BOLOGNA – Le immagini della frana che il 17 maggio colpì le Ganzole, a Sasso Marconi, travolgendo l’abitato e il ristorante sono tra le più impressionanti tra quelle che hanno testimoniato la devastazione provocata dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Ebbene, anche le Ganzole sono escluse nel decreto Alluvioni convertito in legge dal Senato l’altro giorno. Stessa sorte toccata a via Saffi, a Bologna, allagata dall’esondazione del torrente Ravone, che ha invaso strada e negozi.
“Non so se si tratti di sciatteria istituzionale o se si voglia mettere in ginocchio questa realtà per motivi politici. Se possono rimediare, lo facciano domani”, affonda il capo di Gabinetto della Città metropolitana, Sergio Lo Giudice, che questa mattina ha fatto il punto della situazione assieme all’assessora al Commercio, Luisa Guidone, di fronte al cantiere aperto dal Comune per ripristinare e consolidare la tombatura del torrente. Il viceministro alle Infrastrutture, il bolognese, Galeazzo Bignami “ha fatto passerelle, è andato in giro con il suo codazzo a farsi fotografare davanti alle frane, ma non è riuscito a dare niente al territorio”, sferza Lo Giudice, rispedendo al mittente le accuse di scarsa tempestività arrivate da esponenti di Fratelli d’Italia per giustificare il mancato inserimento della lista aggiornata dei Comuni destinatari di risorse per l’emergenza, che esclude diverse comunità dell’area bolognese dagli aiuti per l’emergenza in base a quanto stabilito dal decreto legge.
“Quello che sta accedendo in queste ore è assolutamente inaccettabile. Il fatto che il governo abbia deciso di non inserire la lista aggiornata dei Comuni colpiti dagli eventi alluvionali, pur avendo la possibilità di farlo, significa che c’è stato un comportamento sprezzante nei confronti del lavoro che stanno facendo gli enti locali per dare una mano alla ricostruzione“, spiega Lo Giudice. “La Città metropolitana ha già speso 13 milioni e non sono pochi per un ente del genere. Il Comune di Bologna ne ha spesi altrettanti, fondi sottratti ad altro per essere investiti in un’emergenza di cui ancora non si conosce la tempistica dei ristori”, ricorda il capo di Gabinetto. “Noi dovremmo essere qua a parlare di ricostruzione, invece quello che è accaduto riguarda paradossalmente ancora il livello dell’emergenza: stiamo ragionando degli aiuti e delle agevolazioni, tributarie, fiscali, giudiziarie, che si dovrebbero dare a quelle famiglie e a quelle popolazioni sono state direttamente colpite: famiglie sfollate, imprese che non potevano andare avanti con la loro attività, liberi professionisti che hanno dovuto sospendere attività”, spiega Lo Giudice.
Nei giorni immediatamente successivi all’alluvione, ricorda, fu stilata una prima lista in emergenza dalla Regione e dalla Protezione civile: nei giorni successivi i sindaci hanno segnalato carenze in quella lista. “Noi le abbiamo immediatamente segnalate. Abbiamo avuto la piena collaborazione della Regione a recepire le modifiche e a inoltrare l’elenco aggiornato al governo. È stato fatto a metà del mese di giugno, un mese e mezzo fa. C’era la possibilità di inserire queste modiche, il governo ha deciso di non farlo, nonostante abbia avuto due mesi per farlo”, ricostruisce.
“Adesso ci prendono anche in giro, dicendo che il commissario Francesco Paolo Figliuolo tra due mesi avrà la facoltà di valutare eventuali integrazioni. Ma stiamo parlando dell’emergenza, della possibilità per un’azienda di dare la cassa integrazione ai dipendenti perché allagata o di rinviare alcuni pagamenti. Queste misure riguardavano i mesi scorsi, fra due mesi vorremmo avere i soldi per fare le strade e i ponti. Rinviare significa non avere idea di come si gestisce una situazione del genere. La tempistica è fondamentale. Noi abbiamo fatto quello che dovevamo: dire che la seconda lista aveva bisogno di valutazione tecnica è una bufala”, scandisce l’ex parlamentare del Pd, smentendo il senatore bolognese di Fratelli d’Italia, Marco Lisei.
“Non so se c’è un’incapacità del centrodestra a dare delle risposte e o c’è la volontà di umiliare i territori dell’Emilia-Romagna per ragioni politiche. Quello che so è che ci sono dei sindaci, compreso quello di Bologna che devono dire ai loro cittadini: tu sei dentro e tu sei fuori per una questione burocratica e questo è inaccettabile“, protesta Lo Giudice. “Noi continuiamo a chiedere che quell’elenco venga modificato: se possono farlo, lo facciano domattina, perché tra due mesi non avrà senso. Sicuramente non staremo zitti“, promette.