DI STEFANO CASINI
Nessuno degli italiani con i capelli bianchi che vivono in Uruguay, potrá mai dimenticare Giampaolo Colella, Giampi per gli amici.. Nacque a Roma il 17 maggio del 1935 e fu il Console degli anni di piombo, della storia dei Tupamaros, del Golpe, dei militari, del Plan Cóndor e salvó vari italiani compromessi politicamente, un po' come fece Tommaso De Vergottini a Santiago del Cile.
Ricordo che ci vedevamo con un gruppo di amici e alla fine degli anni 70 e principio degli 80, andavamo spesso a cacciare. La caccia era la sua passione e mi convinse di accompagnarlo: cacciavamo lepri o pernici e ci divertivamo molto. Persona dolcissima, affabile, simpaticissimo, una persona veramente deliziosa che, dopo Montevideo, andó a fare il Console a Londra. Si è spento ieri a Roma, la sua cittá natale. Visse i momenti piú lugubri dei rapporti dell'Uruguay con l'Italia. Era l'epoca della dittatura militare, del Plan Condor, delle tensioni, insomma momenti da dimenticare. Ma Giampi fu sempre all'altezza, sempre con il casco pronto e in trincea. Durante il suo lavoro a Montevideo, dovette avere a che fare con gravissimi problemi politici con molti italiani che potevano essere arrestati dalla dittatura militare. Tra l'altro, ha scritto vari libri raccontando quelle incredibili storie di cui fu protagonista, correndo anche pericolo in varie occasioni.
Vogliamo ricordare una di quelle dure storie di "desaparecidos", nella quale fu coinvolto anche il nostro ricordato Giampaolo Colella.
LA TRISTE STORIA DEI DESAPARECIDOS
"Umberto Bellizzi scomparve il 19 aprile 1977 a Buenos Aires. Con lui scomparve la sua carta d'identità e il passaporto italiano. L'unica cosa che gli rimase fu ciò di cui non avrebbe più avuto bisogno: il documento di soggiorno argentino che gli era stato concesso il 22 marzo, a quasi un mese dalla scadenza, che continua in perenne attesa.
La mamma María, ultranovantenne, ha ricordato che il 14 aprile di quel lontano 1977, Jorge Goncálvez, un amico di Umberto, fu arrestato. Cinque giorni dopo, alcuni uomini si presentarono dove lavorava Umberto, con l'intenzione di assumere il "ragazzo che dipinge"; Era il laboratorio Tabaré, che aveva aperto un anno prima a casa sua – in via Berto Venitre, tra Sarmiento e Uruguay – per fare lavori di pittura e pubblicità assieme al socio Ricardo Pérez.
María ha dichiarato che suo figlio rispose ad alcuni "uomini misteriosi" e che stava accettando dei lavori con la compagna, e per questo si trasferirono a Buenos Aires, in via Santa Rosa e viale San Martín.
Il contratto era presumibilmente per un seminario di "grande pubblicità", ma, a dir la veritá, questi misteriosi signori facevano sospettare, soprattutto per la forma come era nato questo contatto, ma, lo stesso, accettarono. Umberto andó sul luogo concordato, all'uscita di un liceo notturno. Secondo la mamma, il contatto per il lavoro si chiamava "Maggiolo", il presunto proprietario di una casa che vendeva oro. Da quel momento, di Umberto non si seppe più nulla. Suo padre, Andrea Bellizzi, contattó Ricardo Pérez quando notó la sua assenza e si recó a Buenos Aires. Nella capitale argentina inizió, anche con tanta paura, un periplo per numerose stazioni di polizia, anche della provincia.
María ricorda che suo marito, per primo, presentó una denuncia alla 5a Sezione della Polizia Federale. Poi si recó al Dipartimento degli Affari Esteri. Qui comandava il colonnello Víctor Castiglioni, l'ispettore Hugo Campos Hermida, Carlos Calcagno, membro dei servizi segreti S2, il colonnello Manuel Cordero e José Gavazzo, capo dei Servizi Segreti, tutti uruguaiani e loschi personaggi del Plan Condor. Il funzionario che rispose alle prime domande del padre di Umberto, disse: "Ah, un ragazzo con un doppio cognome, non è qui". "A causa di come ricordava il doppio cognome, significa che sapevano esattamente dov'era", ha commentato mamma María.
La prima denuncia in Uruguay la fece il padre di Umberto una mattina di maggio del 1977 all'ambasciata italiana (erano cittadini italiani), come suggerito da Ana Barrios, cugina di Gerardo Gatti. Il console italiano era questo carissimo amico e grande funzionario di allora, Giampaolo Colella, che raccolse la dichiarazione della famiglia Bellizzi. L'interrogatorio si concentró sulle possibili motivazioni della scomparsa. Colella le chiese se questa scomparsa fosse per ragioni politiche, e María rispose che non sapeva di cosa si trattasse, perché avevano capito che Umberto era emigrato per motivi economici e non stavano valutando la possibilità che fosse stato membro di qualche gruppo terrorista dell'Uruguay o Argentina.
Quello stesso pomeriggio, i Bellizzi proseguirono il giro al ministero degli Esteri dell'Uruguay, dove fecero una denuncia. Una settimana dopo, i parenti di Umberto furono convocati per dare loro una risposta. María ricorda di essere stata assistita da un funzionario che gli disse: "Tuo figlio è in custodia, ma non si conosce né il luogo né la causa". Da quel momento in poi andarono più volte per vedere se potevano avere qualche indizio, ma non ebbero fortuna. María aveva la sensazione che li evitassero: "Ti dicevano che se n'era andato con una ragazza e poi si faceva vivo". Smisero di insistere sulla cancelleria e continuarono la perquisizione al Ministero dell'Interno; lì un commissario disse loro che c'erano tre persone richieste, ma nessuna corrispondeva al nome del loro figlio.
Un mese dopo andarono a cercare i risultati delle indagini presso l'ambasciata italiana di Montevideo. María, che ha sempre conservato i messaggi pronunciati dalle autorità. Li ricorda così tanto da poter precisare a memoria quali furono le parole di Colella: "Umberto non è richiesto. I militari argentini ammettono di averlo arrestato. È accusato di aver partecipato a una riunione non autorizzata e nient'altro". María ha ricordato la situazione e disse di Colella: "Quest'uomo ha abbassato lo sguardo e, da quel momento, ho avuto la sensazione che mio figlio non esistesse più".
L'unica agenzia che ha fornito risposte su dove si trovasse Humberto è stata l'ambasciata italiana; nel 1977 Giampaolo Colella presentò le relative denunce dinanzi ad organizzazioni internazionali come l'Organizzazione delle Nazioni Unite e la Croce Rossa. Trascorso un anno fu sostituito dal console Carlo Alabastro. Il segretario lo informò che il console rimosso aveva discusso del caso Bellizzi Bellizzi con Castiglioni, un ispettore della Direzione nazionale di intelligence e di collegamento. "Da lì è stato lasciato a me che Castiglioni c'entrasse qualcosa", ha concluso. Pare che, il nuovo console Alabastro chiese informazioni al governo uruguaiano che gli rispose che non erano affari suoi.
Nessuno sa che fine abbia fatto Umberto Bellizzi. Forse lo portarono in Uruguay, forse lo hanno fatto fuori, come decine di migliaia, in Argentina, forse lo gettarono da un elicottero sul Río de la Plata. Ma queste sono solo supposizioni!!"
Giampaolo Colella è stato un grande Console italiano, di quelli che, purtroppo, ho visto ben pochi dal mio arrivo in Uruguay nel 1965 e fu anche mio professore alla Scuola Italiana, pensate un po', di Spagnolo. Profondo conoscitore delle due lingue, ha scritto numerosi libri, tra cui anche uno, raccontando la storia di Umberto Bellizzi.