di Bruno Tucci
Partito democratico e Cinquestelle fanno il loro lavoro pensandola diversamente e in maniera totale dal centro destra. Meno digeribile per Palazzo Chigi è il comportamento degli alleati che fanno parte della maggioranza, insomma di Lega e Forza Italia. Tutto questo Giorgia Meloni non riesce ad afferrarlo e invece spiegarlo è semplice e il premier ne sarà convinto.
Facciamo un passo indietro di almeno un paio di anni. Quando la Meloni uscì dal Popolo della Libertà per fondare Fratelli d'Italia, i sondaggi la davano al quattro per cento. Un numero davvero poco incoraggiante, tanto più che gli amici della destra veleggiavano assai al di sopra di quella cifra.
Ecco, dunque, il primo dono della premier: la pazienza unita ad una forte caparbietà che non la fa arretrare nemmeno di un centimetro quando ha preso una decisione che lei ritiene giusta.
Come siano andate le cose è storia recente: un balzo in avanti di molti punti, un gap con gli alleati quasi inverosimile ed il sorpasso compiuto nei confronti della sinistra. Che guardava incredula e anche impotente all'ascesa della giovanissima presidente del Consiglio.
Dunque, un successo oltre ogni previsione alle politiche e la scelta obbligatoria del Capo dello Stato di affidarle l'incarico della guida del Paese. Da quel momento si è andati alla caccia di qualsiasi espediente pur di intralciare il suo cammino e renderle difficilissima la vita da premier.
Ora, l'opposizione è sacrosanta, fa parte del gioco politico, anzi fa da sprone a chi "comanda" per far comprendere agli avversari gli errori compiuti. Ma tutto questo non deve togliere decoro al Paese di cui sei cittadino. È come gettare il bambino con l'acqua sporca. La sinistra è d'accordo? Tutti sperano di si perché altrimenti ogni tentativo sarebbe inutile per la Nazione Italia.
Ma il melonismo innervosisce (per essere buoni) anche chi dovrebbe essere dalla sua parte senza se e senza ma. Allora, per quale ragione avviene il contrario? Perchè Giorgia deve guardarsi anche dagli attacchi di chi governa con lei? E' una questione di orgoglio: non comprendere che il mondo cambia portandosi appresso "rivoluzioni" che nessuno si aspettava. Per essere più chiari: non si può diventare secondi quando si è stati primi per diversi anni.
Ad esempio, Matteo Salvini, arrivato a un passo dal suo sogno, Palazzo Chigi, e poi retrocesso per valutazioni sbagliate (di chi la colpa?). Ancora (e certamente assai di più) Silvio Berlusconi che ha creato Forza Italia, ha governato per anni dominando la scena politica del nostro Paese. Ora costretto dal voto degli italiani a essere il terzo e quindi l'ultimo della compagnia.
Il tempo è tiranno, non guarda in faccia nessuno. Berlusconi, da uomo intelligentissimo quale è, (oltre che grande imprenditore) deve sapere e lo sa, che ad un certo punto della vita le stelle non brillano più come una volta. Permettetemi un esempio personale: è come se chi scrive pretendesse oggi di essere il direttore del Corriere della Sera (giornale in cui ha vissuto venticinque anni) alla mia veneranda età che sfiora i novanta. Sarebbe come pretendere la luna, ma questo compito è difficilissimo se non impossibile.
Quindi, non sono comprensibili le sparate di Salvini e del Cavaliere quando il presidente del Consiglio sta portando al di fuori delle secche un Paese che deve combattere una grave crisi economica. Ora, stiamo ai fatti: è fuor di dubbio che il premier sia riuscito per il momento a ridare credibilità italiana all'Europa. Oggi, i paesi che contano sanno che questo cambiamento è frutto della Meloni. Adesso a Bruxelles, come a Parigi e a Berlino, la nostra voce si fa sentire e condiziona in parte le scelte dell'Unione Europea.
Se il merito di questo successo lo si deve al centro destra, gli alleati della maggioranza non dovrebbero compiere passi contrari per ostacolare questa nostra rivincita. Se volete, non chiamiamolo più "melonismo", ma Giovanni, Andrea, Alberto, Guido, però facciamo in modo che non si torni indietro ai tempi dell'Italietta.