Il Pd è tornato Pci. I sociologi non hanno dubbi al riguardo. In testa l’accademico Luca Ricolfi e tutti quegli empiristi alla Bacone che credono solo in ciò che vedono.
E cosa stanno vedendo dal loro pulpito pragmatico questi ricercatori e analisti indipendenti? Vedono un nuovo posizionamento del partito di Elly, quasi uno sbandamento. Comunque una scelta precisa. Un cambio di direzione netto, partito da lontano, dalla caduta di Renzi (2017), il “rottamatore”.
Il PCI si è dissolto a Rimini il 3 febbraio 1991. Da allora molte cose sono cambiate. Il vecchio PCI ha trovato nel Pd l’erede più prossimo messo insieme da correnti interne liberalsocialiste e gruppi rappresentanti il cristianesimo sociale che traeva ispirazione dai vari Moro, Zaccagnini. Il “patto” ora è saltato. Cosa è accaduto?
FUGA DAL PD DEI CATTOLICI DI SINISTRA - Meglio dire: Elly Schlein li ha allontanati. E sono scattate defezioni di tutto rispetto. Qualche nome? Giuseppe Fioroni, su tutti. Tace per ora Rosy Bindi, brontola Casini, scalpita Del Rio, almeno a leggere i suoi Twitter. Molto preoccupata Famiglia Cristiana, il settimanale di forte ispirazione cattolica, che chiede:” Ma c’è ancor posto per i cattolici nel Pd di Elly Schlein?”.
Domanda retorica. Perché la segretaria dem ha già scelto. Si batterà per la giustizia sociale, lo ius soli, la lotta alle disuguaglianze. Ma vuole anche distribuire gratis la pillola abortiva Ru486, è favorevole alla adozione da parte delle coppie gay, intende legalizzare la cannabis ed è persino favorevole all’utero in affitto. E giù contro la narrazione indigesta di Elly che la rivista delle Paoline definisce quale “componente di quell’ambiente agiato, poliglotta, intellettuale e cosmopolita che potremmo definire alta borghesia progressista “.
FINE DELLE IDEE LIBERAL-SOCIALISTE - Idee da cui è nato il Pd. Quando e come queste idee sono state abbandonate? Dice Ricolfi: ”Il problema del PD è che, negli ultimi 15 anni è riuscito nell’impresa di mettere in scena ben due abbandoni. Primo, ha abbandonato le bandiere classiche della sinistra storica come la difesa dei deboli, la libertà di espressione, l’emancipazione attraverso la cultura.
“Secondo, dopo Renzi ha abbandonato anche le bandiere della sinistra liberale come la concorrenza, le liberalizzazioni, il merito. E questo almeno da Zingaretti e Letta in poi. È strano che Cottarelli non si fosse accorto di nulla”.
SINISTRA E MERITO DIVISI DA TEMPO - Aggiunge Ricolfi:” Quando si parla di merito si intendono essenzialmente due cose molto diverse da loro. La prima è l’idea liberale di attenuare le disuguaglianze di partenza, in modo che ognuno possa arrivare fin dove il suo talento e il suo impegno lo portano. Seconda accezione di merito, più tecnocratica e controversa.
Aggiunge Ricolfi: ”In questa accezione, merito significa meritocrazia e premiare il merito significa anche dare un grande potere (Kratos) alle burocrazie della valutazione in tutti gli ambiti: scuola, con i test Invalsi sugli studenti e la valutazione degli insegnanti; università, con i test di ingresso per gli studenti.
“Direi che la sinistra ha spesso, non sempre, favorito le riforme meritocratiche mentre ha invece combattuto una strana crociata contro l’art. 34 della Costituzione visto come discriminatorio nei confronti dei non meritevoli. Nella sinistra è sempre prevalsa l’idea che la scuola dovesse curarsi degli studenti in difficoltà, non dei bravi a scuola che proprio perché bravi non avrebbero alcun bisogno di essere premiati “.