“Esprimo la mia gratitudine alla Chiesa ungherese per l’impegno profuso nella carità, un impegno capillare: avete creato una rete che collega tanti operatori pastorali, tanti volontari, le Caritas parrocchiali e diocesane, ma anche gruppi di preghiera, comunità di credenti, organizzazioni appartenenti ad altre Confessioni ma unite in quella comunione ecumenica che sgorga proprio dalla carità. E grazie per come avete accolto – non solo con generosità ma pure con entusiasmo – tanti profughi provenienti dall’Ucraina”. Così Papa Francesco nel suo discorso- il terzo - pronunciato durante l’incontro con i poveri e i rifugiati, nella Chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria.
“La vera fede, invece - ha aggiunto il Pontefice -, è quella che scomoda, che rischia, che fa uscire incontro ai poveri e rende capaci di parlare con la vita il linguaggio della carità. Come afferma San Paolo, possiamo parlare tante lingue, possedere sapienza e ricchezze, ma se non abbiamo la carità non abbiamo niente e non siamo niente”. Non basta, ha detto ancora Papa Francesco, “dare il pane che sfama lo stomaco, c'è bisogno di nutrire il cuore delle persone! La carità non è una semplice assistenza materiale e sociale, ma si preoccupa della persona intera e desidera rimetterla in piedi con l'amore di Gesù: un amore che aiuta a riacquistare bellezza e dignità”.