di LUCIO FERO

La promozione al vertice del gruppo parlamentare Pd di Paolo Ciani che del Pd non è e non vuole essere non è una goffaggine comica, è invece scelta e gesto di outing. Outing di pacifismo valore supremo e non negoziabile, neanche se invasore spara e spiana popoli e paesi. Pacifismo  strategico nel mondo dei valori, con tattica e declinazioni pratiche neutraliste. Schlein ha scelto una nomina che è una bandiera di pacifismo e insieme una mappa per arrivare o almeno orientare la collocazione e azione internazionale: sempre più nel Pd si segnala l’opportunità di fare come il Brasile, il Vaticano e un po’ anche la Cina.

Brasile, Vaticano, Cina, posizioni diversissime tra loro riguardo alla guerra voluta dalla Russia, ma con un tratto comune: il neutralismo come premessa, promessa, missione e, in certi casi, finzione. La “corrente esterna” al Pd va coagulandosi intorno al “basta armi”. Basta armi e poi non proseguire. Come mai prosegue quella corrente di umore, pensiero e propaganda che da tempo sepolcreggia imbiancata con l’articolo della Costituzione che “ripudia la guerra”. E poi si ferma lì, ipocritamente evita, omette, censura, oscura il “come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” e addirittura condanna all’oblio, mette tra i testi vietati l’esplicito richiamo della Costituzione al dovere della difesa contro chi la guerra la muove. Dopo la nomina di Paolo Ciani, perfettamente interpretando il significato, è festa e tripudio degli anti-guerra senza se e senza ma. A partire da M5S e dal suo di fatto organo di stampa, appunto Il Fatto Quotidiano.

Acqua in bocca - Ma ciò che parla di più è l’acqua in bocca della dirigenza (?) Pd. Il partito che Enrico Letta aveva schierato, con orgogliosa unanimità e consapevole storica responsabilità, al fianco dell’Ucraina, della Nato e dell’Occidente oggi si acquatta dietro e dentro l’ambiguità ammiccante del “siamo con l’Ucraina ma con la soluzione negoziale”. Ambiguità al limite e oltre dell’opportunismo, ambiguità ammiccante ad un neutralismo di fatto che ha come obiettivo una mezza resa dell’Ucraina, una pace pagata con un 20 per cento di Ucraina che diventa Russia. Una pace con soddisfazione in territori per Putin, una pace che sancisca, tra l’altro, che chi attacca e invade alla fine qualcosa porta a casa.

Qui si va acquattando il Pd-Schlein e nel farlo si squaglia. Si squaglia dal gruppo di coloro che in Italia davvero difendono l’Ucraina invasa dai russi identificando nella difesa, armata, dell’Ucraina la difesa di libertà, sicurezza e democrazie dell’Occidente tutto (che non a caso Putin chiama suo nemico collettivo). Da questo collettivo il Pd-Schlein si squaglia. E lo fa per motivi, ragioni, pulsioni identitarie-populista. Lo fa per recuperare, dare fiato all’identità mai sopita anti Usa e anti Nato, lo fa per dare fiato e spazio all’identità anti capitalista declinata come lettura dell’Occidente come unico e massimo “inquinatore” della storia e delle civiltà.

Lo fa per intimo pensare e pubblico votare, lo fa per non dover pagare prezzi in termini di consenso dicendo la verità sulla pace e la guerra. Giorgia Meloni, e non parlava certo del Pd, lo ha spiegato dicendo di sapere certo che elettoralmente il sostegno, anche in armi, non paga e non premia. Ma che responsabilità, serietà e anche e soprattutto obbligo etico e storico impongono di capire che libertà, democrazia e sicurezza valgono la terribile pena di combattere. Giorgia Meloni che dà lezioni di etica e responsabilità storica al partito che fu di Togliatti, Berlinguer…Anzi no, il partito della Schlein sempre meno ha a che vedere con quel partito, sempre meno, quasi nulla.

Mattarella, Draghi, Meloni - A difendere davvero l’Ucraina in Italia c’è Sergio Mattarella. Ogni volta che può rammenta che lì si combatte per “noi”. A difendere davvero l’Ucraina in Italia c’è Mario Draghi. Dice l’indicibile per i pacifisti-neutralisti, dice che le guerre una volta scatenate c’è chi le vince e chi le perde e che quindi per le democrazie, libertà e sicurezza occidentali questa guerra è vitale la vinca l’Ucraina, la perda Putin e non viceversa. Soprattutto Draghi dice cosa intollerabile per i pacifisti-neutralisti, dice che la guerra una volta scatenata non la cancelli con un emendamento alla Storia più una prece più una sorta di trattativa sindacale. A difendere davvero l’Ucraina in Italia c’è Giorgia Meloni e, almeno su questo, meno male che Giorgia c’è.