BUENOS AIRES - Il problema della pesca illegale portata avanti dalla flotta mercantile cinese di fronte alle coste dell'America Latina e le denunce di abusi e trattamenti inumani nei confronti degli equipaggi di queste imbarcazioni sono tornati prepotentemente a galla questo fine settimana grazie al ritrovamento in Uruguay di un messaggio in una bottiglia con una richiesta disperata di aiuto.
Sono un membro dell'equipaggio della nave Lu Qing Yuan Yu 765. Mi hanno rinchiuso nella nave, quando ritroverete questo messaggio chiamate la polizia", c'era scritto nel biglietto ritrovato domenica da una donna nella spiaggia di Portezuelo, un centinaio di km a est di Montevideo.
Il messaggio era in cinese, ma la scritta SOS era inconfondibile e sufficiente per attivare l'allerta delle autorità che una volta tradotto il biglietto hanno individuato la nave al largo delle acque di Montevideo.
L'ispezione portata avanti lunedì dalla magistratura con l'aiuto della prefettura uruguaiana, riferisce oggi il quotidiano El Observador, sebbene non abbia evidenziato nessuna irregolarità dal punto di vista della documentazione legale ha rilevato invece un conflitto tra equipaggio e datore di lavoro.
I marinai denunciavano di essere in viaggio ininterrottamente da due anni senza scali nonostante il loro contratto fosse scaduto il 29 giugno e che il datore di lavoro aveva comunicato che non avrebbe pagato il salario oltre la scadenza.
Nessun membro ha ammesso invece di essere l'autore del messaggio e non è stata constatata nessuna situazione di privazione della libertà.
Un recente rapporto sul traffico di persone del dipartimento di Stato Usa segnala tuttavia, in linea con le denunce di numerose ong, che dalla flotta di pescherecci cinese sbarcano nel porto di Montevideo almeno un marinaio morto al mese.
Lo stesso documento segnala casi di abusi fisici e lavoro forzato, inclusi salari non pagati, confisca di documenti così come denunce di omicidi avvenuti in mare aperto.