di ROBERTO ZANNI
Oggi Dawson è una città fantasma, si trova negli Stati Uniti, nel New Mexico in Colfax County. Ci sono solo alcuni edifici fatiscenti dopo che una ventina d'anni fa le anche le alte ciminiere furono demolite in quanto rappresentavano ancora un elevato onere per i proprietari di quelle terre. Ma è rimasto un luogo a Dawson per certi versi ancora intatto: il cimitero che fa anche parte del National Register of Historic Places. È pieno di croci di ferro dipinte di bianco che ricordano soprattutto i tanti minatori che lì persero la loro vita. Perchè Dawson per diversi anni in particolare all'inizio del '900 fu la sede di un'intensa attività mineraria, si estraeva il carbone e i proprietari, la Phelps Dodge Corporation, per attirare i minatori a lavorare da quelle parti cominciò anche a costruire case e persino un piccolo ospedale. C'erano cinema, piscina, il campo da golf e nel 1912 fu addirittura creata una squadra di baseball che partecipava a una delle tante 'minor league' americane.
In questo modo la corporation proprietaria delle miniere riusciva ad avere un alto numero di lavoratori, nonostante il luogo fosse completamente isolato. Era definito quell'insieme di miniere di carbone come un modello all'epoca e soprattutto sicuro perchè dotato di attrezzature che erano all'avanguardia. Ma purtroppo non era così. C'erano all'epoca dieci miniere in attività, chiamate Stag Canyon oppure Dawson Mine, seguite da un numero. I minatori erano soprattutto emigranti e in particolare quelli appena arrivati, tra questi tanti italiani. Un paradiso, almeno così volevano farlo passare in quei tempi, che divenne presto purtroppo un inferno. Dawson infatti è stata l'epicentro, il 22 ottobre 1913 e l'8 febbraio 1923, di due terribili tragedie minerarie: 263 morti nella prima, di cui 140 italiani, 123 nella seconda molti dei quali erano scampati dieci anni prima alla morte.
Tanti i connazionali tra le vittime. E ora ricorre il centenario del secondo disastro che è ricordato da tutta la comunità italiana e italoamericana e in particolare dalla Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo: "Dawson - si legge nel messaggio dell'associazione - detiene il triste primato del numero più alto di lavoratori morti in disgrazie minerarie in tutta la storia dell'emigrazione italiana (dopo Monongah ndr). Il 22 ottobre 1913 il gas esplose allo Stag Canyon #2. Fra le 263 vittime, 140 erano italiane e di queste 38 avevano lasciato l'Appennino modenese per cercare fortuna in quello stato lontano: 17 erano di Fiumalbo, 15 di Monfestino di Serramazzoni, 3 di Pievepelago, 2 di Riolunato e una di Fanano. Dieci anni dopo, l'8 febbraio 1923, nel campo numero 1 si consumò un'altra tragedia: i morti furono 123, una ventina gli italiani. Fra questi i modenesi Pacifico Santi di Fiumalbo, 31 anni, già scampato alla esplosione di dieci anni prima e Luigi Cassani nato a Pievepelago nel 1896".
Le miniere, la città di Dawson, restarono in attività dal 1899 fino alla chiusura decretata il 28 aprile 1950, quando uscì l'ultimo carico di carbone dal pozzo numero 6. In mezzo secolo di attività la miniera produsse 33 tonnellate di carbone, ma sarà ricordata per sempre per il sacrificio di tanti emigranti, in particolare proprio gli italiani. Una storia quelle delle miniere negli Stati Uniti accompagnata da innumerevoli tragedie che hanno visto tanti, tantissimi emigranti in particolare italiani, morire nella speranza di averne una più felice. La più terribile a Monongah nel West Virginia, il 6 dicembre 1907, 361 minatori morti. Rimasta poi nascosta per decenni fino a quando fu scoperta nel 2003 dal nostro Direttore Mimmo Porpiglia che ricordò in questo modo i tanti italiani che in quella cittadina, oltre un secolo fa, lasciarono la loro vita (171 la cifra ufficiale, ma sicuramente erano di più) riuscendo anche a far arrivare lo Stato italiano. Ma purtroppo non fu l'unica, tra le più tristemente famose, oltre anche a Dawson, ci sono state in particolare Scofield (Utah) nel 1900 con 200 morti e Cherry (Illinois) con 259 (44 gli emiliani) nove anni dopo, nel 1909.