Pensare alla storia, a una città in subbuglio, all'effetto che può fare alzare una coppa europea e riportarla a Firenze può solo confondere le idee. Meglio respirare l'aria tiepida della primavera di Praga e non pensarci troppo.
Stasera la Fiorentina giocherà la seconda delle tre finali europee del calcio italiano, la sua seconda finale della stagione. La prima, in Coppa Italia, contro l'Inter, è andata male. La seconda può determinare il segno di un'annata intera, ma anche il segno del futuro. La sfida con il West Ham è una di quelle partite dove tutti sanno di giocarsi un pezzo di avvenire, individuale e collettivo. E' così per Vincenzo Italiano, che proprio in questi giorni festeggia il quinto anniversario della vittoria dei playoff di serie D con l'Arzignano Valchiampo. Passare in cinque anni dai dilettanti veneti a una finale europea è un altro motivo per farsi girare la testa. Ma è così per Commisso, che spera di regalare un trofeo alla piazza. E' così per i giocatori che arrivano tutti, più o meno, a uno svincolo fondamentale della propria carriera. E' così per una società che deve decidere cosa vuol fare da grande.
"Sono molto felice - dice Italiano - di avere la possibilità di giocare una finale con questi ragazzi straordinari e questa società incredibile. Queste sono partite che poi rimangono nella storia. Ci giochiamo tutte le nostre carte, arriviamo carichi e in fiducia, soprattutto grazie al grandissimo girone di ritorno. Sappiamo ovviamente di affrontare una squadra di grande valore. Il cuore lo abbiamo, lo abbiamo dimostrato e domani va messo in campo". Sarà anche una sfida fra due squadre molto diverse: la Fiorentina gioca un calcio propositivo, il West Ham è un forziere che è difficile scardinare, o almeno lo è stato in Conference League, a dispetto di una premier così così. Italiano sta ragionando su come affrontarla, ma non si è ancora tolto tutti i dubbi, a cominciare dal tormentone che ha accompagnato tutta la stagione: Jovic o Cabral per il centro dell'attacco? Il dubbio resterà anche per l'ultimo decisivo atto della stagione, con i due che potrebbero, a un certo punto, anche giocare insieme se la situazione lo dovesse richiedere. Chi invece non ci sarà è Gaetano Castrovilli e questa non può che essere una pessima notizia, visto che negli ultimi mesi stava ritrovando la forma che lo aveva lanciato come una delle più belle realtà del giovane calcio italiano, prima di essere martoriato dai problemi fisici. Ma una finale è una finale e Italiano sa che chiunque giocherà non avrà particolare bisogno di essere motivato. "Per giocare una partita del genere - dice il tecnico - devi essere libero sotto l'aspetto mentale, giocare con la mente sgombra. L'esperienza della coppa Italia ci può aiutare: abbiamo avuto un blackout, ma poi siamo ritornati in partita". E se domani sera il cuore del capitano Cristiano Biraghi dovesse battere al tempo di una coppa che si alza, il pensiero tornerà anche al 4 marzo 2018, quando il cuore di un altro capitano, Davide Astori, si fermò. Lo hanno ricordato, nella conferenza stampa prepartita, lo stesso Biraghi e Nikola Milenkovic. Entrambi quel giorno c'erano. "Davide - dice Biraghi - è sempre con noi: quello che è certo e che domani sera usciremo dal campo senza rimpianti e forse non avremo nemmeno la forza per arrivare negli spogliatoi". Con loro una città intera: seimila allo stadio, molti altri a Praga. Tutti gli altri per scacciare un incubo che dura da 33 anni.