'accordo era stato raggiunto pure perché Enrico Letta era assai favorevole al "campo largo", cioè a quell'alleanza con gli altri dell'opposizione che solo in questo modo poteva sperare di tornare alla guida del Paese.
Okay, non è stato facile, ma nonostante i mugugni, il segretario uscente ha avuto ragione ed ha ritenuto questa una sua ultima vittoria prima di lasciare il campo al suo successore con le elezioni del 26 febbraio. Probabilmente, i colloqui che si sono svolti prima del grande ritorno non erano stati chiari, tanto è vero che si sono "rotti" alla prima votazione di una certa importanza: quella dell'invio di armi all'Ucraina in guerra per l'intero 2023. Concorde tutto il Parlamento, tranne i componenti dei 5 Stelle che, per la verità, non hanno mai fatto marcia indietro.
Giuseppe Conte lo aveva ribadito da sempre e, nonostante qualche tentativo di inciucio, ha tenuto fede alla sua parola insieme con tutti i deputati del partito (o movimento). Che succederà ora? È alle viste una nuova scissione, una nuova spaccatura che renderà più deboli i due schieramenti? La risposta è un no sicuro al novanta per cento (in politica tutto è possibile).
Almeno per il momento è una circostanza che non viene presa nemmeno in considerazione (così sembra) perché si è troppo vicini alla data per il rinnovo della segreteria e il Pd è in tutt'altre faccende affacendato. Lo stesso è per gli ex di Articolo 1: agitare troppo le acque in un periodo delicato come sta vivendo il nostro Paese non gioverebbe nemmeno a loro perché potrebbero svanire anche i voti che avevano da "separati in casa".
Se ne parlerà quindi dopo. Ma sarà un problema di non poco conto. Per una ragione essenziale: Bersani e compagni non hanno mai negato una loro convinzione di unirsi in un unico partito con i 5S stelle, mentre l'attuale segreteria non vede di buon occhio questa unione per paura che i grillini possano fagocitare i dem. Allora, per questi motivi, il problema sarà rimandato non di tanto, a breve. Perchè a seconda di chi prenderà il posto di Enrico Letta si potrà fare qualche previsione: una sinistra-sinistra; o un partito vicino alla sociademocrazia?