di Anonimo Napoletano
La Capitale d'Italia è sempre più ostaggio dei clan criminali. A Roma in soli sei giorni si sono contati tre morti ammazzati. Tutti legati alle guerre per il controllo delle zone di spaccio. Guerre che nascono da lontano, dalla frattura che un boss di camorra trapiantato nella Capitale, Michele Senese, ha scatenato. Il punto di non ritorno è stato l'omicidio del capo ultras della Lazio Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Era il 7 agosto del 2019 e proprio in questi giorni il processo per quell'omicidio porta alla luce retroscena inediti, ma segna anche una battuta d'arresto con il proscioglimento dei tre presunti mandanti.
Ma andiamo con ordine. Dicevamo della scia di sangue degli ultimi giorni. Tre morti ammazzati, nella Capitale dell'ottavo Paese più ricco del mondo. Capitale dove ora manca anche il prefetto, visto che il massimo responsabile della sicurezza pubblica in città, anche lui un napoletano, Bruno Frattasi, è stato promosso dal Governo al vertice della struttura di cybersicurezza nazionale.
L'8 marzo a Casal dei Pazzi, quartiere di Rebibbia, due killer in moto uccidono Mihai Stefan Roman, muratore romeno di 33 anni. Per gli inquirenti si tratta di un regolamento di conti nell'ambito dello spaccio di droga. Passano poche ore e dall'altra parte della città, a Primavalle, viene ucciso un altro romeno, Adrian Pascu, 30 anni, anche lui sembrerebbe legato al traffico di droga. Che in quel quartiere è gestito da famiglie legate alle batterie di Montespaccato in guerra con i napoletani di base al Casilino. E proprio ai napoletani è legata la vittima del terzo omicidio della settimana. Si tratta di Luigi Finizio, 51 anni, massacrato con quattro colpi di pistola da due giovani in scooter mentre era fermo al distributore di benzina per rifornire la sua Twingo. Il bersaglio dei killer era cugino di Girolamo Finizio, imparentato con Angelo Senese (hanno sposato due sorelle). Angelo, con i fratelli Michele e Gennaro Senese si stabilì nella Capitale negli anni '70, Venivano da Afragola, regno del clan Moccia. A Roma hanno fatto affari e sono diventati potenti. Gennaro, detto "Doppio Sorriso", è finito ammazzato. Michele, detto "o pazzo", è invece ritenuto dagli inquirenti il leader della famiglia malavitosa e quello che ha scatenato l'ultima guerra tra narcos nella capitale. L'omicidio di Luigi Finizio sarebbe, secondo gli investigatori, la vendetta per l'agguato a cui è miracolosamente scampato Paolo Ascani, cognato di Roberto Spada, boss di Ostia. Per quel tentato omicidio sono stati arrestati ma poi rilasciati proprio Girolamo Finizio, Adriano D'Arma e Roberto Cirillo, tutti del clan Senese. Per il primo dei tre lunedì scorso è scattata la vendetta trasversale, colpendo il cugino Girolamo.
Ma la scia di sangue di questi giorni ha origini più lontane. Come anticipato, risale all'agguato dell'agosto 2019 in cui fu ammazzato Fabrizio "Diabolik" Piscitelli. Secondo gli inquirenti quell'omicidio, «dietro al quale aleggia l'importante impronta della famiglia Senese», ha costituito uno spartiacque che ha alterato gli equilibri criminali a Roma. Perché ha rotto la pax mafiosa utile al fiorire degli affari legati allo spaccio di droga e ha dato il via, scrivono i magistrati, «a un susseguirsi di tentativi di uccisione» tra il gruppo guidato dal socio di Diabolik Fabrizio Fabietti e i rivali del gruppo di Primavalle, legati ai Senese, capeggiati da Giuseppe Molisso, Leandro Bennato e Alessandro Capriotti.
Il capo ultras Piscitelli fu ucciso a sangue freddo con un colpo di pistola alla nuca mentre stava seduto tranquillamente su una panchina del parco degli Acquedotti, in pieno giorno. Si pensò che fosse stato attirato in una trappola e che stesse aspettavo qualcuno di cui si fidava. L'esecutore materiale è stato identificato dagli investigatori in Raul Esteban Calderol, killer cubano, arrestato e in questi giorni rinviato a giudizio. Ma per i tre presunti mandanti, Molisso, Bennato e Capriotti, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della stessa Procura antimafia, ha disposto l'archiviazione, non ritenendo esserci sufficienti elementi probatori per portarli a processo. Il decreto del Gip ricostruisce però alcuni retroscena dell'omicidio del capo della curva ultras della Lazio. In particolra emerge da una intercettazione in carcere che Michele Senese avrebbe, in maniera criptica, anticipato ai suoi familiari la morte di Piscitelli. Parlando con moglie e figlio in un colloquio in carcere intercettato dagli investigatori, Michele "'o pazzo" dice: «Non ti posso dare un cucchiaino di polvere? L'apro e vi do un cucchiaino di polvere ad ognuno, ve lo mettete dentro al brodo». Si riferiva, secondo gli inquirenti, alle ceneri di Piscitelli, che verrà ucciso due settimane più tardi. Per gli investigatori, Piscitelli muore perché aveva «scardinato gli spazi di competenza che i Senese avevano tanto faticato a tenere in piedi». Ed è stato fatto fuori in virtù della sua smania di potere. Lo dice anche Raffaele Purpo, detto "il mafia" (trovato morto in casa nel 2021), che con Piscitelli era amico anche perché entrambi erano nati al Quadraro, a Roma Sud. «Diabolik se doveva fa i cazzi sua»dice Purpo, intercettato, in riferimento al fatto che Piscitelli aveva preteso da Capriotti il 50 per cento del debito totale (300 mila euro) che quest'ultimo aveva accumulato con gli albanesi. «Mo lascia sta che quello ha solato tutti - aggiunge Purpo riferendosi a Capriotti - ma tu te vai a prende i soldi che non so i tua? Perché Diabolik se li stava a pija lui. Io gliel'ho detto». Secondo il marito di Giorgia Piscitelli, la figlia di Diabolik, il fatto che il delitto del suocero sia stato commesso nel cuore del territorio controllato dai Senese significa che «Senese era d'accordo - ragiona in una telefonata intercettata nell'agosto del 2019 - altrimenti se non fosse stato d'accordo sarebbe successo il patatrack».
Dall'omicidio di Diabolik sarebbe dunque cominciata una guerra per ridefinire gli equilibri interni alla malavita romana, tra capi emergenti come l'albanese Elvis Demce, eredi di imperi criminali, nuove alleanze e appetiti crescenti per il mercato della droga e i suoi enormi introiti che sarebbero in varia misura dietro anche alla recente ondata di omicidi nella Capitale. «Il delitto Piscitelli - conclude il gip - rimanda a forme di criminalità organizzata di altissima pericolosità: una malavita permeata da mutevoli dinamiche criminali fatte di alleanze discontinue, di unioni dettate da interessi economici che possono modificarsi rapidamente, tramutandosi in conflitti».