Gente d'Italia

Alessandro Maggi: Anche in Uruguay il rapporto con gli italiani va assolutamente rilanciato

Alessandro Maggi, con il logo della radio sullo sfondo di Colonia del Sacramento in Uruguay

di RAINERO SCHEMBRI

Alessandro Maggi, classe 1971, di origine lombarda, è nato a Montevideo il 22 giugno 1971. Suo nonno, Piero Maggi, è emigrato in Uruguay nel 1948 dopo la seconda guerra mondiale, andando a lavorare presso lo stabilimento italiano Lostorto. Purtroppo anche i genitori di Maggi sono state vittime dello sciagurato Piano Condor a servizio del terrorismo di Stato utilizzato dalle dittature militari che hanno devastato l’Uruguay e tanti altri Paesi Latinoamericani. Nel 1976, dopo essere stati incarcerati e torturati, furono liberati e rimpatriati grazie all’impegno di diplomatici come Gianpaolo Collella ed Enrico Calamai, rispettivamente in Uruguay e Argentina.  

Nel 1985 Alessandro Maggi è tornato in Uruguay con la sorella Giulia e la madre Ines, iscrivendosi prima al liceo e poi all’Università del lavoro (UTU) in giornalismo e tecnica della comunicazione. Nel solco della tradizione familiare, Maggi ha subito iniziato a svolgere un’intensa attività politica in ambito delle organizzazioni studentesche e sindacali.

Il suo interesse per le tematiche riguardanti specificamente la comunità italiana risalgono al 1998. Dopo essere stato collaboratore del Presidente del Comites di Montevideo (uno dei tanti Comitati degli italiani all’estero) nel 2010 è diventato capo dell’ufficio del patronato Inas-Cisl di Colonai del Sacramento.

Nel 2017 è diventato Presidente dei Comites di Montevideo, carica che ha mantenuto fino al dicembre 2021. Attualmente Maggi è membro della lista di opposizione  UNITALIA guidata dalla leader storica della comunità, Filomena Narducci.

Recentemente, con il decisivo apporto di Maggi, è stato dato l’avvio al nuovo progetto di comunicazione radiofonica indipendente denominato Italia per Tutti, uno spazio necessario che va in onda il sabato alle ore 11 su Claridad Fm 90.9 da Colonia del Sacramento-Uruguay. Ma ecco l’intervista che Alessandro Maggi ha rilasciato a REA International, il Dipartimento della REA (Radiotelevisioni Europee Associate) che segue le attività degli italiani all’estero.

A vent’anni di distanza dell’approvazione della legge Tremaglia che ha consentito agli italiani all’estero di mandare i propri rappresentanti al Parlamento italiano,  che valutazione si può fare della legge?

La Legge Tremaglia è una legge che all’epoca andava bene. Dopo decenni di discussioni parlamentari in Italia è stato raggiunto un consenso politico ed è stato finalmente approvato. La creazione della Circoscrizione Estero e il numero dei legislatori da scegliere da parte degli italiani residenti all’estero era ragionevole. All’inizio l’ascesa di questo strumento democratico si è riflessa nell’effervescenza delle comunità italiane all’estero con la grande partecipazione al voto. L’Uruguay ha sempre avuto alte percentuali di voto a causa della tradizione civica che esiste in questo Paese sudamericano.

Purtroppo il taglio del numero di senatori e deputati eleggibili, il taglio del bilancio per le elezioni e soprattutto la mancanza di informazione da parte dello Stato italiano, ha reso la partecipazione elettorale sempre più simbolica e residuale. Inoltre, il voto per corrispondenza ha fatto molti danni poiché ci sono stati brogli scandalosi in tutte le manifestazioni elettorali, sia nelle elezioni politiche che in quelle delle organizzazioni rappresentative come il Comites e il CGIE. Il sistema di voto deve essere urgentemente modificato.

Quali sono le principali esigenze avvertite dalle comunità italiane all’estero?

Attualmente la principale richiesta della comunità residente all’estero riguarda i servizi consolari Dal 2006 il Consolato è stato derubricato e da allora abbiamo una cancelleria consolare nonostante al momento ci siano più di 135mila cittadini italiani e migliaia che attendono il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Il sistema di prenotazione online Prenotami è inefficace. Il fatto di essere un ufficio disagiato per mancanza di personale comporta che non vengono esaudite numerose richieste. Ecco perché è quasi impossibile ottenere un appuntamento per completare le necessarie procedure presso l’Ambasciata italiana a Montevideo. Oggi la situazione è semplicemente bloccata. Purtroppo, mentre “funzionava” si sono fatti vivi manager senza scrupoli che vendevano turni a 300 euro. Questo è stato segnalato più e più volte senza ottener alcun riscontro. L’Ambasciata non ha una persona informatica che possa controllare l’hacking e il sistema informatico.

L’attuale Ambasciatore Dott. Giovanni Iannuzzi ha privilegiato il commercio bilaterale con l’Uruguay e il Made in Italy (che, pur essendo migliorati, non sono significativi) alle esigenze dei connazionali. La nuova sede faraonica, costata 2 milioni di euro e costruita in pandemia, non ha risolto assolutamente nulla. Era un capriccio dell’allora sottosegretario Merlo (MAIE) e del suo delfino politico locale, l’architetto Aldo Lamorte (denunciato a Roma e davanti alla Procura uruguaiana per presunti brogli elettorali nelle ultime elezioni politiche italiane).

Inoltre, recentemente la maggioranza dei Comites si è espresso negativamente in merito alla questione legata al quotidiano Gente d’Italia. In concreto, con il benestare dell’Ambasciatore, lo Stato italiano ha sospeso il contributo a questo importante e democratico organo di informazione che è presente da più di 20 anni in Uruguay. Ciò è dovuto al fatto che il capo della rappresentanza diplomatica italiana ha condiviso questa scelta, interpretando male la legge che regola i contributi dei mezzi stampa all’estero. Lui ha ritenuto opportuno esprimere dei pareri negativi sul giornale senza tenere in considerazione quanto stabilito dalla legge.

Per quanto riguarda il MAECI (Ministero degli esteri e della cooperazione italiana)  secondo il Dott. Vignali, Direttore per gli Italiani nel mondo e delle politiche Migratorie e della cooperazione internazionale, sia l’Ambasciata che i Comites favorevoli a questa decisione hanno agito nel rispetto della normativa vigente. Questo fatto ha generato grande disagio nelle associazioni, negli enti italiani e nella collettività in genere. Il nostro programma radiofonico è stato intransigente nella difesa dei media e ha denunciato per questo ed altri motivi l’azione della maggioranza dei Comitati e quanto è stato fatto dall’Ambasciatore d’Italia. Chiediamo che queste scelte e comportamenti vengano riesaminati.

Nell’ambito del sistema radio televisivo uruguaiano ci sono degli spazi riservati alle comunità estere, in particolare a quella italiana?

Purtroppo in Uruguay non esistono programmi televisivi dedicati alla comunità italiana. In passato uno spazio c’èra sul canale statale uruguaiano, il Canale 5. Per quanto riguarda le radio, ci sono solo tre programmi italiani conosciuti. Due di stampo regionale o di gruppi che lavorano all’interno delle comunità e il nostro programma, l’ultimo, Italia Per Tuttiuno spazio necessario, l’unico a carattere indipendente. Quando dico indipendente intendo nel senso che ci finanziamo con pubblicità di piccole aziende locali di Colonia, per lo più cittadini italiani. Non apparteniamo e non siamo finanziati da alcun partito o istituzione politica italiana.

Il nostro progetto radiofonico nasce proprio in questi momenti difficili ed è quindi necessario difendere le leggi che regolano gli organi rappresentativi della nostra comunità, difendere la memoria storica che viene anche sopraffatta (ad esempio, non celebrando date come il 25 aprile), difendere la libertà di stampa sancita dalla Costituzione italiana.

Oggi si parla molto della necessità di sviluppare un grande progetto riguardante l’intera Nazione italiana che è fatta sia dagli italiani che vivono in Italia sia da quelli che vivono all’estero. Secondo lei, cosa bisognerebbe fare per rafforzare questo progetto?

Finora gli italiani all’estero sono stati ignorati dal governo di coalizione di estrema destra guidata da Giorgia Meloni. Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero C.G.I.E non si è nemmeno insediato ed ha iniziato a funzionare.

In ogni caso è fondamentale aumentare il budget per le organizzazioni di rappresentanza come i Comites e il C.G.I.E affinché possano realmente tutelare le esigenze dei connazionali e compiere la loro missione a norma di legge.

Occorrono maggiori risorse per la rete diplomatica, attualmente carente in tutto il mondo. Purtroppo anche le risorse destinate alla diffusione della lingua e della cultura sono state tagliate negli ultimi 15 anni dallo Stato italiano.

La riforma del voto e il turismo delle radici dovranno essere presi sul serio dall’Italia.

(puntocontinenti.it)

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