I risultati delle elezioni svoltesi domenica e lunedì scorsi nel Lazio e in Lombardia non vanno relegati nel dimenticatoio. Sarebbe un forte errore quello di considerarli soltanto un test locale non destinato ad influire sulla politica nazionale. Se lo facessero i partiti sbaglierebbero perché quel test, contrariamente a quel che hanno fatto mostra di ritenere, ha fornito indicazioni dalle quali non potranno prescindere nel prossimo futuro. Cerchiamo di individuare quali.
La vittoria della coalizione di centrodestra peraltro nettissima, è stata ottenuta, non dimentichiamolo, grazie all'unità mantenuta dai tre partiti che la compongono e che hanno narciato all'unisono. Questo vuol dire che, al di là di ogni retorica, la formula dell'unità risulta una "formula vincente" e Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega faranno bene a rinunciare alle reciproche punture di spillo che hanno caratterizzato la prima parte dell'attuale legislatura. Altrimenti il centrodestra finirà con lo sfaldarsi, così come si è sfaldato il centrosinistra.
Quanto al centrosinistra la sconfitta subita, in particolare nel Lazio dove deteneva da dieci anni il primato, si tratta della palese dimostrazione che non è più, neppure formalmente , presentabile come forza alternativa. L'accoppiata Pd-Cinquestelle sulla quale hanno puntato sia Zingaretti sia Letta è un'accoppiata perdente, improponibile. Di questa improponibilità il voto regionale ha dato una certificazione che potremmo dichiarare definitiva.
E colui (probabilmente Bonaccini) che si accinge a assumere la guida del Pd dovrà prenderne atto rendendosi anche conto che non bastano cambiamenti di facciata come la sostituzione di questo o quel dirigente; occorre un radicale cambiamento della politica e porre fine una volta per tutte alle piccole, mediocri e meschine discriminazioni di questi anni (come, per scendere al concreto quella operata e che tuttora si sta operando nei confronti di Matteo Renzi)
C'è una terza indicazione che emerge dal voto e riguarda sia il centrodestra sia il centrosinistra. Concerne l'astensionismo che ha assunto dimensioni macroscopiche, al di là di ogni previsione: un vero e proprio record negativo. La fuga dalle urne dimostra in modo inequivocabile che i cittadini guardano alla politica con totale indifferenza considerandola del tutto estranea alla loro vita. Per la gente è "altro da sé" e questo non è un bene se è vero che una democrazia non può fare a meno del contributo popolare.
Ecco, allora, un compito che dovrebbe unire le due coalizioni: restituire alla politica il ruolo che le compete e che, con l'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica nel quale in molti avevano fatto affidamento dopo il ciclone di tangentopoli, ha perduto. Sono queste le indicazioni scaturite dalle elezioni nel Lazio e in Lombardia. Possono apparire banali e semplicistiche, ma sono essenziali e imprescindibili. Se dovessero essere disattese non solo questo o quel partito, ma l'intero paese ne subirebbe un danno non irrilevante
OTTORINO GURGO