ROMA - "Nonostante tutti i tentativi da parte del MAECI di lanciare messaggi rassicuranti, anche all'opinione pubblica, sul rafforzamento della rete consolare, la realtà resta preoccupante, avvilente e disastrosa. Ne sanno qualcosa i colleghi in servizio all'estero allo stremo delle forze. Sono loro che, quotidianamente, devono colmare il buco dei posti vacanti, a fronte di una crescente domanda di servizi consolari". Questa l'accusa che il Coordinamento Esteri della Confsal Unsa affida ad una nota in cui torna a chiedere più personale evidenziando, in particolare, le difficoltà degli impiegati a contratto.
Secondo la Confsal Unsa "i lavoratori in servizio all'estero tra incudine e martello: l'incudine è il MAECI, evidentemente non in grado di creare condizioni di lavoro serene; il martello è la giustificata pressione di una comunità italiana all'estero che ha pieno diritto ai servizi che lo Stato, e solo lo Stato, deve rendere ai propri cittadini. Impiegati di ruolo, impiegati con contratto regolato dalla legge italiana, impiegati con contratto regolato dalle leggi locali, tutti sotto una pressione e uno stress insopportabili".
Gli impiegati di ruolo sono "costretti ad assolvere il servizio all'estero a costo di sacrifici e disagi che coinvolgono le loro famiglie, a condizioni spesso inaccettabili, con un'indennità di servizio (ISE), sempre più inadeguata"; il personale con contratto regolato dalla legge italiana, "una vera e propria specie in via d'estinzione", sono invece "paralizzati da oltre trent'anni dalla negazione di una qualsiasi possibilità di avanzamento di carriera, privi di adeguamenti e che oggi, più che mai, si assumono responsabilità sempre più complesse e mai ricompensate". Quanto ai contrattisti locali, sono "umiliati da uno stato di confusione dettato da contratti ibridi, ai quali sono negati giusti livelli retributivi, riconoscimenti meritocratici, ma anche i più elementari diritti sindacali e la cui partecipazione alle RSU è ancora sottoposta allo smacco del voto apartheid, con le urne dei bianchi e le urne dei neri".
Per il sindacato "il problema è alla base: lo stipendio e l'Ise del personale presso la sede centrale e presso le sedi estere non attirano più nessuno. Non si contano i casi di vincitori di concorso per le AAFF, i quali, una volta appresa l'entità del futuro stipendio, si congedano cortesemente con un "Non mi conviene, arrivederci e grazie". Stessa tendenza sulla rete estera, nella quale assumere un lavoro in consolato con stipendi e contratti regolati dalle leggi locali, non fa più gola ad alcuno. Nessuno vuole andare in servizio all'estero, chi già vi presta servizio, aspetta l'occasione giusta per squagliarsela. La tendenza ad assumere personale interinale, con la creazione di un rapporto di lavoro precario, privo di alcuna protezione sindacale, sottoposto a sfruttamento delle ditte mediatrici, è l'ultimo tappo fradicio messo sui buchi che si sono così creati".
Quanto alla "sicurezza del personale all'estero", la Confsal Unsa Esteri ironizza sulla "rassicurante presa di posizione del Ministero" quando invece "funzionari e impiegati dei consolati e delle ambasciate si guardano tre volte le spalle quando lasciano l'ufficio, dopo una giornata di esasperazione per l'enorme mole di lavoro, la svalutazione dello stipendio, le oscillazioni del cambio di valuta che oggi fanno guadagnare somme diverse mese per mese, e una gerarchia consolare (su dieci impiegati, quattro tipi di contratti diversi, quattro stipendi differenti, tutti per lo stesso lavoro) che farebbe ridere pure i bizantini".
Il sindacato evoca, quindi, lo sciopero: "mentre i colleghi francesi bloccano il Paese per una proposta di legge che li vuole collocare a riposo a 64 anni (per noi già ora 67 e non è finita qui,) noi siamo ancora fermi a fronte di tanta, insopportabile sciattezza e disorganizzazione delle nostre carriere lavorative. Ma non a lungo. Ogni corda, se tirata troppo, si spezza e una cosa è certa: la corda che imbriglia da anni il personale di ruolo e a contratto del MAECI (una volta per la crisi economica, una volta per il governo Monti e compagnia bella, una volta per la crisi energetica, una volta per la guerra, una volta per l'inflazione) è decisamente troppo tesa e destinata a spezzarsi".