Non si è fatto in tempo a gioire per il lusinghiero articolo apparso sul Time – Napoli non è semplicemente una parte del viaggio in Italia ma la destinazione – che l'assassinio di un giovane da parte di un altro giovane (per ironia della sorte portano lo stesso nome) nel luogo iconico di Mergellina ha provveduto a dissolvere l'incantesimo.
Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l'ultima. Come se avesse introiettato il movimento del pendolo nella città oggi invasa da turisti di tutto il mondo le buone notizie si accavallano alle cattive quasi con frenesia le une annullando le altre lasciando alla fine il giudizio sospeso: inferno o paradiso?
Forse purgatorio. Sicuramente distante da quella normalità da molti invocata e ricercata come definizione e soluzione dei problemi in una metropoli caotica sotto tutti i punti di vista. Sempre eccessiva e sopra le righe, nel bene come nel male. I baci, gli abbracci, l'accoglienza e gli spari, il malaffare, l'indisciplina.
Come nel caso del fenomeno più avvertito del momento, con sentimenti che covano in gran parte ancora sotto la cenere: da una parte una squadra di calcio che sta sorprendo per qualità di gioco ed efficienza gestionale, dall'altra una torma di facinorosi travestiti da tifosi che non perdono occasione per gettare fango sulla comunità.
Ma c'è una novità che comincia a fare capolino tra le dichiarazioni e – chissà? – tra le intenzioni di chi commenta i fatti all'attenzione delle cronache: il perdonismo imbevuto nelle difficoltà sociali di chi si macchia di crimini sta lasciando spazio a una voglia e una richiesta di reazione adeguata e organizzata.
Si sta facendo largo nell'opinione pubblica, e quindi nei decisori, l'idea che non basti più predicare per cambiare le cose. Che la persuasione morale sia un'arma spuntata e che confidare sulla buona volontà della popolazione sia una semplice chimera. Le chiacchiere stanno a zero, si sarebbe detto una volta.
La tradizionale tolleranza della metropoli che ha saputo rintuzzare la follia della Santa Inquisizione – prodezza di cui ancora va giustamente fiera – non può spingersi fino alla masochistica inflizione di ferite che potrebbero risultare mortali. Per quanto abbia un rapporto antico e privilegiato con la morte, Napoli è vita.
Più rigore nel punire le devianze – tutte, perché non si può ulteriormente indulgere nell'equivoco di una criminalità micro e pertanto sopportabile – sarà necessario ma non ancora sufficiente a fornire le risposte attese. Che potranno arrivare solo al seguito di scelte coraggiose dell'amministrazione pubblica.
Per quanto ricercata e celebrata per le sue bellezze, Napoli non può vivere solo di camere in affitto e panzerotti fritti. Non regge l'illusione che trasformare ogni quartino in un bed and breakfast e ogni pertuso in una pizzetteria possa portare il reddito utile a sostituire quello perduto dei grandi insediamenti industriali e bancari.
Tutti sappiamo, forse più per l'insistenza retorica del messaggio che per intima convinzione, che siamo a un punto di svolta. Uno dei tanti che le civiltà incontrano lungo il loro cammino spesso fallendo di prendere la direzione giusta (la storia e più modestamente la cronaca sono piene di punti di svolta mancati).
Napoli è un contenitore meraviglioso per storia e natura. Non sempre il contenuto è all'altezza del contesto, e ne abbiamo continue conferme. Sarà per la via del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), sarà per le altre strade possibili, questo è il momento delle grandi decisioni. Quelle a volte immaginate e mai realizzate.
Napoli, troppa confidenza con la morte
di Alfonso Ruffo