di Bruno Tucci
Meloni in casa di Landini. Bella ciao o ciao belli? L'interrogativo è ironico e tagliente, ma pur tuttavia di grande attualità. Qual è il risultato di Giorgia Meloni al XIX congresso della Cgil?
Vediamo i fatti senza entrare per il momento nel merito. Primo punto: erano 27 anni che un presidente del Consiglio disertava questa manifestazione del più grande sindacato italiano. L'ultimo era stato Romano Prodi, ma fare un paragone fra i due sarebbe assurdo: l'uno leader dell'Ulivo, l'altra fondatrice di Fratelli d'Italia.
Secondo punto: il coraggio. Questo sostantivo è in prima linea nei commenti dei più importanti giornali italiani. Una parte (quella contraria alla maggioranza) parla di uno spot che non è affatto riuscito alla Meloni. I favorevoli a Giorgia sostengono invece che il premier ha dimostrato le sue capacità non indietreggiando dinanzi ad una platea a lei non favorevole. Ricordate che cosa scrive Alessandro Manzoni riferendosi a Don Abbondio: "Se uno il coraggio non lo ha non se lo può dare". Dunque, qual è la risposta?
Terzo punto: la rispettosa disponibilità avuta da Maurizio Landini nel momento in cui Giorgia si è presentata alla platea. "Anche se non siamo d'accordo su molte delle sue idee, noi dobbiamo ascoltare, è il diritto di tutti far sentire la propria voce".
Quarto punto: gli oltre mille delegati presenti in platea hanno seguito con grande attenzione le parole del segretario. Solo uno sparuto gruppo di estremisti, vestiti con una maglietta rossa, ha intonato "Bella ciao", innalzando il pugno caro al Pci. Gli altri hanno seguito silenziosi e in maniera corretta i quaranta minuti dell'intervento concedendo anche un applauso alla Meloni quando ha ricordato l'assalto di un gruppo di facinorosi (dell'ultra destra) alla sede romana della Cgil. Gesto sconsiderato e riprovevole che la Meloni ritiene grave e inaccettabile.
Quinto punto: al termine del suo discorso il premier si è intrattenuto per tre quarti d'ora con Maurizio Landini parlando non di the e biscottini, ma dei gravi momenti che attraversa il Paese, forse i più delicati dal dopoguerra ad oggi. Sesto punto: la Meloni non ha sbattuto la porta in faccia alla Cgil, ma si è detta favorevole al confronto anche se fra lei e loro ci sono distanze abissali.
"Su questo argomento sono perfettamente d'accordo con il vostro segretario, perché la voce dell'opposizione è un bene anche per la maggioranza: alla fine si possono trovare vie d'accesso comune per arrivare a fare il bene della Nazione"
Positiva o negativa la presenza della Meloni al congresso di Rimini? Noi riteniamo che un grande passo in avanti sia stato compiuto: quello del linguaggio fra premier e leader della Cgil. Avversari, ma non per questo da lapidare e mettere all'angolo. Un "gentlemen agreement" che dovrebbe essere d'esempio per quanti siedono sui banchi di Montecitorio o di Palazzo Madama. Purtroppo, invece, non è così, tanto è vero che il popolo che legge e non capisce finisce con il non andare alle urne.
Ritornando a Rimini ed entrando nel merito dei problemi affrontati dal presidente del consiglio, c'è chi plaude e chi la critica aspramente. Fa parte del gioco politico, è normale. Sarebbe assurdo pensare il contrario. Rimane comunque il fatto che è nato al meeting della Cgil un nuovo modo di affrontarsi e di discutere pur essendo lontani anni luce dalle opinioni dell'uno o dell'altro.
Merito di Landini o della Meloni? Di entrambi, grazie a Dio, senza dimenticare il servizio d'ordine del sindacato impareggiabile nella circostanza. Rimane l'interrogativo di fondo: Bella ciao o ciao belli? Questo lo diranno gli elettori al primo voto utile di una certa importanza: quello delle europee nel 2024.