ROMA - Aveva il destino nel nome Franco Zeffirelli che il 12 febbraio avrebbe festeggiato cento anni.
Nato figlio illegittimo del commerciante di stoffe Ottorino Corsi (imparentato con gli eredi di Leonardo Da Vinci) e della fiorentina Alaide Garosi Cipriani, il piccolo Gian Franco fu registrato all'anagrafe con un nome di fantasia, secondo le leggi dell'epoca (il 1923, primo anno dell'era fascista): la madre, narrava l'artista, si ispirò agli "zeffiretti", gli spiritelli dell' Idomeneo di Mozart e quei venti malandrini furono una sorta di segno del destino che, con orgoglio, Zeffirelli non avrebbe più lasciato anche quando il padre volle riconoscerlo, a 19 anni.
Cresciuto in collegio con autorevoli precettori come Giorgio La Pira, diplomato all'accademia di Belle Arti, si mise subito in mostra come scenografo e costumista di raffinata formazione, tanto da attirare l'attenzione di Luchino Visconti che lo volle con sé per una messa in scena di Shakespeare. Nasceva così un sodalizio artistico e umano che avrebbe segnato tutta la vita del giovane toscano, che fin dai primi anni '50, si dimostrò un'autorità nel mondo del teatro e della lirica, grazie ai numerosi allestimenti firmati, da scenografo, costumista, regista. A lungo osteggiato in patria per convinzioni politiche (antifascista ma fieramente anticomunista) e religiose (cattolico intransigente nonostante un'omosessualità mai celata), Zeffirelli non ha mai avuto vita facile in patria, al contrario dei suoi conclamati successi nel mondo. E' quindi difficile rileggerne oggi la parabola artistica senza tener conto dei pregiudizi - ma anche delle critiche oggettive - che hanno spesso accompagnato il suo lavoro, in particolare al cinema. Temperamento sanguigno, focoso tifoso della "sua" Fiorentina, parlamentare e amico personale di Silvio Berlusconi, Zeffirelli rimane un esemplare rampollo della migliore toscanità. Il museo che racchiude oggi a Firenze i tesori della sua collezione e della sua parabola artistica, rimane un esempio raro di cultura "rinascimentale". Di lui si potrebbe dire che "pochi hanno amato l'Italia e la sua cultura come lui, ancor meno sono stati capaci di essere esaltati e vituperati quanto lui".