Elezioni, ancora, tocca alle amministrative. Non c'è pace per l'Italia che va alle urne. Il 14 e 15 maggio (cioè presto) si voterà in 591 comuni.
Ancora prima, il 2 e 3 aprile, sarà la volta del Friuli-Venezia Giulia, dove Pd e 5Stelle andranno a braccetto per cercare di avere partita vinta contro il presidente Massimiliano Fedriga, uomo di punta della Lega. Il rinnovo dei consigli comunali (e dei sindaci) vedrà protagoniste città importanti, come Brescia, Catania, Pisa, Treviso, Vicenza, Siena; in tutto diciotto capoluoghi.
Perché ha una notevole importanza questa consultazione? Per la semplice ragione che sarà la prima volta che Giorgia Meloni e Elly Schlein si sfideranno. Insomma, bisognerà verificare se è iniziato il nuovo corso del Pd (l'ultimo sondaggio gli ha dato un più otto per cento). E se il premier, dopo la luna di miele del governo di centro destra, non ha cominciato a ridurre le sue preferenze (un calo del quattro per cento rispetto ai mesi di gennaio e febbraio).
Non sarà l'unica nota di rilievo: l'abbraccio tra i dem e i grillini dopo l'esperimento del Friuli sarà solo una rondine che non fa primavera? Certo se la coalizione riuscisse a strappare lo scettro alla Lega il discorso diventerà assai interessante. Giuseppe Conte e Elly Schlein non pottrebbero far finta di niente se l'alleanza avrà iniziato a dare i suoi frutti.
Previsione difficile, comunque, perché l'attuale vertice del centro destra che guida il Friuli appare fortissimo e quindi favoritissimo. Certo, il segreto nelle urne riesce spesso a fornire sorprese, tentare quindi non costa nulla. Se, al contrario, Fedriga rimarrà saldamente seduto sulla poltrona di governatore, i dubbi e le perplessità dei cinque stelle e dei "piddini" rimarranno, se non aumenteranno.
Come è facile constatare, quindi, non sarà di poco questo duplice voto del 2 e 3 aprile e del 14 e 15 maggio. Dalla maggioranza qualcuno nutre timori? Giorgia è certa che la situazione non cambierà? L'interrogativo è quanto mai attuale perché gli ultimi episodi italiani che hanno coinvolto la politica non hanno sicuramente giovato al governo.
La strage di Cutro, le parole molto criticate del ministro Matteo Piantedosi, la "fuga" dal Parlamento (secondo i dem) di Matteo Salvini non sono stati a favore di chi guida il Paese. La Meloni si raccomanda, suggerrisce ai suoi più stretti collaboratori di intervenire sempre con prudenza, ma anche il presidente non è uscito indenne da questa buriana. Non essere andata a rendere omaggio alle salmedel naufragio, la decisione di facciata di riunire il consiglio dei ministri nella sede comunale del piccolo paese calabrese, hanno influito ancora di più ad esacerbare gli animi.
Friuli a parte, i cittadini dovranno fare le scelte in 591 comuni, alcuni dei quali di sicura importanza. I conti e le successive polemiche si faranno dopo quando il 28 e 29 maggio si andrà al ballotaggio. Quanti sindaci rimarranno a destra e quanti a sinistra? Nei 18 capoluoghi che cosa avverrà? Sono questi gli interrogativi di fondo a cui dovranno rispondere le consultazioni.
Su un altro dato bissognerà riflettere: il problema dell'assenteismo che ha lasciato perplessi tutti, a destra come a sinistra. Perchè si verifica un simile danno? La risposta è fin troppo ovvia: il popolo è stanco di sentir polemiche con scontri a volte inimmaginabili fra l'una l'altra fazione. Tutto questo quando il Paese attraversa un periodo difficile con la povertà che incalza tanto è vero che molte famiglie riescono a malapena a mettere insieme il pranzo con la cena. È chiaro che stando così le cose, gli italiani si disamorano, si allontanano dai palazzi e protestano non andando a votare.
Avranno finalmente capito il ritornello i nostri parlamentari? Oppure continueranno a menarsele di santa ragione dimenticando ciò che la gente chiede? Non sarà dunque il caso di deporre l'ascia di guerra e iniziare un percorso che dia i suoi frutti? Con la maggioranza che prende le dovute decisioni, l'opposizione che non scorda di fare il cane da guardia. Tutto questo nell'interesse di un Paese che vuole soltanto tornare ad un passato non lontano quando si poteva verificare il lavoro di Camera e Senato e agire di conseguenza alle urne.
BRUNO TUCCI