di Bruno Tucci
Parola di Elly Schlein. Signori (o compagni se preferite) si torna indietro. E' questa l'aria che tira a Rimini dove si svolge il XIX congresso della Cgil. Il profumo che si respira è quello di un pericoloso ritorno al passato.
Svanisce quell'odore di social democrazia, di progressismo moderato degli ultimi anni per una clamorosa marcia indietro che potrebbe dare (come già dimostrano i sondaggi) grandi risultati. "Attenzione", sembra dire un'applauditissima Elly Schlein, "Se non cambiamo strada finiremo con lo svanire". Venti interruzioni durante il suo intervento per il battimani della platea. Lei sorride, è compiaciuta, benedirà il giorno in cui ha deciso di iscriversi al partito solo pochi mesi fa.
D'accordo, ma quale partito? Non quello che ha trovato avendo alla guida Enrico Letta e la vecchia generazione. Un gruppo diverso, più giovane, più aggressivo: quello giusto per stare all'opposizione della destra e del governo Meloni. Una squadra nuova, quindi, che non avrà nulla a che fare con i dem degli ultimi tempi. "Se si vuole davvero combattere contro questo esecutivo dobbiamo "rivoluzionare" quel che è avvenuto nel recente passato".
Chi ascolta in platea sorride, è orgoglioso, fa si con la testa e rivolgendosi a chi gli è a fianco, sembra dirgli: "Hai visto? La musica è cambiata, il ritornello è diverso e torneremo di nuovo a cantare Bella ciao".
Nell'aria che si respira al congresso della Cgil c'è profumo di Pci, di un ritorno ai vecchi schemi ed alle vecchie idee che portavano in piazza decine di migliaia di persone.
Maurizio Landini gongola. Alla fine del discorso della segretaria del Pd dice esclamando ai giornalisti: "Questa è casa sua. Sarà sempre bene accolta". Gli applausi non sono soltanto per lei, ma in gran parte anche per Giuseppe Conte, mentre Carlo Calenda viene sonoramente fischiato.
E' la prima prova di quel "campo largo" vanamente inseguito da Letta? Le prime mosse sembrano quelle giuste. Se ne avrà una dimostrazione il 2 e 3 aprile quando si voterà per eleggere il nuovo vertice del Friuli Venezia Giulia. In quella regione Pd e 5stelle hanno trovato un accordo per vincere contro il favoritissimo Massimiliano Fedriga. Se il risultato sarà favorevole, allora probabilmente, il patto non finirà quel giorno, ma andrà avanti. Con il beneplacito della Schlein? Eh, si.
Per il momento alla segretaria serve solo dimostrare che con lei seduta sulla poltrona di Via del Nazareno, il partito ha avuto un sussulto. Questo non lo si può negare se è vero, come è vero, che negli ultimi sondaggi il risultato è stato di un più 0,8 per cento. Non solo, ma la prova del nove è data anche dal regredire dei Fratelli d'Italia che hanno lasciato per strada quel 30 per cento di cui andavano estremamente orgogliosi.
Naturalmente, come è logico che sia in un partito, non tutti sono con Elly. Soprattutto la vecchia guardia di cui la Schlein non ne vuole proprio sapere. "Con loro, spiega in privato ai suoi fedelissimi, abbiamo compiuto un capitombolo. Vogliamo continuare a stare in mezzo al guado?" I moderati dei dem continuano a interrogarsi e non si capacitano di questa svolta. Hanno impiegato anni per mutare il volto del Pd. E ora? Il balzo in avanti acceca la base, però fra qualche tempo, passata la sbornia del successo, se ne pagheranno le conseguenze. Si vuole davvero tornare all'antico e percorrere la strada dell'ormai vecchio Pci?
Non saranno tempi facili per la nuova segreteria, perché non appena si avrà un intoppo e le critiche torneranno a farsi sentire, le colombe dei "piddini" punteranno il dito contro i falchi. Per ora alla Schelin nessuno (o pochissimi) sembra dire di no. Salire sul carro del vincitore è una vecchia regola che non è stata mai dimenticata. Ma, in sordina e senza farsi scoprire, c'è chi commenta: "La segretaria evita le domande perché non ha le risposte" Quanto durerà, se durerà, il nuovo corso?