Gente d'Italia

La robotica italiana aiuta nella riabilitazione dei feriti in Ucraina

foto di Manuela Correra

di MANUELA CORRERA

Leopoli al primo impatto non appare come una città di un Paese in guerra. Che vi sia un conflitto in atto, però, lo si avverte forte arrivando al grande ospedale cittadino, il First Medical Union e, soprattutto, attraversando il lungo tunnel di vetro che lo collega al nuovo Centro nazionale di riabilitazione Unbroken, inaugurato da poche settimane.

Unbroken, ci spiegano, si potrebbe tradurre con 'Indistruttibili': un nome non scelto a caso ma che fa riferimento alle migliaia di civili e militari cui la guerra ha portato via braccia e gambe e che giungono in emergenza a Leopoli. L'obiettivo dei medici, qui, è che possano tornare a camminare, indistruttibili nonostante tutto.

Un sogno realizzabile anche grazie alla tecnologia robotica italiana, che nel centro Unbroken ha conquistato un ruolo importante.
Con quasi 15mila feriti tra i civili e oltre 125mila tra i militari dall'inizio della guerra con la Russia, l'Ucraina si trova infatti a dover affrontare oggi un'emergenza sanitaria e riabilitativa senza precedenti. E Leopoli - al confine con l'Europa e meno colpita dal conflitto - si è trasformata in un grande hub umanitario: ad oggi, ha accolto 5 milioni di profughi dal resto del Paese ed il suo ospedale ha curato oltre 12mila feriti, tra i quali più di 350 bambini. E la tragedia continua.

"A Lviv - racconta Volodymyr Fedorov, direttore Sviluppo dell'ospedale - arrivano ancora due treni a settimana carichi di feriti. I posti letto per la riabilitazione non bastavano più, così abbiamo costruito Unbroken, in meno di tre mesi: un centro di 4.500 metri quadri su 7 piani, dotato pure di riabilitazione psicologica, reso possibile anche dagli aiuti internazionali. Qui produciamo direttamente anche le protesi necessarie, 140 quelle impiantate da settembre. A regime puntiamo a trattare 500mila persone l'anno".
Una corsa contro il tempo per cercare di restituire la capacità di muoversi a chi l'ha persa sul campo di battaglia ed una grande mano arriva proprio dalla tecnologia italiana. Al Centro Unbroken è infatti approdata la tecnologia robotica di Movendo Technology, azienda nata da uno spin off dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit) fondata da Simone Ungaro (in passato anche direttore generale dello stesso Iit, costituito insieme al suo direttore scientifico Roberto Cingolani) e Sergio Dompè, presidente dell'omonimo gruppo biofarmaceutico.

Si tratta, chiarisce Daphne Arfanotti, responsabile clinica di Movendo, di una "piattaforma robotica avanzata. In pratica il paziente amputato o con una protesi agli arti è sottoposto a sollecitazioni che recuperano il tono muscolare e preparano al ritorno al cammino, prevenendo il rischio di caduta. Il robot, grazie all'AI, valuta dunque lo stato del paziente ed elabora una riabilitazione personalizzata valutando i miglioramenti nel tempo". Il robot italiano era già presente prima del conflitto all'ospedale di Kharkiv, racconta Ungaro, "ma è stato distrutto dai bombardamenti. Siamo voluti tornare a Lviv perchè ora siamo in uno scenario di guerra e la nostra presenza è ancora più importante. Inoltre, nella recente Conferenza per la ricostruzione dell'Ucraina tenutasi a Roma il 26 aprile - rileva - l'invito lanciato era ad essere presenti nel Paese, e noi siamo pronti ad accoglierlo ed a supportare gli ucraini in questa difficile impresa".

Intanto, i pazienti del Centro Unbroken hanno cominciato ad essere trattati con il robot italiano. Andreiy, 37 anni, è uno dei primi. Un anno fa, in battaglia, gli hanno sparato ed ha perso una gamba. Arriva con le stampelle ma è sorridente. Prova la piattaforma robotica, che guida il paziente negli esercizi anche attraverso una sorta di videogiochi, e ci dice che intende vincere questa gara con il robot: "Non ho più una gamba ma sono vivo, va bene - afferma -. Rifarei tutto quello che ho fatto e tornerei a combattere, perchè si tratta di difendere le nostre famiglie e i nostri figli. Sono sicuro che alla fine vinceremo". Ora, però, Andreiy ha un altro obiettivo su cui concentrarsi: "Voglio riuscire a scalare la collina più alta di Lviv e poi allenarmi per la carriera paralimpica". Tutto sommato, conclude salutando, "sono sereno. Ce la metterò tutta e la vostra macchina robotica mi aiuterà. Grazie, amici italiani".

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