di JAMES HANSEN

Al solito, la colpa è degli americani. Due guerre ‘mondiali’ di fila, la Prima e la Seconda, avevano stremato il globo. Solo agli Stati Uniti—protetti da due grandi oceani che tenevano a distanza i nemici—erano rimasti dei soldi in tasca. Basti pensare che un altro dei Paesi ‘vincitori’, la Gran Bretagna, sul lastrico, ha dovuto mantenere il razionamento fino addirittura al 1954. Per gli Usa invece, gli anni Cinquanta e Sessanta sono stati un periodo di inaudita prosperità.

A cavallo di quei due decenni, gli imprenditori statunitensi fecero una strepitosa scoperta. Forse per la prima volta nella storia umana, anche la massa giovanile aveva soldi da spendere! Fino al Dopoguerra, lasciata la scuola d'obbligo, la necessità era quella o di aiutare a mantenere la famiglia d’origine oppure di sostenere una nuova famiglia propria. Improvvisamente, una quota di reddito arrivò ai giovani grazie alla recente prosperità dei genitori e, in seguito, a un’economia che ormai girava a mille.

Non solo i ragazzi disponevano di soldi, ma li spendevano pure con allegria. Molti, inoltre, avevano anche il voto. Al di là dell’impatto economico, i giovani adulti ebbero un importante peso nell’elezione di un Presidente ‘giovane’ e fuori dagli schemi come John Kennedy nel 1960. Pochi anni dopo, l’opposizione giovanile alla Guerra del Vietnam fu decisiva nel fermare un conflitto dai classici contorni coloniali che in altre epoche gli ‘adulti’ avrebbero portato avanti a oltranza.

A partire dal 1963, con l’immenso successo su entrambi i continenti dei Beatles e, poco dopo, dei Rolling Stones, si celebrò la fusione della cultura giovanile americana—e del suo contenuto ‘economico’—con quella dell’Europa prima e con il resto dell’Occidente poi. Diventò, quasi d’un colpo, un imperativo economico, politico e sociale dare retta a una grande schiera demografica che, storicamente, contava poco, e che fino a quel momento era stata in sostanza ‘rappresentata’ da genitori e parenti più anziani: gente che, avendo riportato i lividi e le cicatrici della vita vissuta, era comprensibilmente  incline a optare per posizioni più conservatrici.

La diga si era rotta, e con l’energia e l’idealismo della giovane età, questi nuovi ‘attori’ si sono guardati attorno e hanno trovato molte cose da correggere nel mondo circostante: razzismo, discriminazioni di genere, omofobia, disparità economiche ingiustificate, una classe politica perlomeno ‘ingessata’, diritti non rispettati e mille altre cose, per arrivare alla dieta e allo stile di vita ‘borghese'… In questo, non c’era nulla di particolarmente nuovo: tranne che, pensando di dover intervenire, per la prima volta la nuova generazione, e gli afflitti da giovanilismo, hanno scoperto di poterlo fare con efficacia—avendo finalmente un peso reale, una novità storica.

Tutto ciò è ancora evidente nell’attuale ricerca sfrenata di nuovi gender da proteggere e di nuovi pronomi da imporre: innovazioni sociali non sempre utili, ma che fanno parte del processo di rinnovamento della nostra civiltà. Sono battaglie a volte irritanti, ma le società—come le persone—crescono attraverso fasi alterne di sviluppo disordinato e di maturazione. In altre parole, passerà anche questo…