Secondo i dati dell'Istat ad aprile 2023 si stima un aumento sia dell’indice del clima di fiducia dei consumatori (da 105,1 a 105,5), sia dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese che passa da 110,1 a 110,5.
Le serie componenti l’indice di fiducia dei consumatori evidenziano variazioni eterogenee così sintetizzate dai quattro indicatori calcolati a partire dalle stesse: il clima economico e quello corrente aumentano passando, rispettivamente, da 117,4 a 119,0 e da 99,5 a 100,2; il clima personale rimane sostanzialmente stabile (da 101,0 a 100,9) mentre il clima futuro diminuisce da 113,5 a 113,3.
Con riferimento alle imprese, il clima di fiducia migliora nei servizi di mercato (da 103,9 a 105,5), grazie al contributo positivo dei servizi turistici e dei servizi alle imprese, ed anche nelle costruzioni (da 159,1 a 164,2) dove la crescita è sostenuta principalmente dal settore della costruzione di edifici.
Nella manifattura l’indice è stimato in diminuzione (da 104,1 a 103,0); la dinamica negativa è diffusa a tutti i principali raggruppamenti di industrie (beni di consumo, intermedi e strumentali). Anche nel commercio al dettaglio si evidenzia un peggioramento del clima di fiducia (l’indice passa da 115,7 a 113,0) dovuto quasi esclusivamente all’evoluzione negativa della fiducia nella distribuzione tradizionale.
In relazione alle componenti degli indici di fiducia, nelle costruzioni tutte le variabili registrano un andamento positivo mentre nei servizi di mercato opinioni sull’andamento degli affari e aspettative sugli ordini in miglioramento si uniscono a giudizi sugli ordini in peggioramento. Nella manifattura e nel commercio al dettaglio tutte le componenti si deteriorano.
Ma per Confesercenti “la fiducia delle imprese continua a crescere, anche grazie alle attese per la stagione turistica primaverile, confermate dalle buone performance di Pasqua e 25 aprile, che in molte località italiane ha sancito il ritorno dei flussi dei visitatori ai livelli pre-pandemia. In controtendenza, invece il dato dei negozi della distribuzione tradizionale, tra i pochi comparti a mostrare un peggioramento del clima. A pesare sulle aspettative degli operatori, il rallentamento delle vendite del commercio al dettaglio che si è già registrato nei primi due mesi dell’anno (-5,2% in volume) dovuto a caro-bollette e inflazione”. E poi ancora: “Grazie al rallentamento della corsa dei prezzi dei beni energetici, le famiglie vedono delle prospettive più ottimistiche, ma ancora subiscono i contraccolpi della riduzione del potere d’acquisto che le ha costrette ad erodere i risparmi. A incidere sulla spesa delle famiglie è sia la corsa delle tariffe energetiche, sia l’aumento dei prezzi da questa innescato. Nel 2022 gli aumenti in bolletta hanno bruciato 12 miliardi di potere d’acquisto degli italiani. E nel 2023 pagheranno per l’energia ancora quasi 8 miliardi in più rispetto al 2021. Il commercio al dettaglio, ovviamente, ne risente. A febbraio, per la prima volta in cinque mesi, le vendite di alimentari si sono ridotte anche in valore. Secondo le nostre stime, il 2023 si chiuderà con un calo del volume delle vendite del -2,5%, un crollo di cui stanno risentendo soprattutto le piccole superfici. In questo quadro, è fondamentale introdurre misure per aiutare le famiglie a recuperare il potere d’acquisto eroso da inflazione e bollette e stabilizzare le aspettative positive che stanno emergendo. L’annunciato taglio del cuneo fiscale va in questa direzione: ma l’intervento deve essere accompagnato da altre misure per ridurre la pressione fiscale che grava sui lavoratori. Noi proponiamo di defiscalizzare gli aumenti retributivi: una misura dai costi contenuti che, in tre anni, potrebbe lasciare 2,1 miliardi di euro nelle tasche delle famiglie”.